Angeline Jolie

Fa discutere la decisione di Angeline Jolie, che per non ammalarsi di cancro si è fatta asportare preventivamente il seno. A motivare la scelta radicale è stata la scoperta da parte dell'attrice di essere portatrice del gene mutato BRCA1 e BRCA2, responsabile dell'aumento di probabilità di tumore mammario genetico.

Angelina e la mastectomia: scelta giusta?

  • 21 05 2013

La scelta radicale di Angelina Jolie di farsi asportare il seno, per ridurre drasticamente il rischio di cancro, pone interrogativi etico-scientifici. Ne abbiamo parlato con il Dottor Bernardo Bonanni, medico oncologo, Direttore della Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica dello IEO

Cancro al seno: la scelta radicale di Angelina Jolie

La notizia di Angelina Jolie che si è fatta asportare preventivamente il seno, cambia la percezione della malattia e della prevenzione, aprendo nuovi interrogativi. E non sempre incoraggianti. Da un lato potrebbe azzardare alla dichiarazione della sconfitta della ricerca scientifica; dall’altro potrebbe diffondere paure immotivate.

Nella confusione, generata dalla spettacolarità dell’evento, la scienza si mescola con l‘etica, ponendo domande di non facile risposta. Le abbiamo rivolte al Dottore Bernardo Bonanni, medico oncologo, Direttore della Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica dello IEO (Istituto Europeo Oncologico).

Test genetico e gene mutato BRCA1 e BRCA2

Nei centri oncologici, i medici possono prescrivere il test genetico in caso di familiarità importante, come la mamma o la sorella o la nonna con tumore mammario insorto in pre-menopausa o ovarico durante tutta la vita. Ma l’eventuale esito positivo non attesta affatto l’esatta probabilità di ammalarsi di cancro, con la certezza matematica dell”85%, come nel caso della Jolie. “Si tratta di un valore troppo approssimativo – chiarisce il Dottor Bonanni. – Le conoscenze sulla “penetranza” dei geni BRCA1 e BRCA2 (cioè la probabilità che il difetto costituzionale possa un giorno provocare la malattia) sono cambiate negli anni, e variano nelle diverse popolazioni.

Si parla di un rischio mammario che va dal 40% all’85%  e da un rischio ovarico dal 16% al 40-45%, verificabili in entrambi i casi nell’arco della vita”.

Asportazione del seno: unica alternativa?

Posta in quest’ottica, l’operazione della Jolie sarebbe stata un’azione radicale, giustificata dalla scelta personale di non seguire altre norme di prevenzione. “L’aumento della probabilità di tumore mammario genetico può giustificare solo raramente l’asportazione preventiva e totale del seno – spiega il Dottor Bonanni – in casi davvero selezionati e in persone mutate che non vogliono adottare le altre misure preventive oggi disponibili.

Sono casi molto delicati che richiedono un lungo, paziente e complesso lavoro dell’equipe multidisciplinare di esperti (oncologi preventivi, genetisti, genetic counselor, psicologi, chirurghi) insieme alla persona mutata. Ma per lo più parliamo di chirurgia profilattica dell’ovaio”.

Possiamo dedurne che intervenire sul proprio corpo in modo così invasivo è una scelta della paziente e non percorso obbligato a cui devono sottoporsi obbligatoriamente le portatrici del gene mutato.

Medicina predittiva

Siamo dunque nel campo della medicina predittiva, che si riferisce alla “predisposizione“, concetto che a sua volta “significa anche che la persona può non ammalarsi per niente e solo trasmettere il difetto alla prole – continua il medico – ultimamente stiamo studiando in particolare altre varianti genetiche che possono modificare in più o in meno la“penetranza”: presto si riuscirà a differenziare molto meglio chi potrebbe ammalarsi con molta probabilità e chi con molta meno”. Questo sicuramente cambierà la percezione di una prospettiva senza via di scampo, che costringerebbe a scelte non facile, poiché aprirà nuove vie di prevenzione e diagnosi precocissima.

Rischio cancro genetico: quale prevenzione?

Di fronte all’esito positivo del test genetico, l’asportazione delle mammelle, in condizioni di sanità, non sarebbe l’unica soluzione possibile per affrontare il rischio. La diagnosi non è conclamata, ma è solo una probabilità che si verifichi.

“Ci sono più alternative per fronteggiare la situazione – rassicura il dottor Bonanni – La sorveglianza intensiva con esami mirati e frequenti per eventuale diagnosi precoce (oggi molto efficace per il seno, ma meno per l’ovaio) e la prevenzione medica con dei farmaci mirati: il tamoxifen è efficace in certi casi, la fenretinide promette di esserlo per il seno. Il primo è un SERM (modulatore selettivo dei recettori estrogenici) e la fenretinide è un retinoide, cioè un derivato sintetico della vit. A).

La scelta di questi composti e – nel caso di tamoxifen – preferibilmente a basse  dosi ha lo scopo principale di coniugare massima efficacia a bassissimo numero di effetti collaterali.

Per la prevenzione del tumore all’ovaio è assodato inoltre che la pillola anticoncezionale è molto protettiva”.

Nuove ansie e paure?

In questo scenario di medicina predittiva, dove la prevedibilità si confonde erroneamente con la probabilità, il caso Jolie può moltiplicare le ansie connesse per natura al tema “prevenzione tumori”, generando una corsa al test genetico. “Sono situazioni, quelle dei soggetti predisposti, che richiedono grande precisione e prudenza anche nella comunicazione – conferma il dottor Bonanni  – Per questo ci sono le High Risk Clinic (come allo IEO) dove gli esperti si occupano full time di tutti gli aspetti cruciali legati alla predisposizione a sviluppare il tumore mammario genetico, ovvero: aspetti clinici, psicologici, decisionali, gestionali”.

Si potrebbe così insinuare una nuova paura, quella di vivere all’ombra del cancro e di ignorare che per alcune donne (quante realmente?) si profila una prospettiva drammatica. È meglio sapere o non anticipare il futuro?

Poter agire preventivamente o dover aspettare il corso della natura

Non da ultimo un intervento così radicale, di grande risonanza mediatica, può porre in futuro dicotomie tra “pazienti di serie A e pazienti di serie B“, differenze cioè tra chi può agire preventivamente, e chi deve aspettare il corso della natura.
“Ci sono molti pericoli, noti da tempo, fra cui la stigmatizzazione e la medicalizzazione eccessiva. Ogni caso va veramente gestito a sé, secondo un modello di medicina preventiva personalizzata che io chiamo “ragionevole”. Le generalizzazioni sono spesso un errore” – conclude il dottor Bonanni.

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