La pelle è la nostra prima barriera: confine fra sé e gli altri, invia un messaggio profondo su come come stiamo

PELLE, DESIDERIO E CONFINE

 

«Ci sono giorni in cui «non ci sentiamo bene nella nostra pelle»; qualche volta «non si sta più nella pelle»; sul lavoro bisogna «avere la pelle dura»; a volte c’è chi «ci leva la pelle» con le sue critiche o abbiamo «i nervi a fior di pelle»; a qualcuno, guardando un grosso ragno, viene «la pelle d’oca» o diventa «tutto pallido». In situazioni drammatiche si può avere paura di «lasciarci la pelle» e si è felici quando si riesce «a riportare la pelle a casa». Eppure sono pochi a sapere che cosa sia davvero la nostra pelle, come funzioni e soprattutto quanti e quali compiti essenziali svolga per noi» inizia così Yael Adler, dermatologa, nel suo libro La pelle felice. Cos’è, cosa la nutre e perché ci dice chi siamo.

 

NUOVE SCOPERTE SUL TATTO

L’epidermide ha prima di tutto una funzione protettiva: ci difende dalle aggressioni esterne. Attraverso la pelle riceviamo nutrimento, idratazione e persino… respiriamo! Le ultime ricerche delle neuroscienze sul tatto spiegano che attraverso l’epidermide possiamo percepire informazioni come odori e suoni. La pelle è un organo intelligenze e incredibilmente sensibile, ecco perché gli squilibri a questo livello sono fortemente connessi alle emozioni e in molti casi costituiscono un messaggio come ci sentiamo a livello interiore.

 

LA TUA PELLE

Scrive Yael Adler: «La pelle è lo specchio della nostra anima, è lo schermo su cui si proiettano le storie del nostro intimo, le storie dell’inconscio». Che cosa racconta la tua pelle? «Le rughe parlano di tristezza e di gioia, le cicatrici raccontano le ferite, una mimica fortemente modificata con il Botox mostra la paura della vecchiaia, la pelle d’oca parla di paura o di piacere, alcuni brufoli di un eccessivo consumo di latte, zucchero e farina raffinata» spiega l’autrice: «La pelle è come un grande archivio pieno di segni e di indizi, alcuni ben visibili e altri nascosti. Chi è capace di leggere queste tracce scoprirà con stupore come il visibile conduca spesso all’invisibile».

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