Dopo il caso del piccolo Enea, affidato lo scorso aprile alla culla per la vita del Policlinico di Milano, un caso analogo si è verificato oggi a Bergamo.

Protagoniste una mamma e la sua bimba, lasciata alla culla per la vita della croce rossa collocata nel quartiere di Longuelo, e poi affidata ai medici dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII. La notizia, anticipata da Bergamonews, è stata successivamente confermata da fonti ospedaliere.

La lettera della mamma: “Le auguro tutto il bene e la felicità”

La piccola è stata lasciata da una donna, con tutta probabilità la madre, accompagnata da un bigliettino: “Nata stamattina 3/05/2023. A casa solo io e lei (come in questi 9 mesi). Non posso, ma le auguro tutto il bene e la felicità del mondo. Vi affido un pezzo importante della mia vita, che sicuramente non dimenticherò mai“.

Il biglietto scritto in un secondo momento

“Mi hanno telefonato dal centralino mentre rientravo a Bergamo e piangevano tutte – racconta al Corriere della Sera Maurizio Bonomi, presidente della Croce Rossa del comitato di Bergamo – . È stata un’emozione fortissima, come emoziona il messaggio d’amore che la mamma ha lasciato in un secondo momento, dal quale traspare veramente tutta la consapevolezza di non potere dare un futuro alla bimba. Noi speriamo attraverso la Culla di averle offerto l’opportunità di una vita migliore”.

Culla per la vita a Milano

La bambina sta bene

La neonata, chiamata Noemi, pesa 2,9 chili ed è in buone condizioni di salute. Sarà comunque sottoposta a ulteriori accertamenti e segnalata al Tribunale dei minori per il seguito di competenza.

Culla per la vita, prima volta a Bergamo

A Bergamo è la prima volta che si attiva la culla per la vita, inizialmente posizionata nei pressi del monastero Matris Domini in centro città e poi spostata a Longuelo, nei pressi della Croce Rossa. La culla è riscaldata in inverno e e rinfrescata d’estata. Collegata a un sensore, consente di allertare il 118 e trasferire il neonato all’Ospedale di Bergamo.

L’Asst Papa Giovanni XXIII ricorda che le donne hanno il diritto di partorire in sicurezza e in anonimato in ospedale: la partoriente può infatti richiedere ai medici dell’ospedale di non essere menzionata nel certificato di nascita.