5 squali che vivono nelle acque Italiane

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1/6 – Introduzione

Gli squali sono ritenuti tra i pesci più pericolosi e non godono di una particolare simpatia nella cultura occidentale. Si stimano 500 specie viventi di squali in tutto il mondo, ma un quarto di questi è a seria minaccia di estinzione. Nel Mediterraneo esistono sono una piccola realtà rispetto alla varietà di esemplari che nuotano nelle acque globali, tuttavia sono presenti e i loro avvistamenti sono sempre più frequenti.
studi recenti classificano 45 specie di squali nel Mediterraneo, i quali vivono sia in zone costiere di bassa profondità che in aree più pelagiche a batimetria più profonda. Tuttavia solo 15 sono definite potenzialmente pericolose per l’uomo. Anche lungo le coste italiane, ad insaputa della maggior parte della popolazione, vivono diverse specie di squali. Questi ultimi scelgono le acque del nord-Adriatico per partorire i loro piccoli, dato l’ambiente ricco di cibo e povero di predatori. Contrariamente a quanto si possa pensare, nessuno degli squali schedati costituisce un pericolo per i bagnanti e per il godimento turistico, ma solo un grande patrimonio da salvaguardare. Questi animali, infatti si stanno riducendo sempre più a causa dell’impatto umano. Escludendo esemplari “di passaggio”, 5 sono gli squali maggiormente presenti nei mari italiani.

2/6 – Grande squalo bianco (Carcharodon carcharias)

Il temuto squalo bianco presente principalmente in Sudafrica, Australia e coste occidentali del Pacifico, è comunque una creatura cosmopolita che vive anche nel Mar Mediterraneo, dove è stato protagonista di alcuni attacchi mortali, come quello al sfortunato subacqueo toscano. In Italia viene avvistato soprattutto nell’area compresa nel canale di Sicilia, Malta e Tunisia, dove i biologi marini ritengono vi sia un sito di riproduzione, una specie di “nursery”, dove i grandi bianchi si riproducono. Quelli avvistati in Sicilia, infatti, sono giovani esemplari.
A differenza di altre specie di squalo, il grande bianco è a sangue caldo, anche se non mantiene costante la temperatura corporea e deve mangiare molta carne per essere in grado di regolare la sua temperatura. Lo squalo bianco è il predatore per eccellenza e la specie più temuta in assoluto, non solo perché ad essa vengono attribuiti circa il 30 percento degli attacchi totali, ma anche a causa della pessima (e ingiustificata) reputazione affibbiatagli dal film “Lo squalo”. Essi nuotano fino a 24 km/h, pesano 2 tonnellate e crescono fino a una lunghezza di 4,5 metri, anche se sono stati scoperti esemplari anche di 9 metri. Lo squalo bianco, nonostante la sua stazza massiccia, è in grado di compiere spettacolari evoluzioni. Il cosiddetto “breaching”, comportamento tipico dei cetacei, consiste nel compiere salti e acrobazie fuori dall’acqua.
Questo animale attacca principalmente surfisti che scambia per le proprie prede naturali, ovvero tartarughe marine e foche. Sembra tuttavia che l’uomo non sia di suo particolare gradimento, dato che dopo il primo morso di “assaggio” spesso non torna per divorare la vittima, probabilmente a causa della nostra carne poco ricca di grassi.

3/6 – Verdesca (Prionace glauca)

Tra tutti gli squali nel Mediterraneo, la verdesca, o squalo azzurro, è una delle specie più prolifiche nelle nostre acque, in particolare nell’Adriatico. Le dimensioni medie degli esemplari adulti si aggirano sui 2 metri, tuttavia quelli più grandi possono superare i 3,5 metri. Si tratta di un pesce pelagico, ovvero che nuota in mare aperto, e poiché in queste acque la disponibilità di cibo non è sempre abbondante, spesso viene attratto dagli intrusi, come i subacquei. La specie è famosa soprattutto per gli attacchi ai sopravvissuti di disastri aerei e naufragi. Rispetto ad alcuni suoi simili non è pericoloso, ma attacca solo se spaventato. Si tratta di una specie a rischio estinzione a causa delle sue pinne, pietanza base di alcune ricette orientali, complessivamente negli ultimi 30 anni si è riscontrato un declino maggiore del 30%, si stima che ogni anno vengano uccisi dall’uomo almeno fino ai 20 milioni di esemplari, e per questo motivo la specie viene classificata Vulnerabile (VU).

