Allarme abusi e pedofilia sui bambini ucraini

I bambini in fuga dall'Ucraina in guerra sono a rischio abusi o, peggio, pedofilia. All'allarme lanciato da Unicef si aggiunge il quotidiano "The Guardian". Un rischio anche per chi vuole dare una mano: troppe le associazioni improvvisate che millantano la possibilità di accoglienza per poi sparire o, peggio ancora, far sparire i bambini

La crisi dei profughi che cercano di lasciare l’ucraina svela nuovi orrori: bambini scomparsi e casi di traffico di esseri umani, secondo quanto denunciano al quotidiano britannico The Guardian le associazioni umanitarie presenti sul posto. I volontari raccontano anche casi di sfruttamento ed estorsioni.

I bambini mandati da soli rischiano di scomparire

Dall’Ucraina Karolina Wierzbińska, coordinatrice di Homo Faber, un’organizzazione per i diritti umani con sede a Lublino, in Polonia, racconta di aver visto bambini mandati da soli da genitori disperati per incontrare parenti o amici oltre il confine ucraino ma arrivati senza nessuno ad aspettarli. «Questo è ovviamente estremamente angosciante, trovi bambini che vagano da soli nelle stazioni, disorientati e, nei casi peggiori, scompaiono. Questo sfortunatamente non è un caso ipotetico, è già successo» racconta la Wierzbińska.

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Alcune non accreditate possono essere coinvolte nel traffico di bambini

Uno scenario prospettato anche da Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef in Italia, che si sta adoperando proprio per salvare migliaia di minori e avverte: «Da mesi cerchiamo di mettere in guardia dai rischi e quello principale è una catastrofe umanitaria, che riguarda soprattutto i bambini. Fino a qualche settimana fa temevano un esodo di 5 milioni di persone in fuga, ora la cifra delle agenzie internazionali è già salita a 7,5 milioni e dopo tre settimane di conflitto siamo a 2,5 milioni. La metà sono bambine e bambini: purtroppo prevediamo una delle crisi maggiori degli ultimi 50 o 70 anni. Servono aiuti, serve accoglienza, ma attenzione alle associazioni a cui ci si rivolge. Ne stanno fiorendo a decine e alcune potrebbero non avere esperienza o personale per gestire i bambini profughi, oppure nel peggiore dei casi potrebbero in qualche modo agevolare un traffico di esseri umani, in questo caso bambini».

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La corsa alle adozioni

«Il mio telefono squilla costantemente, riceviamo decine di email ogni minuto. La maggior parte arriva da famiglie che chiedono di poter adottare bambini profughi: da un lato questa generosità e solidarietà è meravigliosa, dall’altro però potrebbe rivelarsi poco utile. Chiedere di adottare un minore che fugge dall’Ucraina testimonia la grande empatia che stiamo vedendo dallo scoppio del conflitto, ma l’adozione non è lo strumento migliore per aiutare i bambini che sono rimasti orfani. È un iter troppo lungo, mentre adesso servono misure immediate» spiega Iacomini. Per chi ha perso i genitori, la casa e non conosce la lingua, occorrono sostegni diversi: vestiti, una nuova casa, ma anche asili e scuole pronti ad accoglierli e a integrarli. L’affido temporaneo è certamente il modo migliore e più rapido per ridare loro un po’ di serenità, seppure nella tragedia.

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Meglio l’affido, ma a chi rivolgersi?

«Continuiamo a ripeterlo da giorni: rivolgetevi solo ad agenzie note, che fanno riferimento alle Nazioni Unite, come l’UNHCR o la stessa Unicef, oppure a realtà riconosciute che da tempo sono impegnate in questo tipo di attività, come Caritas e Comunità di Sant’Egidio. O ancora, a Ministeri (dell’Interno e degli Esteri, che sapranno indirizzare a realtà sul territorio come Regioni, Province, Comuni – spiega Iacomini – Altrimenti il rischio, in questo momento, è di finire nelle mani di associazioni improvvisate, che nel migliore dei casi non hanno la minima esperienza, magari neppure il personale per poter gestire accoglienza e affidi di minori, o che non sono accreditate presso le istituzioni».

