Non credevamo che Patrick Dempsey potesse piacerci più di quando era il Dottor Stranamore in Grey’s Anatomy. E invece ci conquista ancora. Nel ruolo di un banchiere senza scrupoli nella serie tv Diavoli, di cui ora esce la seconda stagione. E nella nostra intervista, dove scopriamo il vero segreto del suo fascino
Non chiamatelo più Dottor Stranamore. «È una cosa che ho fatto, che mi ha dato fama in tutto il mondo e a cui sono grato. Ma io non sono solo quello». Patrick Dempsey è diretto, gentile, forse ancora più bello di quando era protagonista della serie cult Grey’s Anatomy, dove il suo personaggio aveva, appunto, il soprannome di Dottor Stranamore: McDreamy in inglese, colui che fa sognare.
Lo incontro a Milano per la presentazione della seconda stagione di Diavoli (dal 22 aprile su Sky e Now), thriller sull’alta finanza tratto dall’omonimo bestseller di Guido Maria Brera edito da Rizzoli. Patrick Dempsey interpreta Dominic Morgan, uomo potente, misterioso, “rapace” e naturalmente affascinantissimo. «Un personaggio complesso» mi dice «con un suo ordine morale».
Patrick Dempsey: le foto
Intervista a Patrick Dempsey
Ha trovato qualcosa di sé in lui? «Sì e no. Molto c’è già nella sceneggiatura. Ma, come attore, cerchi sempre di portare un po’ di umanità nel tuo ruolo ed è allora che devi scovare in te delle cose che puoi usare per dare forza al personaggio: un senso di vulnerabilità, un lato emotivo onesto».
Che idea si è fatto del mondo della finanza? «Credo che istituzioni simili alla banca d’affari della serie non siano più sostenibili. Le trovo affascinanti, interessanti, ma credo sia ora di investire in una economia che sostiene la comunità senza stravolgere l’ambiente. Oggi invece produciamo tanto, troppo, e con un ritmo forsennato, spinti dall’avidità. Questo mi fa paura, se penso al futuro dei miei figli».
Da Grey’s Anatomy a I diavoli ci sono stati tanti cambiamenti anche in lei. «Tantissimi, è pazzesco. Grey’s Anatomy mi ha dato la possibilità di crescere come attore, ma anche di fare tante cose al di fuori della tv e del cinema. Come il Dempsey Center, che aiuta i malati di cancro con le terapie olistiche, cercando di rendere migliore la loro vita durante le cure (grazie alle donazioni, il centro offre trattamenti e supporto gratuiti ai malati e alle famiglie, ndr). Credo sia la cosa migliore che abbia fatto. Ho usato la mia fama di “dottore” per realizzare qualcosa di buono».
Cosa fate esattamente? «Quando a una persona viene diagnosticato un cancro, possono passare settimane prima che riesca a capire come agire e come comportarsi per affrontare la malattia. Noi l’accompagniamo “hand in hand”, per mano. Con la nutrizione, il supporto psicologico, i trattamenti olistici come lo yoga, il reiki, l’agopuntura, il sostegno ai caregivers. Diamo forza ai pazienti e alle loro famiglie. È diventata la mia missione».
Com’è nato questo progetto? «Mia madre è morta qualche anno fa di cancro alle ovaie. È stata malata per tanto tempo, ha avuto 12 ricadute: il suo tumore e le cure così lunghe sono stati un grosso colpo per la mia famiglia. Mi sono reso conto della devastazione che un’esperienza del genere può avere sulle persone, soprattutto se non sono supportate».
Lei ha affrontato anche la dislessia. «Sì, per me la scuola è stata un incubo: non riuscivo a prendere appunti dalla lavagna. Mi sentivo inferiore e diverso dagli altri, non abbastanza forte. Ero frustrato e arrabbiato. Cosa su cui ancora adesso sto lavorando. Faccio sempre fatica a leggere, devo avere i miei tempi. Per fortuna, però, oggi la tecnologia aiuta: quando io ero ragazzo non c’erano questi supporti, né gli specialisti. La cosa più dura è stata anche sapere che la dislessia è ereditaria. Uno dei miei figli è dislessico: ma se lo scopri da giovane puoi trovare più facilmente le tue strategie. Con lui abbiamo fatto gli esercizi giusti per aiutarlo e ora a scuola va molto bene».
Patrick Dempsey: «Sono stato arrabbiato e frustrato. Se non ti senti bene dentro essere bello non serve a nulla»
La bellezza l’ha aiutata nella carriera? «Ma è una qualità fisica, non mentale (ride, ndr). Se non ti senti bene dentro, essere belli non serve a nulla. Mi è rimasto il desiderio di imparare, la voglia di leggere: avrei voluto frequentare l’università, studiare le lingue».
Ho visto sul suo profilo Instagram che ha appena girato uno spot per un correttore. «Un’idea di mia moglie che fa la make up artist. Io l’ho aiutata. È stato divertente. Non sa quanti uomini mi hanno poi chiesto come funziona!».