4/6 – Squalo elefante (Cetorhinus maximu)

Questo è il secondo pesce esistente più grande al mondo, dopo lo squalo balena. Ma lo squalo elefante è tanto grande quanto innocuo. Comunemente raggiunge i 9 metri di lunghezza, ma sono stati avvistati diversi esemplari anche di 12 metri, per un peso che può arrivare alle 10 tonnellate. Non è un predatore e non è aggressivo, essendo planctivoro, per nutrirsi si serve di numerosissimi filamenti chiamati branchicteni situati sugli archi branchiali la cui funzione è quella di filtrare l’acqua marina per fermare il plancton, può filtrare più di 1800 tonnellate di acqua all’ora. Solitario ed elusivo, è stato inserito nella Lista Rossa delle specie a rischio di estinzione dell’IUCN. Questo a causa di una “gestazione” più lunga di quella di qualsiasi altro pesce o mammifero, unita alla pesca intensiva (e accidentale), che, sebbene vietata in diversi paesi, viene praticata per la ricca quantità di olio che si può estrarre dal suo fegato La specie non è minacciata in forma diretta e le catture come bycatch coinvolgono solo pochi individui l’anno. Appare solo in alcuni periodi e in alcune zone, ultimamente spesso in Sardegna. Circa 2000 gli avvistamenti in Adriatico negli ultimi 50 anni. Mancano dati a sufficienza per definire il trend della popolazione ed essendo una specie protetta è assolutamente prioritario raccogliere dati per definire il suo status. Per queste ragioni, al momento, la specie viene valutata Carente di Dati (DD).

5/6 – Squalo volpe (Alopias vulpinus)

Lungo fino a 6 metri per la sua peculiare pinna caudale, per un peso di 230–250 kg, lo squalo volpe generalmente non rappresenta una minaccia per l’uomo, ma è prontissimo a difendersi con vigore nel caso venisse molestato o preso all’amo. Oltre ai morsi, di questo squalo sono temuti soprattutto i colpi con la poderosa coda, che l’animale utilizza per stordire e sopraffare le prede, in grado letteralmente di frantumare le ossa. Ad oggi si registra un solo caso ufficiale di attacco contro l’uomo e alcuni indirizzati verso pescherecci, tuttavia si ritiene che un esemplare possa essere responsabile della decapitazione di un subacqueo americano, colpito alla testa dalla sua micidiale pinna caudale. Secondo gli indici di abbondanza, la specie ha subito un declino maggiore dell’80% nelle ultime tre generazioni. In particolar modo il declino è stato riscontrato per il Mar Ionio e per il Mar Adriatico. Pertanto è una specie che viene valutata in Pericolo Critico (CR).

6/6 – Spinarolo (Squalus acanthias)

Lo spinarolo è un pesce lento nel nuotare, il suo nome è dovuto alle due pinne dorsali spinate, che vengono usate a scopo difensivo per infliggere dolorose ferite. Le dimensioni oscillano tra 1 metro ed un 1,60 metri. Il suo habitat ideale risiede sui fondali di solito non oltre i 200 metri, tuttavia scende eccezionalmente fino a 1500 metri, normalmente a temperature pari e inferiori a 15 °C. È una specie diffusa nelle zone costiere dei mari temperati, come il Mar Adriatico. Lo spinarolo viene pescato come cibo alimentare e la carne viene consumata principalmente in Inghilterra, Francia, Benelux e Germania. Le pinne e le code vengono utilizzate nelle versioni meno costose della zuppa di pinne di squalo nella cucina cinese. Inoltre, viene utilizzato come fertilizzante, come olio di fegato, e come alimenti per animali domestici.
Un tempo, era la specie di squalo più abbondante nel mondo, ad oggi le popolazioni di spinaroli sono diminuite in modo rilevante. Campagne di ricerca scientifica in Adriatico hanno evidenziato un declino nelle catture, e si sospetta un declino della popolazione maggiore dell’80%. Pertanto, sono stati classificati nella Lista Rossa dell’IUCN delle specie minacciate globalmente Vulnerabili e quasi in pericolo di estinzione nell’Atlantico nord-orientale. Risultato diretto della pesca eccessiva per la fornitura del nord Europa di questo pesce come alimento.
Nonostante questi dati allarmanti, sono in atto pochissime misure di gestione o di conservazione del genere.

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