I rischi per i minori e per le famiglie che vogliono accogliere

Ma le conseguenze potrebbero non finire qui: «Lo abbiamo già visto in passato, anche in occasione di altri drammi come quello della Siria: ci sono state associazioni nate dal nulla, che millantavano contatti con Ministeri o altri enti, e che invece sono scomparse dopo sei mesi (magari dopo aver intascato i fondi pubblici e aver illuso decine di famiglie volenterose e pronte ad aiutare i minori in fuga da quella guerra. C’è poi anche un altro rischio ed è che non siano condotte verifiche neppure sui candidati ad accogliere i minori, che potrebbero finire in reti di pedofili o vittime di abusi e violenze. Purtroppo in passato è già accaduto e noi non vogliamo che succeda di nuovo» spiega il portavoce Unicef in Italia. Da qui la necessità di creare una lista di associazioni e realtà serie e con tutti i requisiti necessari per operare in campo umanitario e offrire aiuti concreti.

Si lavora a lista di associazioni accreditate

«Il ministero degli Esteri, in collegamento con gli Enti locali, sta già predisponendo una lista di associazioni accreditate alle quali chiunque può rivolgersi se intende accogliere un bambino profugo. Sono selezionate sulla base della competenza, dell’esperienza, della disponibilità di personale adeguatamente formato e soprattutto sono in grado di affidare bambini di cui si conosce la provenienza» spiega Iacomini. La stessa Unicef svolge sempre controlli, registrando chiunque entra in Italia: «In questa fase stiamo cercando di identificarli e di cercare eventuali parenti o amici sul territorio per procedere ai ricongiungimenti. Per chi viaggia sa solo ed è già traumatizzato dalla guerra, è fondamentale impedire che finisca in traffici di minori a scopi di pedofilia, che è un pericolo concreto quando si esce dai circuiti e dalle registrazioni ufficiali» spiega Iacomini. Senza contare il fatto che, se la famiglia affidataria un domani volesse procedere con un’adozione definitiva, non potrebbe neppure farlo senza una registrazione istituzionale.

«Purtroppo, invece, anche a noi è capitato di imbatterci in volantini o annunci online, in cui queste sedicenti associazioni umanitarie, che sostenevano falsamente di avere contatti con noi, invocavano l’aiuto di famiglie per l’accoglienza, spiegando che si tratta di una “ospitalità temporanea” e non di “adozione né affidi internazionali” e che i bambini “non si potranno adottare in futuro”» prosegue Iacomini.

A chi rivolgersi

«Come detto, il consiglio è quello di rivolgersi a Enti istituzionali o associazioni note, solide. Oltre a quelle citate, per esempio, se una famiglia volesse rendersi disponibile per un’accoglienza di un minore profugo o anche di un adulto, o di una famiglia ucraina che ha dovuto lasciare tutto per fuggire, ci sono organizzazioni come Refugees, al cui sito ci si può registrare nella sezione apposita dedicata all’iniziativa “Accogli una persona rifugiata» spiega Iacomini. Grazie alla piattaforma (Refugees-welcome.it, nella sezione “Attivati” e poi “Accogli una persona rifugiata”) ci sono già 350 famiglie solo a Milano pronte ad aprire le porte alle prime 10 ragazze e 20 bambini giunti nel capoluogo lombardo a bordo di 5 pulmini provenienti dalla regione di Kharkiv.

Un fenomeno di dimensioni mai viste

«È la prima volta che assistiamo a un fenomeno di questa portata e con un coinvolgimento emotivo del genere. Era accaduto qualcosa di simile la scorsa estate, ad agosto, dopo il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan: in molti, davanti alle immagini tv di bambini fatti passare dalle recinzioni dell’aeroporto di Kabul ai militari per metterli in salvo, si erano offerti per un aiuto. Speriamo che questa volta non si tratti di un’onda emotiva momentanea – prosegue Iacomini – Certo, la notizia del bombardamento sull’ospedale pediatrico di Mariupol ha scosso l’opinione pubblica, anche se non dobbiamo dimenticare che ci sono precedenti analoghi. È accaduto, ad esempio, nel 2015 in Yemen con il bombardamento dei sauditi all’ospedale materno infantile al Sabaeen di Sana’a, o nel 2016 con la sezione neonatale dell’ospedale infantile di Aleppo Est, in Siria, colpita dal Assad. In questo caso pesa anche la vicinanza geografica all’Europa e a noi, che fa sì che questi avvenimenti non solo li vediamo, ma li osserviamo con attenzione».

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