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Seni e Uova, i rapporti complicati tra madri, figlie, sorelle

Il romanzo, diviso in due parti, racconta la storia due sorelle, Natsu, la voce narrante, e Makiko, la sorella maggiore che ha una figlia adolescente, Midoriko. Nella prima parte la storia gira intorno alla decisione di Makiko di rifarsi il seno perché non sopporta le sue areole scure, le quali si sono imbrunite dopo il parto. Midoriko, la figlia tredicenne, non le parla più: angosciata dall’arrivo della sua prima mestruazione, non condivide la scelta della madre e comunica con lei scrivendole dei messaggi su un blocco notes. Il tutto si svolge un fine settimana a Tokyo, quando le due vanno a trovare Natsu, che vuole diventare scrittrice e che per questo da Osaka si è trasferita nella capitale. Nella seconda parte, ambientata dieci anni dopo, la protagonista è invece Natsu la quale ha ormai trovato la sua strada e ha pubblicato un libro che ha avuto molto successo. Natsu è sola ma desidera un figlio e per questo motivo intraprenderà un percorso lungo e difficile, che la porterà a fare incontri che le cambieranno la vita. In tutto questo contesto fanno capolino anche alcune figure maschili e il difficile rapporto tra donne e uomini in Giappone. Seni e Uova, lungi dall’essere un romanzo che dà risposte, è soprattutto un romanzo molto giapponese che pone molte domande. Kawakami, infatti, non sconta niente a nessuno, al Giappone così come ai suoi personaggi, liberandoli così da quelle catene che troppo spesso facciamo finta di non vedere. C’è tutto l’universo femminile del Giappone in Seni e Uova di Mieko Kawakami, scrittrice vincitrice di numerosi premi, una delle voci più autentiche del Giappone contemporaneo e tra le preferite di Haruki Murakami. 
Seni e Uova, Mieko Kawakami (traduzione di Gianluca Coci) edizioni e/o 2020


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Una lenta nave per la Cina (Murakami RMX), il profumo di Tokyo

C’è il profumo di Tokyo nell’ultimo romanzo tradotto in italiano di Furukawa Hideo Una lenta nave per la Cina. Murakami RMX. Una storia sospesa tra il surreale, il biografico e l’onirico. Come in un romanzo di formazione, Furukawa racconta in modo ironico – talvolta persino grottesco con pagine che strappano risate vere – gli episodi salienti della vita del protagonista nel percorso che dalla giovinezza lo porterà alla maturità, quando sarà capace di accettare la propria vita per quella che è, i propri fallimenti non solo amorosi, e l’impossibilità, per lui, di fuggire dalla metropoli giapponese. Furukawa Hideo è uno dei più importanti scrittori giapponesi contemporanei e si dice possa essere candidato al Nobel per la letteratura, anche se lo stesso discorso lo si fa poi ogni anno per il suo “maestro”, Murakami Haruki, che Furukawa omaggia in questo romanzo ispirandosi a uno scritto omonimo, quasi come fosse un passaggio di testimone di una immaginaria staffetta letteraria. In Italia, Furukawa è conosciuto soprattutto per Tokyo Soundtrack e Belka, pubblicati sempre da Sellerio. Una lenta nave per la Cina esce forse nel momento più adatto perché il protagonista che sogna di fuggire da Tokyo è un po’ come noi che cerchiamo una via d’uscita dalle case che seppur amate, in tempo di pandemia finiscono per diventare quasi delle comode prigioni. Di più, questo romanzo racconta la necessità di ogni essere umano di essere capito e accettato, la diversità che non è un difetto ma solo un altro modo di comunicare, la voglia di sentirsi amato e compreso e soprattutto il desiderio di essere parte di qualcosa. Ne Una lenta nave per la Cina, scritto nel 2003, Furukawa Hideo si apre già alle tematiche che sono poi diventate i topos classici degli autori giapponesi contemporanei. Tokyo è “una lenta neve per la Cina”, un porto dal quale è difficile partire, perché il senso di quella baia, Odaiba, che compare nelle prime pagine del libro, è forse quello di essere invece un luogo al quale tornare.
Una lenta nave per la Cina (Murakami RMX), Furukawa Hideo (traduzione di Gianluca Coci) Sellerio 2020


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Hideyoshi e Rikyū – Il signore della guerra e il maestro del Té, una storia antica e misteriosa

