Come aiutare un dipendente difficile

Come andare incontro a un dipendente che sta affrontando un momento difficile

Restare professionali, ma anche umani. Un bravo leader deve saper aiutare e gestire un dipendente che sta attraversando un momento difficile, adottando la giusta strategia

Separare lavoro e vita privata è una delle tacite regole che in linea generale dovremmo seguire, ma non sempre è possibile. Lo abbiamo visto ad esempio con l’arrivo della pandemia, periodo che ha messo a dura prova molti lavoratori sia dal punto di vista pratico che psicologico. Ma possiamo riferirci a una miriade di situazioni diverse, ciascuna con un peso specifico che inevitabilmente può gravare sulla performance di un lavoratore. Proprio per tale ragione un buon leader, oltre ad avere ottime skills di gestione e controllo del lavoro, deve essere pronto ad aiutare un dipendente in un momento difficile.

Dare la giusta motivazione

Per aiutare un dipendente che sta attraversando un momento difficile bisogna innanzitutto tenerne alto il morale. Che si tratti di una crisi economica o sanitaria, di un lutto privato o di un problema di salute relativo a sé stessi o a una persona cara, poco importa. Ci sono eventi e situazioni che possono mettere a dura prova la concentrazione e la performance sul posto di lavoro e dare la giusta motivazione è il primo passo per superare questo scoglio apparentemente insormontabile.

Paura, ansia, preoccupazione possono rendere difficile il lavoro, schiacciando il dipendente in un perenne stato di incertezza e sfiducia che mina la produttività. Nuovi obiettivi (realistici) presentati con il giusto entusiasmo possono motivare la persona, donandogli nuova linfa.

Cercare il contatto diretto

Se c’è una cosa che può far sentire perso un dipendente, specialmente quando sta affrontando un momento difficile e complicato, è il fatto di non sentirsi minimamente preso in considerazione. Il lavoratore è prima di tutto una persona, con emozioni e sentimenti e, sebbene sia giusto tener separata la sfera lavorativa da quella privata, non per questo dobbiamo sfociare nell’errore di trattarlo come semplice anello di un meccanismo.

Un buon leader dovrebbe essere in grado di esercitare e manifestare empatia nei confronti dei propri dipendenti. E non ci vuole poi tanto per farlo: basta mostrare un certo interesse per la situazione che stanno vivendo, conoscere abitudini e consuetudini famigliari e, in base a queste, cercare di comprenderne (sul serio) le preoccupazioni.

Fatti, non parole

Una parola di conforto non si nega mai a nessuno, ma talvolta non basta. E sul luogo di lavoro, quando il dipendente sta affrontando una difficoltà che ne mina l’umore e la produttività, dobbiamo sempre ricordare una cosa: il leader deve garantire il benessere del dipendente, non solo con le parole ma soprattutto con i fatti.

Ciò si traduce in un piano di azione che possa agevolare il suo lavoro, risolvendo questioni pratiche che da solo non potrebbe gestire. Tanto per fare un esempio, durante la pandemia uno dei problemi comuni per le famiglie è stata la gestione dei figli e della scuola. Con gli istituti chiusi e bambini e ragazzi costretti alla DAD – le lezioni da casa, per intenderci – i genitori si sono ritrovati a occuparsi di loro 24 ore su 24. Conciliare questo con il carico di lavoro ha rappresentato un vero problema per molti.

Come fare? Da buon leader o capo, andare incontro a tali nuove esigenze come in questo caso che abbiamo preso d’esempio si traduce in un ammorbidimento degli orari, oppure una redistribuzione del carico di lavoro. O ancora nella possibilità del lavoro da remoto, diventata ormai una scelta consolidata per molte aziende. E sono solo alcuni esempi.

Diffondere fiducia

Inutile girarci attorno, quando è il leader a mostrare per primo sfiducia e preoccupazione la catena lavorativa rischia di andare a rotoli. Se abbiamo a che fare con un dipendente in chiara difficoltà, non possiamo mostrarci “deboli” né vacillanti. Dobbiamo infondere in lui fiducia, è principalmente di questo che ha bisogno.

Una persona che sta affrontando un momento difficile è vulnerabile, potrebbe non riuscire a restare razionale. Ritrovandosi, poi, a non saper gestire le emozioni e riversandole sui colleghi o sul luogo di lavoro più in generale.

Avere un saldo punto di riferimento è essenziale per non “perdere la rotta”, sapendo di poter fare affidamento su qualcuno in grado di gestire qualsiasi imprevisto senza dare di matto. Un buon leader fa anche questo, come un capitano di vascello che non perde la calma neanche durante la tempesta più violenta.

Disponibilità, senza tralasciare la professionalità

Essere disponibili e aperti al dialogo e all’ascolto sono sicuramente qualità che concorrono alla buona riuscita della squadra sul posto di lavoro. Ma ciò non toglie che occorra anche professionalità, anche quando dobbiamo aiutare un dipendente che sta attraversando un momento difficile e ha bisogno di essere gestito in modo diverso dal solito.

Lo abbiamo detto poc’anzi e lo ripetiamo: vita privata e lavoro dovrebbero viaggiare su binari separati. Talvolta è difficile mantenere le giuste distanze, ma ciò non deve dare adito al dipendente di lasciarsi andare a comportamenti irrispettosi, prendendosi delle “licenze” fuori luogo con i colleghi o con lo stesso capo.

I toni si scaldano? Volano parole inopportune? Da leader non possiamo né dobbiamo perdere la calma, restando saldi e concentrati sul nostro ruolo. Occorre un dialogo costruttivo e mai distruttivo, anche quando dall’altra parte il nostro interlocutore ne mina l’equilibrio.

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