Donna ingegnere

La Treccani cancella gli stereotipi di genere dal dizionario

Il nuovo vocabolario della Treccani cancella gli stereotipi di genere dal dizionario di italiano. Un gran bel traguardo, tutto da festeggiare, che apre la strada (anche) ad altre grandi conquiste. Come ci spiegano due esperte

Il nuovo vocabolario della Treccani

Sono i piccoli cambiamenti a fare le grandi rivoluzioni. Rivoluzioni silenziose, ma tenaci, che partano dal basso e arrivano in alto. E per alto questa volta intendiamo il tempio della lingua italiana: dopo quattro anni dall’ultima edizione, il nuovo vocabolario della Treccani (che verrà pubblicato a ottobre) riporterà le professioni al femminile e dunque spazio a medica e avvocata, soldata e chirurga, e farà precedere nomi e aggettivi al femminile rispetto a quelli al maschile. Quindi, cercando il significato di un aggettivo come “bello” o “adatto” troveremo lemmatizzata, ovvero scritta in grassetto, anche la sua forma femminile, seguendo l’ordine alfabetico: bella, bello; adatta, adatto. Una classificazione logica, visto che nell’alfabeto la “a” precede sempre la “o”, ma finora non rispettata.

Una novità che a molti di noi sembrerà una fotografia nitida dei tempi in cui viviamo, ma che ad alcuni potrebbe spaventare, portandoli a dire: «Ma c’è bisogno di nominare ogni cosa?». «Sì, perché noi esseri umani abbiamo la necessità di nominare la realtà per poterla rendere raccontabile, per poterne parlare» spiega la sociolinguista Vera Gheno, autrice del saggio Chiamami così (Il Margine). E perché, non dimentichiamolo, uno dei modi più efficaci per allargare i nostri orizzonti, per toglierci i paraocchi della normalità, passa attraverso il linguaggio che crea le nostre identità. «Le parole non sono solo parole, ma diventano etichette che, se da un lato ci aiutano a comprendere il mondo, dall’altro rischiano di escludere, stigmatizzare, ferire, far scomparire» dice Vera Gheno.

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Le novità introdotte dalla Treccani

Ed è per questo che le novità introdotte dalla Treccani sono un bel traguardo che prova a ribaltare la prospettiva androcentrica della nostra società, cioè costruita a misura di maschio, e a smussare quell’avversione verso il nuovo che in molti di noi scatta anche e, a maggior ragione, quando si parla di campo linguistico perché la lingua ha una fortissima valenza identitaria. «Chi si oppone ai femminili nelle professioni dimostra di essere renitente al cambiamento. Perché il cambiamento vero non è quello linguistico ma quello sociale: il fatto che siano spuntati tanti femminili professionali è indice di una novità culturale già in atto. Dunque, chiamare una donna che fa di mestiere l’assessore con la parola “assessora” non è solo una correttezza linguistica, ma il segno dell’abitudine al fatto che in quel ruolo si possono alternare senza alcuna differenza uomini e donne» continua Gheno.

Un’abitudine linguistica non così scontata, almeno in Italia. «La scelta della Treccani non è un passo avanti, ma è un punto da cui partire. Un messaggio forte, soprattutto oggi che siamo ancora ben lontani dal percepire le donne sullo stesso livello degli uomini» dice Beatrice Cristalli, linguista e autrice del libro Parla bene, pensa bene (Bompiani).

Femminile e maschile sullo stesso piano

Un punto di partenza che finalmente mette sullo stesso piano il femminile e il maschile e di cui ha senso parlare oggi anche se il dibattito linguistico sembra essersi spostato dal genere binario al genere neutro, per intenderci il “they” degli anglosassoni. Due fenomeni di una stessa cultura, due ingranaggi dello stesso macchinario che lavorano a velocità diverse ma in modo armonioso e che, forse, riusciranno a costruire una società più giusta e aperta. «Da un lato assistiamo alla cristallizzazione dei femminili nel dizionario, che di solito, come la grammatica, è l’ultimo ad aggiornarsi. Dall’altro iniziamo a vedere alcune sperimentazioni per gestire la fluidità di genere» spiega Vera Gheno. «Perché l’italiano, come lo spagnolo e il francese, è una lingua con genere grammaticale, in cui concordiamo anche i nomi. A differenza dell’inglese che è una lingua con genere naturale, in cui i sostantivi sono neutri e che quindi può andare più facilmente verso una “degenderizzazione”».

Asterisco, chiocciola, schwa…

Le soluzioni finora sperimentate sono molte, dall’asterisco, alla chiocciola, alla u, alla z, allo schwa, e sono tutte soluzioni che rispondono a due necessità: quella di rivolgersi a una moltitudine mista e quella di parlare a una persona che non si riconosce nel binarismo di genere. Dunque, sarebbe forse corretto identificare questi tentativi come la ricerca non di un neutro o di un terzo genere, ma di una forma priva di genere.

Soluzioni che prima di entrare nella lingua comune e quindi nel vocabolario dovranno aspettare almeno una decina di anni. «C’è ancora bisogno di metabolizzare questi cambiamenti della società. E solo quando accadrà, l’accettazione delle sperimentazioni linguistiche sarà più fluida» dice Beatrice Cristalli. Ma per accettare e comprendere, bisogna interrogarsi. «È importante essere consapevoli del ruolo fondamentale del linguaggio nella costruzione della nostra realtà e della realtà di coloro che incontriamo. Il modo in cui ci rivolgeremo a loro, avrà un’influenza diretta sulle loro vite non solo a livello emotivo, ma contribuirà a forgiare la percezione che il mondo avrà di loro influendo anche su aspetti come i diritti, le leggi, le libertà» conclude Cristalli.

E poi, diciamolo, bisognerebbe avere (anche) una relazione più sana, intelligente con la propria lingua. Bisognerebbe conoscerla meglio e giocare con le parole, divertendosi a fare mille combinazioni. Un po’ come si fa con i Lego. «Perché la lingua va amata, non difesa. Si difende un baluardo, una statua, un moribondo e nessuna di queste è la lingua. La lingua italiana è vispa, sta bene. Il problema siamo noi. È difficile ammettere che dobbiamo aggiornarci. Chi studia la lingua ne capisce l’elasticità, ne coglie i grigi. Faccio un paragone con la guida: chi ha dimestichezza con il volante non guida pedissequamente come gli hanno insegnato a scuola. Ed è fondamentale per muoversi in certe città» conclude Gheno.

Segna in agenda

Festival Treccani della lingua italiana

Dal dal 7 al 9 ottobre, a Lecco, si terrà #leparolevalgono – Festival Treccani della lingua italiana, l’appuntamento ideato dalla Fondazione Treccani Cultura per parlare dei temi più rilevanti della ricerca sulla lingua italiana. In quell’occasione, verrà presentata anche la nuova edizione del vocabolario (www.festivaltreccanidellalingua italiana.it, incontri gratuiti).

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