«Il tennis è una lente d’ingrandimento della vita» scriveva il giornalista sportivo Denis Lalanne su L’Équipe. Se è così, guardando Jasmine Paolini giocare, quella lente restituisce un’istantanea di felicità. Il campo non nasconde e non perdona nulla: tensione, fatica, fragilità, emozioni. Eppure, lì in mezzo, lei sorride. Sempre. Non per abitudine, ma perché sembra stare bene in quel rettangolo di mondo che per altri è solo competizione. E proprio lì, dove ogni punto pesa come una scelta, Jasmine nelle ultime settimane ha sorriso più che mai: sul rosso del Foro Italico, ha vinto tutto. Singolare e doppio, con Sara Errani, nello stesso torneo. Un’impresa unica per una tennista italiana (prima di lei era stata Monica Seles nel 1990), che ha il sapore delle cose impossibili rese leggere, come solo lei sa fare, e che Jasmine Paolini racconta in questa intervista.
Il suo sorriso? Quasi più potente del dritto
Anche durante la nostra intervista, quel sorriso di Jasmine Paolini – la ragazza di Bagni di Lucca che il tennis lo ha scoperto a cinque anni, per merito di papà e dello zio, e a 28 ha capito di poterlo giocare come poche al mondo – torna, spontaneo e genuino, come un ritmo che accompagna le parole. È lui, forse, il primo colpo che cattura. Ancora prima del diritto, spesso imprendibile. Quel sorriso è il filo che tiene insieme tutto: l’infanzia e le giornate passate sul campo con suo papà Ugo, i primi tornei in giro per il mondo, le vittorie e le cadute. È la sua firma, anche ora che Jasmine Paolini, 29 anni, non è più solo una promessa, ma una certezza del tennis italiano e internazionale.
I successi di Jasmine Paolini
Numero 4 del ranking Wta, posizione riconquistata grazie al successo a Roma, nel circuito maggiore ha vinto due titoli in singolare, ma è il trionfo nel Wta 1000 di Dubai 2024 a segnare la svolta: una vittoria che l’ha proiettata nell’élite del tennis mondiale. In doppio i successi sono sei, tra cui spicca quello in coppia con Sara Errani a Indian Wells. Ma è nei tornei del Grande Slam che Jasmine ha scritto la pagina più brillante della sua carriera.
L’oro alle Olimpiadi di Parigi
Mentre andiamo in stampa si prepara a scendere in campo al Roland Garros 2025, dove, speriamo tutti, è pronta a bissare i recenti successi: l’anno scorso è arrivata in finale, nello stesso Roland Garros e a Wimbledon, diventando la prima italiana capace di arrivare così in alto. Sempre insieme a Sara Errani, ha raggiunto la finale di doppio al Roland Garros e poi è arrivato un traguardo che va oltre lo sport: la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi, la prima nella storia del tennis italiano. «Quell’oro è un’altra roba. È qualcosa di universale. Se ci penso… non riesco a smettere di ridere» dice “Jas”, come la chiamano i suoi amici.
La medaglia è a casa dei miei. Io viaggio troppo, “lei” deve stare al sicuro
La nostra intervista a Jasmine Paolini
T-shirt bianca, jeans cargo, capelli tirati in una coda alta, la tennista toscana, testimonial di Dove, ha imparato a farsi spazio in un mondo in cui nulla è semplice, tanto meno se sei donna e minuta. «Diciamo pure bassa» scherza sempre con il sorriso (1.63 cm per il sito Wta e Wikipedia, ndr). Ma è proprio da lì che nasce la sua forza, dalla capacità di sfidare le definizioni, dentro e fuori dal campo, portando con sé qualcosa che non si misura in centimetri: la resilienza, quella che si allena tra un infortunio e un volo aereo, tra un primo turno perso e un match point conquistato anche quando tutto sembra svanire, anche quando la fatica sembra prevalere. E la nostra intervista a Jasmine Paolini parte proprio da lì, da quei centimetri in meno che per qualcuno potevano sembrare un limite e a cui lei ha sopperito con il cuore e la grinta.
