Basta compiti!

Secondo l’ultima indagine Ocse (l’Organismo internazionale di studi economici) quelli che hanno il carico maggiore di compiti a casa sono gli studenti italiani. Nove ore a settimana contro 4 dell’Inghilterra o 3 della Finlandia (che, comunque, è al primo posto per livello di istruzione).

In Francia, poi, i compiti sono stati addirittura aboliti: si fanno in classe, al pomeriggio, durante una cortissima settimana scolastica (4 giorni e mezzo). E il rendimento dei ragazzi non ne risente. Così anche da noi sono iniziate le proteste.

Ed è nato addirittura un movimento dal nome eloquente di Basta compiti!, che sta promuovendo una petizione ad hoc su change.org. A lamentarsi, oltre agli studenti, sono proprio i genitori: dicono che si sentono ostaggio di questa incombenza, che il poco tempo libero lo passano alla scrivania dei figli e che, nel weekend, è tutto un richiamare i ragazzi, controllare i quaderni, interrogare.

Come sopravvivere ai (troppi) compiti a casa

  • 10 02 2015

Usciti da scuola i nostri figli devono rimettersi sui libri più a lungo di tutti gli altri ragazzi europei. A lamentarsene sono soprattutto i genitori, ostaggio di weekend pieni di lezioni ed esercizi. Ma la via d’uscita c’è

Italia: 9 ore alla settimana; Inghilterra: 4 ore; Francia: 0 ore. Secondo la ricerca Ocse, i nostri ragazzi studiano il triplo dei coreani. Eppure, nelle materie scientifiche, gli orientali detengono le migliori performance.

Un altro “incubo” per le famigli italiane: i compiti delle vacanze!

Le mamme sono costantemente alle prese con il tentativo di conciliare le esigenze dei figli, che le vorrebbero sempre a disposizione, con il diritto e la necessità di avere, ogni tanto, uno spazio per loro stesse

Anche i genitori si lamentano: basta compiti!

«Il punto cruciale è proprio questo: i compiti sono diventati un (maledetto) affare di famiglia» commenta Paolo Ragusa, pedagogista, formatore e autore del saggio La scuola che ci serve (Lir Edizioni) .

Ed Emanuela Confalonieri, professore associato in Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università Cattolica, aggiunge: «Basta partecipare a un gruppo classe su Whatsapp già dalle elementari. Si finirà per ricevere fino a 20 messaggi al giorno di genitori ossessionati dalle più svariate questioni: da quale quaderno serve per matematica a quante pagine di storia vanno studiate. Forse, al di là delle riflessioni da fare sul carico di lavoro degli studenti, occorre adottare delle strategie nuove che permettano a mamma e papà di contenere questo aspetto della vita famigliare. Per renderlo più leggero e sostenibile».

Non demonizzare lo studio: così abbassi l’ansia

«I compiti non sono inutili: lavorando a casa, da solo, il ragazzo fa pratica e mette ordine tra le informazioni che ha accumulato a scuola»spiega Paolo Ragusa. «Gli è richiesto un po’ di sforzo, è ovvio, ma è l’unico modo che ha per riorganizzare il sapere e appropriarsene».

In famiglia, quindi, i compiti non vanno vissuti come una punizione: se l’atteggiamento dei genitori è positivo, i figli li affronteranno meglio. «Del resto per imparare qualcosa bisogna sempre allenarsi. Vale per lo sport e per la musica come per la matematica o l’inglese. Non dimentichiamo che, oggi, bambini e ragazzi hanno una soglia di attenzione bassissima. Se non sono costretti a un lavoro di rinforzo, quindi, rischiano di perdere tutto».

Il giusto tempo per i compiti: come organizzarsi

«È importante che in casa lo studente possa lavorare con tranquillità in camera sua» continua Paolo Ragusa. «Non può fare i compiti su un tavolo disordinato, con la tivù accesa, il fratellino piangente e il telefonino a portata di mano.

Quello è il momento di disconnettersi da compagni, musica e videogiochi. Altrimenti finisce che i compiti vengono trascinati per ore, fin dopo cena». Invece devono avere un inizio e una fine.

In media, mezz’ora al giorno alle elementari, un’ora alle medie, da due a tre alle superiori.

Non sostituirti all’insegnante: lascia i figli liberi di sbagliare

A volte la collaborazione di mamma e papà è molto preziosa. «Succede quando si devono studiare argomenti come le tabelline o i verbi» commenta Paolo Ragusa. «Ma l’intervento dei genitori dovrebbe finire lì.

Il tema è pieno di errori? Non bisogna correggerli altrimenti l’insegnante non saprà su cosa occorre lavorare di più». Sedersi accanto al figlio, invece, può essere utile quando il bambino ha un atteggiamento ostile e si rifiuta di fare del tutto i compiti assegnati. «In genere questa chiusura è il sintomo di un problema» suggerisce Emanuela Confalonieri. «È impegno dei genitori capire di cosa si tratta. Ma, nel frattempo, mettersi alla scrivania e affrontare il lavoro insieme è un modo per dargli una spinta.

Non deve però diventare un’abitudine: via via, occorre lasciare che il bambino lavori, al meglio delle sue possibilità, in autonomia».

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