Fate voi stesse la prova: in spiaggia guardatevi attorno alla ricerca di signore seno al vento. Ne avvisterete al massimo un paio (una di queste intrepide è stata persino denunciata, prima di Ferragosto, da una madre di famiglia: “Copriti, turbi i miei figli”, ma la ragazza, che si stava spalmando la crema, ha deciso di portare avanti, caparbia, la sua battaglia per la libertà di topless). Non ci sono più i topless di una volta, non si vedono più ragazze giocare a racchettoni in riva al mare senza reggiseno, non si trovano nemmeno più, sui rotocalchi, quegli infiniti elenchi fotografici di tette vip (a parte Manuela Arcuri, una evergreen dell’abbronzatura senza segni in favore di paparazzo, e quest’anno l’étoile Eleonora Abbagnato, che ha una misura da coppa di champagne e se lo può permettere).

Nella foto Adriana Volpe nel 2008 a seno nudo e nel 2010 in bikini.

Che è successo alla liberazione femminile, alla tranquillità di mostrarsi senza veli, alla malizia di passeggiare sulla battigia facendo sballonzolare davanti a tutti quel che prima si poteva soltanto immaginare? Una meravigliosa canzone sul ricordo di un amore di Francesco Guccini, Eskimo, anno 1978, fa così: «Ma tu non sei cambiata di molto, anche se adesso è al vento quello che io per vederlo ci ho impiegato tanto, filosofando pure sui perché».

Nella foto Alena Seredova nel 2002 a seno nudo e nel 2010 in  bikini.

Lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco, grande osservatore di ragazze (per Mondadori ha pubblicato di recente Fimmini, omaggio appassionato alla donna), spiega l’inversione di tendenza: «È l’istinto di sopravvivenza della specie, che ha preso il sopravvento sulla “buttanaggine” del seno sbattuto in faccia a tutti. Il pudore, infatti, è custodia della sensualità: il primo tramite per la messa in opera della vita vera fatta di mistero, poesia, e infine disvelamento.

Nella foto Martina Colombari nel 2007 a seno nudo e nel  2010 in  bikini.

Ogni velo è fatto per essere tolto. E tutto ciò che è visto è sempre  già visto». Un inno al pezzo sopra del costume, anzi direttamente al  costume intero, che copre ancora di più e quindi, secondo la filosofia  di Buttafuoco, è più sexy. «Una promessa di future meraviglie» dice, che  con il topless vengono invece regalate a tutti e perdono lo splendore.

Nella  foto Asia Argento nel 2005 a seno nudo e nel   2010 in  bikini.

Come cantava Eros Ramazzotti: «E poi mi attiri sai da far paura, fra il bianco e il nero dell’abbronzatura», da cui si evince che l’abbronzatura integrale non è così sensuale e non è necessario fare contorsioni sui già scomodi scogli per evitare i segni del costume. Amiche innamorate di Saint Tropez (là dove il topless ebbe inizio per gioco e non per ideologia) telefonano e giurano che il seno scoperto si mostra ormai soltanto in barca, lontano da sguardi pubblici.

Nella foto Federica Panicucci nel 2003 a seno nudo e nel   2010 in  bikini.

Secondo la scrittrice e osservatrice di costume Camilla Baresani:  «Poiché la nudità di chiappe e tette ce l’hanno tutte, perfino le trans,  oggi si preferisce mostrare la nudità creativa dei tatuaggi». Il motivo  è da ricercare, più che nella saggezza femminile del nascondersi per  essere svelate, nel fattore chirurgia plastica: «Troppe scollature  sospette» sintetizza l’editorialista del Corriere della Sera Pierluigi  Battista. «Gli occhi attenti le individuano subito: marmoree, sfidano le  leggi di gravità anche da sdraiate e non sono belle da mostrare. Ma il  topless è come la moda, prima o poi torna, come i sandali alla schiava.  Il dramma della democrazia, però, è che per un décolleté sublime bisogna  sopportarne cento orribili. Quindi, meglio coperte».

Nella  foto Cristina Parodi nel 2007 a seno nudo e  nel   2010 in   bikini.

Sophie Marceau, infatti, il cui improvviso lievitare del seno ha suscitato qualche sospetto, fa il bagno con un castigatissimo costume olimpionico praticamente a collo alto. E Afef Tronchetti Provera, provvista del talento dell’eleganza, non si toglie la canottiera e gli shorts nemmeno in barca.

