Coppia aperto boschi uomo donna

Convivenza a distanza: è la nuova tendenza dell’amore?

Il fenomeno ha già una siglia: LAT, Living Apart Together. C'erano anche prima, ma oggi sono in aumento le coppie che scelgono di stare insieme, ma ciascuno sotto il proprio tetto

Diminuiscono i matrimoni e aumentano le convivenze, anche quelle “a distanza”, quelle che in inglese sono chiamate Living Apart Together (LAT), e che sembrano rappresentare la nuova frontiera dell’amore. Si sta insieme, si esce, qualche volta uno dei due dorme “a casa dell’altro”, ma niente convivenza vera e propria, nessuna condivisione dello stesso spazio (circoscritto), men che meno alcun legame che sia “per sempre”. Insomma, una nuova forma di rapporto liquido.

Living Apart Together

A puntare l’attenzione sul fenomeno è stata di recente la psicoterapeuta Lucy Beresford che, citata dal Guardian, sostiene che la convivenza LAT permette alla coppia di durare più a lungo, perché consente di mantenere maggior autonomia e indipendenza a ciascun partner, tenendo vivo il desiderio di incontrarsi, come “eterni fidanzati”. Il fenomeno, molto più affermato all’estero, si sta diffondendo anche in Italia. Secondo i dati Istat già nel 2003 c’era il 4,1% di 20-30enni che aveva scelto la convivenza a distanza, con un aumento invece tra gli over 40 (4.8%). Ma cosa spinge a non voler vivere sotto lo stesso tetto? Tra i più giovani, complice la difficoltà a metter su famiglia, le convivenze separate possono essere confuse con la semplice condizione di fidanzati, che poi magari sceglieranno di andare a vivere insieme o di sposarsi appena possibile. È sempre l’Istat, invece, a confermare che le LAT sono più diffuse tra i separati (circa il 30% in più), mentre tra le donne che non vivono più con i genitori e che scelgono le LAT la metà (50,5%) è divorziata o separata legalmente o di fatto o anche vedove, segno che spesso di tratta di una scelta frutto di esperienze precedenti.

Quanti tipi di convivenza?

A spingere ad avviare una relazione pur non arrivando al passo della convivenza quotidiana possono essere dunque diverse motivazioni, tanto che i sociologi individuano tre tipi di coppie: quelle convinte e soddisfatte della scelta per i vantaggi che porta, come maggiore autonomia, più tempo libero per se stessi, ecc; quelle “obbligate” a mantenere una certa distanza dal partner, magari per motivi legali (in attesa di divorzio, per esempio), per lavoro o vincoli familiari; infine ci sono le coppie “non convinte”, quelle che temporeggiano. In questo caso la convivenza vera e propria sarebbe un passo troppo azzardato o prematuro, quindi si opta per un compromesso, senza darsi una scadenza. Ma è anche vero che la scelta della LAT è legata a un cambiamento sociale, che riguarda da vicino le donne.

Cambiano le donne (oltre che gli uomini)?

C’erano una volta Cenerentola e Biancaneve: ragazze e giovani donne in attesa del loro Principe azzurro, col quale vivere insieme “felici e contenti”, ma soprattutto per sempre. Poi è arrivata Frida Kahlo, l’artista messicana che amò il suo Diego Rivera, pur continuando a vivere nella propria casa (e lui nella sua). Oggi, nell’epoca di Meghan Markle, l’attrice che ha scelto di non voler diventare principessa uscendo dalla casa reale inglese insieme al marito Henry, tutto può essere rimesso in discussione.

«Viviamo un cambiamento culturale importante rispetto a qualche decennio fa, quando le donne consideravano il matrimonio quasi come un punto di arrivo, come fosse una carriera, e i figli ne erano la testimonianza. Oggi è esattamente il contrario: soprattutto i giovani non ritengono più necessario sposarsi e danno molta più importanza alla sintonia della coppia» spiega Paola Federici, psicologa, psicoterapeuta e autrice, tra gli altri, di Lo stress da Terzo Millennio (Franco Angeli). Secondo l’esperta nel cambiamento delle tendenze in tema di amore contano sia fattori psicologici, che sociali ed economici.

