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Candida auris, cos’è l’infezione da fungo che preoccupa

Un uomo è morto a Milano per l’infezione dal fungo candida auris. L’infettivologo Matteo Bassetti spiega di cosa si tratta e quando preoccuparsi

Il primo allarme da candida auris è arrivato dagli Stati Uniti, dove i Centers for disease control and prevention lo hanno definito una «seria minaccia per la salute globale».

Candida auris: fungo killer?

In Italia l’attenzione è cresciuta negli ultimi anni e con la pandemia di Covid-19 si sono registrati alcuni focolai di candida auris, un fungo che ha causato anche la morte di uomo a Milano, pochi giorni fa. Per questo c’è già chi parla di “fungo killer”, anche se l’infettivologo Matteo Bassetti, Direttore della Clinica di malattie infettive dell’Ospedale policlinico San Martino di Genova, frena: «Certamente è un fungo che può dare problemi, soprattutto in persone fragili come anziani o bambini, ma è un’infezione tipicamente ospedaliera: è molto raro che possa interessare persone che non siano ricoverate».

Il caso: un uomo è morto a Milano per la candida auris

A far crescere il livello di preoccupazione è stata la morte di uomo, a Milano, che aveva contratto l’infezione in Grecia. Ricoverato all’spedale Sacco per un ictus, era poi risultato positivo anche al fungo. Per lui non c’è stato nulla da fare.

Cos’è la candida auris

«La Candida auris è un fungo che fa parte della grande famiglia della candida. La forma auris è venuta fuori prepotentemente negli ultimi 10 anni ed è più resistente a funghicidi, cioè quei farmaci utilizzati normalmente per il trattamento di questo tipo di infezioni fungine, come gli azoli contenuti per esempio negli ovuli che le donne conoscono perché utilizzati anche per la candida vaginale – chiarisce Bassetti – Attenzione, però: trovare il fungo sulla pelle non rappresenta di per sé un problema, si può intervenire. Diverso è il caso in cui il fungo penetra in profondità, nel sangue: in questo caso può dar luogo a infezioni profonde come la setticemia, potenzialmente mortale».

Come si cura la candida auris

«Se non viene curata per tempo e nel modo corretto, l’infezione da candida auris può dare danni importanti. Ha una mortalità tra il 30% e il 50%, ma ripeto: un conto è la presenza della candida in un soggetto sano, un altro conto è il caso di un paziente che viene colonizzato. È come paragonare una persona con una polmonite grave da Covid e un soggetto positivo al coronavirus, ma asintomatico», specifica l’infettivologo. Ma come si cura? «In genere si ricorre appunto a farmaci antimicotici e la buona notizia è che disponiamo di nuovo medicinali che funzionano bene anche nei confronti di candida resistente. Si tratta, per esempio, delle echinocandine. Anche l’amfotericina b, che è un farmaco più vecchio, di recente è tornato utile, nella sua formulazione lipidica che permette di ridurne la tossicità. Anche noi in Liguria, dove abbiamo avuto un cluster importante, lo abbiamo utilizzato», conferma Bassetti.

I sintomi e quando preoccuparsi

I sintomi più classici della malattia sono febbre, bruciore, difficoltà a deglutire, dolori muscolari e affaticamento generale. Ma trattandosi di un’infezione ospedaliera in genere viene riconosciuta precocemente dal personale medico: «Se capitasse in ospedale i sintomi, che sono importanti e possono comprendere anche sepsi e insufficienza multiorgano, sarebbero individuati subito. Raramente potrebbe verificarsi questa infezione a casa, anche perché si trasmette per contatto con superfici o dispositivi medici contaminati, e fra le persone con infezione. Durante la pandemia i casi sono scresciuti a causa del sovraffollamento degli ospedali e, in particolare, delle terapie intensive, con molti soggetti intubati», spiega l’infettivologo.

Cosa c’entrano gli antibiotici

Il vero rischio è, invece, la resistenza ai farmaci e, in particolare agli antibiotici: «Come detto, disponiamo di farmaci contro l’infezione da candida auris, anche se l’abuso di antibiotici può rappresentare una criticità: gli antifungini, infatti, rientrano nella categoria degli antibiotici. Per questo come infettivologi abbiamo lanciato un nuovo appello a limitare il ricorso a questi farmaci ai soli casi necessari. È sempre importante, poi, ricordare l’importanza delle norme igieniche fondamentali, come il lavaggio delle mani da parte del personale e la corretta disinfezione delle attrezzature e delle superfici ospedaliere», conclude Bassetti.

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