Cos’è la “sindrome post Covid”

Chi guarisce dal Covid continua ad avere sintomi precisi per diverse settimane: dolori al petto, spossatezza, mal di testa, prurito e perdita o diminuzione di olfatto e udito. Non si tratta di ipocondria ma dell'effetto dell'infiammazione che il virus può causare al cervello

Debolezza e spossatezza, mal di testa o vertigini, ma anche problemi intestinali, della pelle o mancanza d’aria potrebbero essere confusi con malesseri di stagione, legati al caldo estivo o alla bassa pressione in presenza di alte temperature. Invece in alcuni casi si tratta dei postumi del contagio da coronavirus. Passata l’emergenza, infatti, gli studiosi in più parti del mondo si stanno concentrando sulla cosiddetta “sindrome post Covid”.

La malattia coinvolge tutto l’organismo

Nel Regno Unito, l’immunologo Danny Altmann dell’Imperial College ha escluso che si possa trattare di semplice ipocondria, ricordando invece come in questi mesi la malattia si sia presentata anche in forme differenti e dunque ciascuna di queste possa lasciare segni per diverso tempo. «È ormai chiaro a tutti che non si tratta solo di una malattia polmonare, ma sistemica e che dunque coinvolge tutto l’organismo. Sia i sintomi prolungati, sia i danni a carico degli organi – anche permanenti – sono più frequenti di quanto si potesse immaginare a inizio pandemia, quando la si considerava solo come una classica polmonite interstiziale» conferma l’epidemiologo Pierluigi Lopalco, professore di Igiene all’Università di Pisa, chiamato a gestire l’emergenza Covid nella Regione Puglia.

I sintomi più frequenti che restano dopo la guarigione

Uno dei
sintomi più ricorrenti in chi ha contratto il Covid è la tosse persistente,
che fatica a passare anche dopo la guarigione clinica. Ciò che è stato riscontrato
in molti contagiati in convalescenza prolungata è anche il senso di spossatezza,
che secondo molti esperti può essere legato alla formazione di coaguli durante
la malattia. Questi riducono, infatti, l’apporto complessivo di ossigeno
soprattutto se si formano nei polmoni. Mal di testa, fiato corto e senso di
debolezza
possono dunque essere effetti che rimangono nel tempo. Da non
trascurare, poi, la riduzione (e a volte perdita) di olfatto e gusto, che
sono stati inclusi tra i sintomi dei pazienti Covid in Italia e all’estero, sia
a Wuhan, epicentro iniziale della pandemia in Cina, che nel Regno Unito, dove
il sistema sanitario nazionale (NHS) li considera campanelli d’allarme
ufficiali della presenza della malattia.

I disturbi intestinali

Meno scontati sono invece i disturbi intestinali, soprattutto in una stagione come l’estate quando a volte l’esposizione dei cibi al caldo può provocare problemi intestinali. In realtà sono stati riconosciuti come sintomi di Covid a carico dell’apparato digerente. Questo perché il Sars-Cov2 sfrutta, per entrare nell’organismo, il recettore Ace2 presente anche nel tratto gastrointestinale, come confermato dai ricercatori di Hong Kong, che hanno scoperto una quantità di batteri negativi nell’intestino di persone con Covid-19.

Prurito eccessivo

Un altro aspetto da non trascurare sono i disturbi a carico della pelle, come un prurito che potrebbe essere scambiato per l’effetto di un eritema o di punture d’insetto, tipiche del periodo estivo. È stato dimostrato, invece, che il Sars-Cov2, può anche presentarsi sotto forma di dermatite, in particolare con la formazione di “macchie” rosso-violacee. A studiarle, in Italia, è stato Sebastiano Recalcati, dermatologo dell’ospedale di Lecco, che ha focalizzato la propria attenzione su quel 10% di pazienti Covid con sintomi legati a irritazioni della pelle, compresa la formazione di piccole bolle intorno alla bocca o sul petto. Secondo il medico, anche una volta guariti, possono rimanere sintomi legati al fatto che il virus causa una risposta immunitaria a livello dermatologico che può anche essere ritardata nel tempo.

Danni a lungo termine?

«Al momento l’attenzione si sta puntando proprio sui sintomi prolungati oltreché sugli effetti che la malattia può lasciare anche a livello permanente. Si tratta di danni polmonari, come le cicatrici che possono rimanere su questi organi, o di effetti a livello dei reni, che sono un organo bersaglio particolarmente delicato di questo virus. Possono esserci, per esempio, disfunzioni renali. Esiste poi una gamma di possibili conseguenze a livello neurologico» spiega Lopalco.

Il precedente della Sars

Il fatto che alcuni sintomi del Covid-19 possano perdurare nel tempo non è una novità assoluta e conferma alcune analogie con precedenti epidemie da virus simili al Sars-Cov2, come la Sars. Nel caso della Sindrome Respiratoria Acuta Grave del 2003, infatti, poco meno di un terzo di coloro che si erano ammalati (28%) hanno continuato a soffrire di problemi respiratori per un anno e mezzo dopo la guarigione. La spossatezza, invece, aveva accompagnato il 10/20% dei guariti per diversi mesi, insieme a insonnia e ansia. Secondo il neurobiologo Ed Bullmore dell’università di Cambridge, autore del libro The Inflamed Mind, «il problema non è di tipo psicologico. Si tratta, piuttosto, dell’effetto dell’infiammazione che il virus può causare anche a livello del cervello: la risposta del sistema immunitario porterebbe a produrre citochine, molecole che servono a contrastare la malattia, ma che possono anche avere effetti negativi sulle cellule nervose che regolano le emozioni . Spiega il prpfessor Lopalco: «Quello che si sta cercando di capire è proprio se si tratti di danni neurologici o di una forma di sindrome post traumatica . Insomma, se il problema dipenda dall’ansia e dalla depressione legata al trauma della malattia o se invece ci sia un danno neurologico. Questo non è affatto trascurabile, dal momento che il virus Sars-Cov2 è dotato di neurotropismo, cioè è in grado di colpire il sistema nervoso centrale. Gli studi in corso stanno verificando proprio questo aspetto».

Cosa fare e quando chiamare il medico

Nella normalità dei casi i sintomi del contagio, una volta guariti e con doppio tampone negativo, possono rimanere per una decina di giorni, in modo lieve. Accade, quindi, di avere qualche strascico. Se però si continua a non sentirsi in forma oltre questo periodo, è il caso di pensare alla “sindrome post Covid”. Secondo un’analisi condotta dall’epidemiologo del King’s College di Londra, Tim Spector, su un campione di 2.000 persone, infatti, i disturbi che si protraggono più a lungo sono legati all’infiammazione acuta (e talvolta diffusa) data dal Sars-Cov2. «Negli altri casi, cioè in persone che non si sono ammalate, qualunque forma di febbre deve essere vista come un sospetto di Covid-19, a meno che non ci sia un’altra causa ben nota, quindi occorre consultare il proprio medico. Sintomi intestinali o respiratori anche lievi, diminuzione di olfatto e gusto accompagnati da febbre sono da considerarsi possibili campanelli d’allarme» consiglia l’esperto.

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