Dei consulenti molto speciali. Ecco chi sono gli intimacy coordinator che negli ultimi due anni hanno iniziato a lavorare nel mondo del cinema, del teatro e della tv, per ora in America, Canada e Regno Unito. La loro area di professionalità è molto ristretta: si tratta infatti di coach che seguono le scene di sesso e si occupano che siano il più realistiche, rispettose degli attori coinvolti e sensuali possibile.
Secondo il New York Times, che ha recentemente raccontato il fenomeno, «questo tipo di coordinamento “dell’intimità” era praticamente inesistente fino a qualche anno fa. Ma nell’arco degli ultimi due anni, parallelamente all’evoluzione del movimento #MeToo, la professione è diventata molto ricercata in tutte le parti dell’industria dell’intrattenimento, che ora si fa carico della vulnerabilità dei propri attori e dello sfruttamento delle loro gerarchie».
Il caso di Ruth Wilson
Lo scorso dicembre si era molto parlato del caso di Ruth Wilson, ora protagonista di Queste oscure materie (in onda su Sky), che ha deciso di abbandonare il suo ruolo di The Affair, fortunata serie Hbo che nel 2015 le era anche valso un Golden Globe come Miglior attrice in una serie drammatica.
Inizialmente l’attrice britannica non aveva voluto rivelare i motivi dietro al suo abbandono, ma passati alcuni mesi ha dichiarato che non erano state la disparità di compenso con il collega Dominic West né il sovrapporsi di altri lavori a farle scegliere di chiudere con The Affair.
Al contrario, ha spiegato di essersi sentita costretta a girare scene di nudo e di sesso con una frequenza e un’invasività che non riteneva sostenibile. Come riporta il Guardian, l’attrice si è infatti lamentata «della mancanza di tatto di Sarah Treem [autrice e produttrice dello show, ndr], che sembrava non rendersi conto della situazione in cui metteva gli attori».
È un ruolo nuovo e ha a che fare con il #MeToo
Anche Emilia Clarke, la Danerys de Il trono di spade, si era lamentata della stessa forzatura. Dopo la fine della celebre serie tv, famosa anche per le scene di sesso esplicite e spesso violente, aveva dichiarato che per lei girarle era stato «estremamente difficile» e di aver sentito, soprattutto all’inizio quando non era ancora un’attrice conosciuta, una certa forzatura da parte degli autori.
Segnala quindi il Nyt che «nell’autunno del 2018, Hbo ha iniziato a richiedere la presenza di un “intimacy coordinator” su qualsiasi set che richiedesse nudità o intimità, e la scorsa estate, i “registi” dell’intimità (a teatro, la professione è “regista”, piuttosto che “coordinatore” ”) è sbarcata anche a Broadway. Il ruolo include aspetti sia del consulente che del coreografo, introducendo pratiche di consenso nel processo artistico e una nuova area di competenza tecnica per il teatro e il cinema».
È indubbiamente un effetto del #MeToo, che ha sollevato molte questioni nell’ambito dei rapporti di potere all’interno dell’industria dell’intrattenimento americana, mettendo in evidenza gli squilibri tra le parti in gioco. Un “intimacy coordinator” è sì una sorta di garanzia sul set, ma anche un modo per offrire prospettive diverse da quelle che abbiamo visto ripetersi migliaia di volte sul grande e piccolo schermo, dove spesso a prevalere era il punto di vista maschile ed eterosessuale.