Uno straordinario dipinto di una delle più affascinanti epoche della storia del Giappone, quella del Sengoku Jidai (1467 – 1603) – il periodo degli stati combattenti tra i clan che portò all’unificazione dell’arcipelago – raccontato attraverso il complesso rapporto che legò due delle più importanti figure di quel tempo, il grande generale Toyotomi Hideyoshi e il suo maestro del Tè e consigliere politico Sen no Rikyū. Tra evocazioni di battaglie, descrizioni di vita quotidiana e riferimenti storici, Hideyoshi e Rikyū – il signore della guerra e il maestro del Tè (ObarraO 2020, traduzione di Benedetta Torrani) narra una delle pagine più misteriose della storia del Giappone feudale, quella della morte di Rikyū, il più grande maestro del Tè mai esistito, a cui si deve il perfezionamento della cerimonia del Té in stile wabi, quella che conosciamo oggi. Infatti, sebbene si sappia come e quando Rikyū morì, nessuno è mai riuscito a sapere perché il grande generale Hideyoshi, ormai anziano, decise di decretare la fine del proprio maestro del Té a cui fu legato da straordinaria amicizia e stima per tutta la vita, esiliandolo prima e ordinandogli poi di fare seppuku (il suicidio rituale). La teoria sposata da Nogami e magistralmente raccontata in questo romanzo che nel 1989 divenne anche un film, Rikyū, diretto da Hiroshi Teshigahara, mescola elementi di fiction a verità storiche ed è certamente tra le più suggestive e accreditate intorno a questo evento. La tragica fine di Rikyū fu l’epilogo di un rapporto pieno di tensioni che Nogami racconta in ogni sfumatura, accompagnando il lettore fin dalle prime pagine all’interno di dinamiche, pubbliche e private, che fecero da cornice a questa storia. Hideyoshi e Rikyū, furono infatti due personalità uniche e antitetiche, figlie di un tempo storico straordinario: da un lato il dispotismo e l’autoritarismo di Hideyoshi, un generale di umili origini che, guadagnatosi fama e potere nei campi di battaglia era intenzionato ad ogni costo a unificare il paese e a espandersi all’estero; dall’altro la figura di Rikyū il quale seppe imporre una visione spirituale ed estetica della cerimonia del Té, diventando simbolo di rettitudine e di un’etica straordinaria. 
Hideyoshi e Rikyū – Il signore della guerra e il maestro del Té, Nogami Yaeko (traduzione di Benedetta Torrani), ObarraO 2020


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La difesa della cultura per capire le tradizioni del Giappone  

Il 25 novembre del 1970, con un suicidio rituale che fece scalpore in tutto il mondo, Yukio Mishima, uno dei più grandi scrittori del XX secolo, pose fine alla sua vita terrena. Tra le pubblicazioni uscite in occasione del cinquantenario della sua scomparsa, vale la pena ricordare la prima traduzione italiana de “La difesa della cultura” una raccolta di saggi apparsa nel 1968, nei quali lo scrittore indaga il rapporto tra cultura, tradizione e identità nazionale alla luce delle specifiche caratteristiche della storia del Giappone. Amante della letteratura occidentale di cui fu un avido lettore e un profondo conoscitore, Mishima si trovò a riflettere su quale potesse essere il futuro del Giappone sotto le spinte moderne che l’arcipelago si trovò ad affrontare dopo la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di una riflessione che, almeno nella forma, può esserci utile in questi strani tempi in cui si sgretolano le certezze e tutto sembra messo in discussione. 
Difficile sintetizzare chi sia stato davvero Mishima e la cosa migliore che si può fare è tornare a leggerlo come un grande classico. Oggi, per semplificare, si tende ad accostarlo sia a D’Annunzio che a Pasolini ma i paragoni, si sa, sono sempre poca cosa, anche se nel caso di Mishima possono servire a aprire nuove strade all’interpretazione della sua opera. Geniale, eclettico, visionario e sensibilissimo come ogni grande artista, Mishima è stato autore molto prolifico la cui opera, articolata e complessa, non ha mai smesso di stupire e di far riflettere. 
La difesa della cultura, Yukio Mishima (traduzione di Silvio Vita e Romano Vulpitta) Introduzione di Daniele dell’Orco. Idrovolante Edizioni 2020