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Dieta Plant Based: cos’è, pro e contro

La dieta Plant Based è a base vegetale, ma non esclude del tutto alimenti di origine animale. Come funziona, pro e contro, esempio di menu

Una delle star più note che segue la dieta Plant Based è Beyoncé, seguita dal suo trainer Marco Borges, fondatore tra l’altro di un servizio di consegna a domicilio di pasti specifici. Ma questo tipo di alimentazione ha ricevuto anche l’approvazione di diversi enti specializzati, come la Academy of Nutrition and Dietetics, cioè l’organizzazione dei professionisti dell’alimentazione e della nutrizione degli Stati Uniti. «Anche il corrispettivo italiano, cioè la Società Italiana di Nutrizione Umana, si è espressa a favore di questa dieta che non ha controindicazioni, quando ben pianificata» spiega la dottoressa Silvia Goggi, medico specialista in Scienza dell’Alimentazione, che ci aiuta a capire di cosa si tratta.

Cos’è la dieta Plant Based

Si tratta di un’alimentazione che si basa soprattutto su cibi di origine vegetale, dall’inglese “plant”, pur senza escludere carne, pesce o latticini in maniera categorica, come avviene per la dieta vegana. «Secondo la definizione scientifica una dieta Plant Based prevede un’alimentazione dal 95% al 100% vegetale, con alcune sfumature. Rientrano nelle Plant Based, quindi, anche la vegetariana e la vegana in senso stretto, ma anche la dieta onnivora – quindi con carne, pesce, uova e latticini – purché in misura non superiore al 5%» chiarisce la dottoressa Goggi. «Di fatto il 5% delle calorie giornaliere è una quota molto bassa, che potrebbe essere fornita, ad esempio, da uno yogurt o da 80 grammi di carne, quindi gli alimenti di origine animale sono davvero limitati» aggiunge l’esperta. Fa parte delle diete Plant Based anche la WFPB, ossia Whole Food Plant Based: «È quel tipo di dieta, sempre a base vegetale, che predilige prodotti naturali, il più integri possibile e non lavorati a livello industriale, meglio se a km zero e non da agricoltura intensiva», dice Goggi.

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La differenza con la dieta vegana

«La principale differenza rispetto alla dieta vegana è che in quest’ultima non sono previsti proprio alimenti di originale animale, neppure in una quota minima e anche per ragioni etiche – chiarisce l’esperta di nutrizione – In realtà, proprio l’esiguità dell’apporto di cibi di origine animale nelle Plant Based (parliamo magari di un uovo in una giornata) le rende molto simili alle vegane da un punto di vista nutrizionale». I vegani poi estendono l’esclusione al ricorso a prodotti animali anche in altri ambiti, come gli accessori e l’abbigliamento, scegliendo prodotti che non prevedano lo sfruttamento degli animali stessi. Per fare un esempio, evitano oggetti in cuoio, mentre preferiscono il cotone, che è di origine vegetale.

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Quali cibi si possono mangiare

Ma quali sono i cibi ammessi? «In realtà non sarebbe corretto parlare di cibi “ammessi”, perché gli alimenti di una dieta Plant Based sono presenti e non dovrebbero mancare neppure in altri regimi alimentari. Rientrano, comunque, in cinque gruppi alimentari: cereali, legumi, frutta, frutta secca e semi oleosi, che si possono combinare tra loro in migliaia di modi. L’eventuale presenza di alimenti di origine animale, in questo caso, è motivata più dal gusto o dall’abitudine, che non dal valore nutrizionale che possono avere» spiega Goggi.

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Pro e contro

Quali sono i vantaggi e gli eventuali limiti? «I vantaggi sono sia in termini di sostenibilità che di salute. Nel primo caso, vanno considerati gli effetti di un’alimentazione onnivora come quella oggi così diffusa, per l’ambiente. Come ricordava il rapporto EAT-Lancet del 2019, per poter sfamare una popolazione mondiale di 10 miliardi di persone, che sarà raggiunta tra non molto, occorre modificare le abitudini alimentari in direzione di una maggiore sostenibilità» ricorda la nutrizionista. Il report suggeriva di raddoppiare l’assunzione di noci, frutta, verdura e legumi, e di consumare la metà della carne e dello zucchero per prevenire milioni di decessi precoci, ridurre le emissioni di gas serra e preservare terra, acqua e biodiversità. «Anche la Società italiana di Nutrizione Umana ha promosso la dieta Plant Based, che non ha controindicazioni, se è ben pianificata: è completa e necessita solo di una integrazione di vitamina B12. Niente fai-da-te, dunque, perché occorre una certa educazione alimentare da parte dei genitori o la supervisione da parte di un nutrizionista o pediatra, nel caso dei bambini» spiega la dottoressa.

Un esempio di menu giornaliero

Ma cosa e come si mangia in concreto in una dieta Plant Based? «Facciamo un esempio giornaliero. A colazione potremmo bere un caffelatte con latte vegetale, magari di avena, accompagnato da pane con burro di arachidi e alcune fettine di banana. A metà mattina possiamo prevedere uno spuntino a base di frutta, come due kiwi. A pranzo un riso con lenticchie e insalatina di rucola mela e finocchi. A pomeriggio una manciata di frutta secca, come mandorle o noci, e un quadratino di cioccolato fondente, mentre a cena potremmo preparare una pasta con broccoli e capperi e un hummus di ceci con verdure crude», consiglia l’esperta.

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