Nella foto Stephanie di Monaco nel 1987 a seno nudo e  nel   2010 in  bikini.

Secondo il sociologo francese Jean Claude Kaufmann, che scrisse tempo fa il saggio Corpi di donna e sguardi d’uomo, sociologia del seno nudo (pubblicato in Italia dall’editore Raffaello Cortina), il topless diventa invisibile quando è generalizzato: se c’è una ragazza a seno nudo sulla spiaggia la guardiamo tutti, se ce ne sono quaranta non ne guardiamo nessuna. E comunque è finita: «Dopo estati passate come amazzoni in slip sulle spiagge della Costa Azzurra» spiega adesso Kaufmann «le francesi del terzo millennio fanno retromarcia, preferendo coprirsi. Il nudo le disturba, le infastidisce, è volgare: oltretutto prima la spiaggia era l’alternativa alla città, uno spazio in cui ci si sentiva liberi. Oggi il topless in spiaggia è spesso inimmaginabile, a meno che non si sia soli o con pochi intimi».

Nella foto Alba Parietti nel 2008 a seno nudo e  nel   2010 in  bikini.

Le francesi hanno stabilito che il topless è cheap e le italiane ne fanno un uso talmente discreto da risultare invisibile: secondo un sondaggio solo l’un per cento delle signore si toglie in spiaggia il pezzo sopra del costume, e non sono necessariamente modelle dalle forme perfette, ma spesso anziane ragazze che si ricordano di quando avevano vent’anni e si spalmavano sul seno l’olio di cocco, la birra, la Nivea nel barattolo blu o la Lancaster senza protezione.
Adesso imprudenze del genere non sono nemmeno immaginabili. Il terrorismo psicologico sui danni del sole alla pelle ha scoraggiato anche le più lucertole, quelle che si piazzavano sul lettino a mezzogiorno, armate di spruzzino riempito di acqua di mare per rinfrescarsi, e non si alzavano fino alle cinque, quando i raggi del sole cominciavano a essere meno micidiali.

Nella foto Helena Chistensen nel 2006 a seno nudo e  nel   2010 in  bikini.

Ora il minimo della protezione solare socialmente accettata è la trenta, e la moda dell’estate è il panama, cappello di paglia intrecciata utile per tenere il viso all’ombra, figurarsi se si può rischiare di scottarsi una parte così delicata come il seno (la punizione per le incoscienti di allora è un décolleté rugoso, macchiato, precocemente avvizzito). Ma c’era un significato profondo del mostrare il seno, che ora si è perso? Nicoletta Tiliacos, giornalista, femminista storica, si ricorda che a un certo punto, negli anni Settanta «era quasi strano prendere il sole col costume: c’era la nudità militante, la liberazione del corpo, ci si toglievano i reggiseni anche sotto i vestiti e anche in spiagge inadatte. Mi ricordo un viaggio con un gruppo di amiche femministe, nel 1977: finimmo in una spiaggia per famiglie a Taormina e una di noi sentì l’esigenza di stare a sedo nudo, per principio. Noialtre capimmo l’inutilità del gesto, e soprattutto la curiosità dei bambini che ci indicavano e chiamavano le mamme».

Nella foto Bianca Brandolini D'Adda nel 2008 a seno nudo e  nel   2010 in  bikini.

C’erano però fazioni opposte, anche allora c’erano le donne che consideravano il topless una mercificazione del corpo. Oggi, paradossalmente, tutti gridano alla mercificazione del corpo femminile e nessuna si scopre più il seno in spiaggia. Secondo Nicoletta Tiliacos però il topless è un evergreen e non passerà mai di moda: «È un gesto di libertà di cui le ragazze di oggi non sentono più il bisogno, ma è soprattutto una questione di galateo: ci sono luoghi e calette in cui si può tranquillamente prendere il sole nudi, e spiagge dove è giusto tenersi il costume addosso».

Nella foto Lily Allen nel 2008 a seno  nudo e  nel   2010 in  bikini.

Topless: la fine di un mito

  • 25 08 2010

È stato un simbolo della liberazione femminile. Ma oggi un seno nudo sulle spiagge è più raro di un panda. Prima spogliarsi era una conquista. Ora è banale, poco chic e fuori moda. Meglio, allora, riscoprire la sensualità del bikini

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