premier Mario Draghi agosto 2021

Perché il reddito di cittadinanza non va abolito

Nelle ultime settimane il reddito di cittadinanza è tornato sotto accusa: poco efficace contro la povertà, quasi inutile per il reinserimento lavorativo. Ma non ha senso eliminarlo, piuttosto occorre migliorarlo

«Il concetto alla base del reddito di cittadinanza io lo condivido appieno». Le parole di Mario Draghi sono sempre essenziali. In risposta alle polemiche delle ultime settimane il presidente del Consiglio, ed ex governatore della Bce, ha fatto una semplice constatazione: ha poco senso parlare di eliminazione di una misura che, in forme simili, esiste come strumento dello Stato sociale in diversi Paesi d’Europa. Questo, naturalmente, non significa che non possa essere riformato per consentirne la massima efficacia. Anzi.

Quanto “costa” il reddito di cittadinanza

Per il reddito di cittadinanza, in vigore dal 2019, vengono spesi circa 9 miliardi di euro all’anno con 2 obiettivi: sostegno anti-povertà e sussidio complementare all’attività lavorativa. Ma i numeri ci dicono che finora ha spesso sbagliato bersaglio: in un recente report, Ferdinando De Nicola del Centro studi e ricerche dell’Inps conclude che lo percepiscono molte persone che non ne hanno diritto e che non raggiunge l’80% dei poveri relativi. Responsabili del primo punto critico sono non solo gli evasori fiscali, ma anche quelli che lavorano in nero o sfruttano i bachi amministrativi, per esempio approfittando del fatto che i membri di una famiglia convivente spostino la residenza in case diverse e percepiscano più di un sussidio. Il secondo deriva dai requisiti di accesso, troppo stringenti per gli extracomunitari e troppo penalizzanti per le famiglie numerose: le 2 categorie dove si registrano i più alti livelli di povertà.

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Il disincentivo a lavorare è massimo

Se il reddito di cittadinanza non funziona come strumento di contrasto alla povertà, neppure pare ben congegnato per fare da sussidio complementare: lasciando perdere l’assenza di vere politiche di reinserimento, c’è il problema che ogni euro guadagnato lavorando spazza via 1 euro di sussidio. In questo modo, il disincentivo a lavorare è massimo. In Paesi come la Francia, invece, il sussidio dello Stato e lo stipendio si accumulano: quando una persona trova un impiego, per 1 euro guadagnato al lavoro si percepiscono anche 62 centesimi di sussidio in più.

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Il reddito di cittadinanza non va abolito ma migliorato

Ecco dunque il senso delle parole di Draghi: non bisogna cancellare il reddito quanto migliorarne le caratteristiche, non disdegnando una sperimentazione scientifica che consenta poi di valutarne l’efficacia. Qualche modesta proposta per intervenire: un assegno che arrivi alla maggioranza dei poveri e non più a una piccola parte, magari con un importo base individuale ridotto (oggi l’assegno massimo è di 9.360 euro annui) e con criteri che non penalizzino le famiglie numerose; rigore nelle regole di accesso e nei controlli; riduzione di quello descritto prima come disincentivo a lavorare, consentendo alle persone di poter accumulare reddito di cittadinanza e stipendio da lavoro.

L’AUTORE DI QUESTO ARTICOLO
Luciano Canova insegna Economia Comportamentale al master della Scuola Enrico Mattei. Il suo ultimo saggio è Favolosa economia (HarperCollins).

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