“Jasmine, sei troppo bassa per arrivare ad alti livelli”. Quante volte si è sentita ripetere questa frase?
«Parecchie. Ma l’altezza non è mai stato un problema per me anche perché nel periodo più delicato, quello dello sviluppo, sono cresciuta molto. Poi, però, mi sono fermata! Azz…».
E come risponde a questi commenti?
«Con grande serenità. Certo, quando diventano molti, che palle! Ma ho sempre cercato di focalizzarmi sulle mie qualità. Anche perché la mia statura mi dà dei punti di forza che le persone più alte non hanno».
Quali, per esempio?
«Mi muovo bene sul campo. E nonostante tutto, tiro molto forte. Certo, qualche centimetro in più mi farebbe comodo per il servizio».
Jasmine Paolini: così mi libero degli stereotipi
Nello sport ma non solo, il corpo delle atlete è spesso al centro di giudizi che vanno ben oltre la prestazione. Le pesa tutta questa attenzione?
«Siamo in un mondo in cui l’aspetto fisico viene esasperato e tutti dovremmo fermarci e pensare che quello che diciamo ha un peso. Dovremmo imparare a dare un giudizio in meno e a tenerci una parola in più perché, anche se detta per scherzo, chi ci ascolta se lo ricorda per tutta la vita».
Nel tennis la testa conta tanto quanto il fisico. Come gestisce le emozioni nei momenti decisivi?
«Il tennis è uno sport strano, in cui devi trovare rapidamente soluzioni ai problemi che ti si presentano. Il bello è che ogni punto è diverso ed è un modo per mettersi in gioco di continuo. Io ho imparato a non essere troppo severa nel giudicarmi, a perdonarmi e a insistere, insistere, insistere».
Un pregio e un difetto.
«Beh, la prima è facile: il mio sorriso solare. Tutto merito della mamma. Il difetto? Rimugino troppo, non fermo mai i pensieri».
Prima di scendere in campo
Ha un rituale portafortuna che fa prima di entrare in campo?
«Sì, cambio il grip al manico della racchetta, facendo sempre lo stesso movimento, e mi allaccio le scarpe in un determinato modo (e si abbassa subito per ripetere quel gesto scaramantico, ndr)».
Se potesse tornare dalla Jasmine ragazzina, cosa le direbbe?
«Di credere di più in se stessa e di non smettere mai di sognare».
Il tempo è scaduto. Jasmine prende la racchetta e va ad allenarsi. Ascoltarla è come guardarla giocare: c’è misura, onestà e quella leggerezza rara di chi sa prendersi sul serio senza mai smettere di divertirsi.
Jasmine Paolini e Dove
Tre ragazze su quattro pensano che l’attività sportiva sia un modo per costruire la propria autostima, tuttavia 1 su 2, tra i 13 e i 17 anni, la abbandona. Di queste, 2 su 3 lo fanno per mancanza di fiducia nel proprio corpo che viene spesso minata da commenti e giudizi negativi. Sono questi i dati più significativi che emergono da una ricerca condotta da Dove che, insieme alla tennista Jasmine Paolini, ambassador del brand, avvia una campagna di sensibilizzazione per promuovere la fiducia nelle ragazze attraverso il programma Body Confident Sport.
L’impegno di Dove
«È un percorso formativo gratuito fatto di lezioni ed esercizi pratici rivolto a coach e insegnanti di educazione fisica nelle scuole secondarie di primo grado su tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza nelle più giovani e generare un cambiamento positivo» afferma Ugo De Giovanni, general manager Personal Care Unilever Italia. «Dal 2004, grazie al Dove Progetto Autostima, lavoriamo per aiutare le nuove generazioni a costruire la propria autostima, con il desiderio di riscrivere il concetto di Bellezza Autentica, fornendo un’alternativa agli standard di bellezza irraggiungibili e poco realistici che minano la fiducia in sé».