Le street artist sono grintose, piene di talento e con la personalità che serve per un compito difficile: abbattere le barriere maschiliste dell’arte di strada. A colpi di bombolette spray, colori pop e idee innovative
«Non colonizzo un muro. Prima di realizzare un disegno mi piace capire che posto è, chi ci passerà, chi abita in quelle case, da dove arriva la luce del sole» racconta Leticia Mandragora, una delle street artist protagoniste di questo servizio. E proprio nelle parole di Leticia, pronunciate con un accento magnifico, un mix di spagnolo e napoletano, è riassunta una delle caratteristiche principali, forse la più bella, dell’arte di strada: il dialogo che intreccia con la gente, i passanti. Migliaia di gambe e occhi sovrappensiero o attenti, che attraversano le vie delle città. E che non possono fare a meno di vedere quei colori, quelle linee, quei volti.
«Che sia indignazione, sorpresa, gioia o meraviglia, la street art non lascia indifferenti» dice Dominique Stella, storica dell’arte specializzata in arte contemporanea, ex direttrice per l’arte contemporanea di Palazzo Reale a Milano e curatrice della Biennale Street Art Superwalls. «Il bello di quest’arte, che oramai ha trasformato le nostre città in gallerie a cielo aperto, è il fatto di essere concreta, accessibile, diretta, ovvia, nell’accezione più positiva del termine» continua. Insomma, popolare. Perché mentre da un lato in questi anni l’arte contemporanea si è staccata dal consenso dello spettatore alla ricerca di quello di un’élite sempre più esclusiva, dall’altro la street art ha guadagnato terreno e riallacciato la comunicazione con il pubblico, creando un linguaggio comune, forte, che parla tante lingue.
«È un linguaggio universale, immediato, che crea collettività, aggregazione. Una narrazione condivisa, un percorso didattico che unisce, fa riflettere, alimenta discussioni» spiega Leticia Mandragora. «Difficile trovare un’altra arte così immediata: anche nella letteratura o nella musica, per esempio, c’è un lungo percorso per fruire l’opera. Mentre i murales ce li abbiamo sotto gli occhi, tutti i giorni, senza bisogno di entrare in un negozio o in una galleria» dice Dominique Stella.
E in un momento culturale come quello che stiamo vivendo, in cui il senso passa soprattutto attraverso l’immagine e attraverso l’immediatezza, in cui il visivo ha una importanza enorme sulla nostra percezione del mondo, la street art ha acquisito potere. Sicuramente quello di porre domande a chi guarda. Ma non solo. Anche quello di entrare a far parte del tessuto urbano, dei nostri quartieri e di cambiarne il volto, in meglio, dando un significato diverso allo spazio abitato.
«È un potere trasformativo, capace addirittura di riprogettare e riqualificare parti delle città. I murales danno una qualità alle zone degradate, è come un faro acceso su quella parte» spiega Dominique Stella. E sono così intrecciati e armonizzati con il contesto in cui nascono, che diventeranno sempre di più veri e propri elementi urbanistici, come le statue che vengono messe in una piazza.
E proprio per questo l’idea è di proteggerli, per esempio con pareti di plexiglass, cioè di renderli eterni, di liberarli da quella caducità che li contraddistingue. Ma nonostante la street art stia rivoluzionando il modo dell’arte contemporanea, non riesce, ancora a infrangere alcuni stereotipi, come quello di essere un’arte molto maschile. Una convinzione che le ragazze che vedete in queste pagine vogliono sgretolare a colpi di creatività, bombolette spray e magnifici volti di donne.