Figli e identità sessuale

Non bastano i compagni. Capita addirittura che un prof prenda di mira un suo alunno dicendogli, davanti alla classe, che l’omosessualità è “una brutta malattia”. E, alla reazione del 14enne, arrivi a colpirlo con calci e pugni. È accaduto lo scorso novembre in una prima superiore in provincia di Perugia. Un fatto gravissimo. Che ha portato a un’indagine del ministro dell’Istruzione.

Purtroppo, però, è solo la punta di un iceberg: per un ragazzino dall’identità sessuale ancora incerta la vita può essere durissima. Preso in giro dai bulli della scuola, bollato come “diverso” dai compagni cresciuti in famiglie con tendenze omofobe. Una situazione così pesante da spingerlo a dichiarare scelte in campo sessuale che non corrispondono a verità.

Identità sessuale: come aiutare tuo figlio se si sente diverso

  • 09 02 2015

Omosessualità: un tema su cui un ragazzino va protetto e ascoltato. Da genitori e insegnanti che non devono sbagliare

Educare i propri figli fin da piccoli al rispetto e all’accettazione delle diversità li renderà degli adolescenti più sicuri si se e liberi da pericolosi pregiudizi

Per i genitori che hanno bisogno di aiuto, ci sono l’Agedo, Associazione genitori di omosessuali e il numero verde Gay Help Line 800713713 dell’Arcigay di Roma

Adolescenti e identità sessuale

«La novità di questi ultimi anni è l’incredibile numero di adolescenti che si dichiarao bisex. Non è vero ma, così, ottengono un rispettoso silenzio da parte di amici e coetanei» spiega Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e psicanalista, responsabile del Consultorio adolescenti Minotauro di Milano.

«Altri, invece, reagiscono all’opposto: già a 13-14 anni dicono a tutti di essere gay per dare un taglio netto a domande imbrarazzanti e a sospetti. Solo che questo avviene un po’ troppo in anticipo rispetto ai tempi naturali della crescita».

Vediamo, allora, come i genitori possono aiutare il figlio in un momento così delicato.

Omosessualità: come affrontarla a casa

«Le famiglie italiane non sono certo più quelle di 20-30 anni fa. Oggi i genitori sono mediamente più disponibili a riconoscere e accettare l’omosessualità dei propri figli. O anche, semplicemente, dei comportamenti “ambigui”» osserva Filippo Sani, counselor e orientatore nello staff del Centro psicopedagogico per l’educazione di Piacenza.

«Pochi mesi fa, per esempio, una mamma mi ha chiesto: “Come devo comportarmi con mio figlio di 3 anni che vuole vestirsi da bambina per andare alla materna?”. Il mio primo pensiero è stato che, a quell’età, i bambini non si giudicano ma, allo stesso tempo, vanno protetti. Il consiglio, quindi, è stato di spiegare al piccolo che non c’è niente di male nel vestirsi in quel modo ma che è meglio farlo solo a casa».

E quando i figli sono più grandi? Secondo l’esperto, è importante che arrivino all’adolescenza con le “spalle larghe”, vale a dire con un’identità di sé sufficientemente solida da reggere l’eventuale ostilità da parte degli altri. «Un risultato che si raggiunge se i genitori, di comune accordo, hanno lavorato bene sul fronte dell’educazione “emotiva”. Cioè se, fin dall’infanzia, hanno ascoltato i figli, stimolandoli a parlare delle loro emozioni senza giudicarli. In questo caso diventeranno ragazzini forti, capaci di affrontare i commenti degli altri».

Ma non in tutte le famiglie c’è questa abitudine al dialogo. E molti adulti, anche di mentalità aperta, vanno in crisi di fronte al pensiero di avere un figlio omosessuale. Per di più, fin dalla preadolescenza, i ragazzi cominciano ad avere i loro segreti: dialogare con loro diventa, via via, più difficile. «È giusto così ma, allo stesso tempo, mamma e papà non devono fare finta di niente. È importante che, prima di tutto, ne parlino tra di loro. Poi, se dovessero accorgersi che il ragazzo è in difficoltà, il consiglio è di farsi aiutare da un esperto» suggerisce la psicologa Daniela Bavestrello.

La scuola affronta il tema dell'identità sessuale

Anche se in famiglia il ragazzino si sente ascoltato e compreso, i suoi problemi non sono finiti. «Durante l’adolescenza, la ricerca dell’identità sessuale è un’esperienza di trasformazione travolgente che si condivide con il gruppo, all’interno del quale ogni elemento di perturbazione e diversità è visto come un pericolo» spiega Filippo Sani.

«Chi ha  orientamenti dissonanti, inevitabilmente viene preso di mira. Non si tratta di crudeltà. È che, a quell’età, ci si sente più forti e sicuri se tutti gli amici seguono lo stesso codice di comportamento: la diversità spaventa e si cerca di isolarla». Si possono così alimentare episodi di bullismo di ogni tipo. A questo punto mamma e papà hanno il dovere di parlarne con i professori e il dirigente scolastico. Suggerendo loro di avviare un corso di educazione all’affettività. Molte scuole li hanno proposti con successo. Perché, in quel contesto, i ragazzi sono liberi di chiedere cose che non domanderebbero mai ai genitori. E possono riflettere sulla complessità della dimensione sentimentale e sessuale.

«Se la classe viene aiutata a ragionare sull’ABC dei sentimenti e a misurarsi seriamente e senza pregiudizi con le diverse espressioni della sessualità maschile e femminile, via via nel gruppo spariranno i comportamenti discriminanti» conclude Filippo Sani. «Anzi, i ragazzi diventeranno i primi alleati del compagno che ha dichiarato la sua omosessualità se qualcuno dovesse prenderlo di mira».

Figli e omosessualità: una mamma racconta

«Ne avevamo già qualche sentore, anche se dire quale non saprei. Ma l’abbiamo capito davvero quando si è innamorata la prima volta, a 17 anni: avevamo ospitato una sua amica coetanea d’estate e, al momento della partenza, la sua sofferenza per il distacco era inequivocabile, si trattava d’amore» racconta Gianfranca Saracino, 63 anni, mamma di due gemelle oggi di 36 anni.»

«La certezza l’ho avuta trovando una pagina di quaderno aperto sul letto: a quel punto ci è preso il panico, le siamo piombati addosso senza delicatezza, chiesto se fosse gay e preteso che interrompesse i contatti con questa ragazza. Così l’abbiamo ferita, mandandola in crisi. L’errore più grande è stato non ascoltarla, concentrarci sul nostro disagio e sulle nostre paure pensando di aver sbagliato qualcosa, temendo il giudizio degli altri. Abbiamo scoperto di non essere così aperti come pensavamo, ci siamo trovati fragili e incompetenti.Poi abbiamo trovato l’Agedo, l’Associazione genitori di omosessuali e abbiamo recuperato il rapporto con nostra figlia».

«Rispetto a 20 anni fa, molto è cambiato: oggi andiamo nelle scuole a raccontare la nostra storia, insieme a docenti, esperti e testimoni. I professori hanno una responsabilità enorme, in classe ci sono omosessuali ed è giusto e necessario fare informazione. C’è chi pensa che discuterne equivalga a condizionare l’orientamento e l’identità di chi ascolta. Grossa bugia. È come se parlare di mancini o neri facesse diventare tutti mancini o neri. Un’assurdità».

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