Diabete 2

Diabete: 7 cose che (forse) non sapevi

Correlazioni con la sindrome metabolica, terapia educazionale, rischi insidiosi: questo ed altro tra le notizie e le curiosità sul diabete che è bene sapere

A differenza del diabete di tipo 1, la forma di diabete meno comune, quasi sempre diagnosticata nell’infanzia, che si verifica quando il pancreas non riesce a produrre l’insulina a causa della distruzione delle cellule beta (cellule pancreatiche produttrici dell’ormone suddetto), il diabete di tipo 2 insorge quando il pancreas non riesce a far fronte all’aumentata richiesta di insulina da parte dell’organismo causata dalla resistenza insulinica, ovvero da quella condizione in cui le cellule fanno fatica a trasformare lo zucchero in energia e quindi quantità maggiori dei zucchero rimangono nel sangue.

L’insulina infatti è un ormone prodotto dal pancreas che permette allo zucchero di entrare nelle cellule per nutrirle. Il diabete nasce quando lo zucchero non riesce a passare nelle cellule, ristagnando in quantità nel sangue e causando la glicemia alta.

Ecco quindi 7 fatti sul diabete che è bene sapere.

1. La diffusione del diabete è in costante aumento

Il diabete è una malattia in costante aumento, non solo nei paesi industrializzati, ma anche in quelli sottosviluppati. Attualmente circa 350 milioni di persone in tutto il mondo convivono con questa patologia, che solamente in Italia interessa il 4,9% della popolazione, mentre secondo le stime diffuse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, entro il 2030, questa condizione potrebbe diventare la prima causa di morte a livello globale.

Fortunatamente però, il diabete è anche uno dei problemi più studiati, per il quale la ricerca ha fatto notevoli passi in avanti.

Infatti, non mancano le novità come i nuovi farmaci, le sperimentazioni di vaccini e lo studio di terapie chirurgiche, come il trapianto di pancreas.

2. La sindrome metabolica espone al rischio diabete

Per “sindrome metabolica” si intende quel complesso di fattori legati a sovrappeso, alti livelli di zucchero nel sangue, riduzione del colesterolo buono e aumento di quello cattivo. Il termine “metabolico” fa riferimento ai processi fisiologici coinvolti nel normale funzionamento dell’organismo. L’unione dei fattori può alterare questi processi e, come ultima conseguenza, comportare il diabete, oltre che l’ictus e l’infarto.

Per questo è bene fare attenzione alla vita sedentaria, alla dieta poco sana e soprattutto al grasso intorno alla vita. In presenza di questi fattori, è consigliabile effettuare subito un controllo dei livelli di zucchero nel sangue a digiuno e verificare così i valori della glicemia, i cui parametri sono:

– tra 70 e 109,9 mg/dl sono normali;

– tra 110 e 125,9 mg/dl sono leggermente elevati ed indicano la presenza di resistenza all’insulina. Se con essi sono presenti altri due fattori della sindrome metabolica, si è a rischio di malattia cardiovascolare, compreso il diabete;

– uguali o superiori a 126 mg/dl indicano generalmente la presenza di diabete di tipo 2.

3. Trapianto di isole di pancreatiche per diabete 1

La nuova frontiera nella cura del diabete di tipo 1 è rappresentata dal trapianto delle isole del pancreas, cioè parti di questo organo in grado di sostituire quelle che non funzionano. In Italia, i centri che si occupano di questi interventi sono pochi e sono riservati a casi selezionati. In futuro le speranze potrebbero arrivare dalle cellule staminali.

4. Saperne di più aiuta a stare meglio

Il modo in cui si affronta il diabete può influire molto sul suo andamento. A tal proposito, è stata istituita una terapia educazionale del diabete di tipo 2 denominata Group Care, che indica un approccio alla malattia in cui medici, infermieri e dietisti cercano di vivere insieme al malato situazioni quotidiane. Per esempio, si fa la spesa e si cucina insieme per capire quali siano gli alimenti migliori da utilizzare. Oppure si fa indossare al malato uno zainetto pieno di sacchetti di sabbia, perché comprenda quanto sia difficile muoversi e vivere con i chili in eccesso.

Questa terapia sostituisce le visite tradizionali o le lezioni accademiche, ma mantiene la frequenza di analisi, prelievi del sangue e accertamenti per controllare il diabete, mentre il malato compie un percorso educativo che lo aiuti a capire e gestire la malattia. Ebbene, gli studi hanno confermato che la terapia educazionale non solo ha migliorato la qualità di vita dei soggetti diabetici, soprattutto dal punto di vista psicologico, ma ha anche contribuito ad abbassare i trigliceridi e il colesterolo cattivo.

5. Una malattia che ha “memoria lunga”

Una volta che il diabete è stato diagnosticato, prima si interviene meglio è. L’obiettivo delle varie terapie prescritte dal medico, sarà quello di controllare e, possibilmente, abbassare la glicemia. In questo modo, si prevengono i possibili danni, che comporta un diabete mal curato: in particolare, rischio di infarto, patologie agli occhi e ai reni.

Se si agisce prima che l’organismo abbia interiorizzato i meccanismi alterati dovuti al diabete (quelli che danneggiano altri organi, appunto), si tengono sotto controllo le sue complicanze deleterie. Viceversa, è stato studiato che se la malattia viene affrontata con ritardo, i danni della glicemia alta permangono anche a distanza di anni dalla sua normalizzazione. Ecco perché è importante assumere i farmaci idonei oppure rivedere lo stile di vita e alimentare (sarà lo specialista a valutare la terapia più adatta in base al singolo caso di diabete).

6. Il diabete può essere controllato con lo stile di vita sano

Il soggetto diabetico può mangiare tutto, ma deve stare basso nelle quantità. Basta un calo di peso del 5-10% per ottimizzare il controllo della malattia, ma anche per dimezzare il rischio di diventare diabetico in un soggetto sovrappeso o obeso. Questo però non deve indurre al fai da te: essere seguiti dal medico è sempre la soluzione migliore.

7. Consumare bevande zuccherate tutti i giorni aumenta il rischio del 20%

Basta bere una bevanda zuccherata in meno al giorno, sostituendola con la semplice acqua o con un tè non zuccherato, per ridurre il rischio di sviluppare il diabete. Lo dimostra una ricerca inglese appena pubblicata su Diabetologia, la rivista dell’EASD (European Association for the Study of Diabetes), che arriva a quantificare in maniera precisa questo rischio: per ogni incremento del 5% delle calorie derivate da bevande zuccherate, sul totale delle calorie assunte in un giorno, corrisponde un aumento di rischio del 18% di sviluppare diabete di tipo 2.  E viceversa, sostituire ogni giorno una bevanda zuccherata con la semplice acqua, tè o caffè non zuccherati, riduce questo rischio del 14-25%.

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