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Tutti i pro della convivenza a distanza

Tra gli aspetti positivi di una convivenza che non costringa a rapporti ravvicinati e quotidiani c’è sicuramente un minor rischio di “noia”. A questo è spesso associata l’idea di un maggior desiderio dell’altro, che non viene dato per scontato. Il fatto di gestirsi da soli la routine porta anche a scegliere con maggior agio come e quando occuparsi delle incombenze, che siano le faccende domestiche, i bucati o anche soltanto la cena: ci si sentirà più liberi di mangiare cosa e quando si vuole. «Il fattore libertà riveste una grande importanza. Va considerato che con la convivenza a distanza si può continuare anche a frequentare le proprie amicizie, indipendentemente da quelle comuni; si vive in uno spazio autonomo, sia a livello personale che economico, e non si è costretti ad avere a che fare, ad esempio, con le rispettive famiglie d’origine, che spesso rappresentano motivo di attriti nella coppia» spiega Federcici. Tutto ciò porta a un maggior senso di libertà, ma anche all’idea di poter dedicare più tempo a se stessi.

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… e i contro

«Da un punto di vista economico occorre sottolineare che una convivenza a distanza presuppone che entrambi nella coppia possano permettersi una casa, che sia di proprietà o in affitto. Lo stesso vale per la macchina e per altri aspetti più materiali» premette Federici. Da un punto di vista psicologico ed emotivo, invece, il fatto di anteporre i propri orari e le proprie esigenze a quelle dell’altro o della coppia nel suo insieme può portare a una maggiore “rigidità”: il rischio è quello di non essere più capaci di rinunciare a una parte dei propri spazi per l’altro, radicandosi nelle proprie abitudini: «Di certo non si faranno molti sforzi per amalgamare la coppia, ma va considerato che per molti questa non sarebbe più neppure una priorità» spiega la psicoterapeuta.

Poter godere maggiormente del proprio tempo libero è sicuramente piacevole, ma a volte si potrebbe avere la sensazione che questo sia persino “troppo” e si potrebbe provare la spiacevole sensazione di sentirsi soli o di non avere qualcuno al proprio fianco a condividere realmente le emozioni positive (e quelle negative). Convivere a distanza necessita anche di una buona dose di apertura mentale e non lascia molto spazio alla gelosia: è chiaro che accettando di non vivere con il partner sempre, si deve anche rinunciare all’idea che lui o lei possa vedersi con amici o altre persone nei suoi momenti liberi (anche da voi!). «In realtà la gelosia è sempre esistita e continuerà ad esistere ed è un errore pensare che vivere sotto lo stesso tetto possa portare a un maggior controllo del partner» spiega Federici.

E all’estero? 

Il fenomeno del Living Apart Together in realtà ha iniziato ad affermarsi soprattutto all’estero. Una ricerca dell’Università di Oxford mostrava come già nel 2005 ci fossero 2 milioni di coppie che avevano scelto la convivenza a distanza, numero poi confermato in crescita da un successivo studio dell’ateneo di Leeds coordinato dalla sociologa Sasha Roseneil (On Not Living With A Partner, Sul non vivere con il partner). Anche in altri paesi del nord Europa come la Svezia, dove il matrimonio ha connotazioni culturali e storiche differenti rispetto all’Italia, il Living Apart Together è in crescita. In America tra le coppie celebri note per aver abbracciato questo stile di vita c’erano Woody Allen e Mia Farrow, che abitavano in due case differenti ai due lati di Central Park a New York. 

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Più tra i giovani o tra le over 40?

«La scelta di una convivenza, più o meno a distanza, risente molto dell’età di chi la fa. I giovani possono essere più portati a pensare che una relazione del tipo Living Apart Together sia un momento di passaggio e che sia transitoria, in vista di un rapporto più stabile. La convivenza a distanza vera e propria, invece, è più tipica delle donne (o uomini) mature, delle over 40 che magari hanno anche già alle spalle un matrimonio o dei figli e non desiderano perdere la propria autonomia» spiega la psicoterapeuta. Ma quanto conta il fattore figli?

Il progetto famiglia

In un paese nel quale i dati Istat hanno appena sancito un nuovo calo delle nascite, l’idea di metter su famiglia e poi avere dei figli presuppone una convivenza stabile e quotidiana. Living Apart Together è dunque inconciliabile con l’idea di casa concepita come “nido” familiare? «Sicuramente è più difficile, ma non lo riterrei impossibile soprattutto alla luce dei cambiamenti sociali in corso. Potrebbe configurarsi come un progetto di amicizia intima, dove i partner vivono da eterni fidanzati. Va detto che già oggi ci sono molte famiglie costituite da madri single, nelle quali il padre è presente solo in determinati giorni, come il week end, per svariati motivi» conclude Federici.

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