Cannabis light, il boom dopo la pandemia

Durante il lockdown è più che raddoppiata la vendita online di infiorescenze, oli e tisane che hanno proprietà rilassanti senza principi attivi droganti, e perciò sono legali. Ma, per superare i tabù, servono norme precise

Uno dei pochi mercati che il lockdown non ha messo in crisi è quello della cannabis. O meglio, della cannabis light e del cannabidiolo o cbd, la sostanza naturale dall’effetto rilassante, analgesico e antinfiammatorio (ma non drogante) contenuta nelle sue infiorescenze. Con la chiusura dei negozi e il blocco del mercato nero causa pandemia, le vendite online di prodotti legali a base di cbd sono schizzate. Il sito di Flower Farm, uno dei leader europei, ha registrato in 4 mesi lo stesso fatturato di tutto il 2019; myhempire.it, che commercializza erba made in Puglia, ha venduto il +420% e così tanti altri. Un mercato dall’enorme potenziale che in Italia, però, stenta a decollare, stretto nella morsa fra il tabù atavico che non si schioda dall’equazione “cannabis uguale sballo” e l’enorme buco legislativo. Che sia toccato al Covid dare la spinta decisiva?

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Cosa dice la legge

L’unica legge di riferimento è la 242 del 2016: consente la coltivazione, ma non la commercializzazione, delle infiorescenze di cannabis light e dei prodotti derivati per il consumo ludico e ricreativo. Questa norma ha lasciato libera interpretazione ai giudici e, rimanendo nel generico, ha permesso comunque la vendita con diciture fantasiose come “prodotto da collezione”. A maggio dello scorso anno, una sentenza della Cassazione ha bloccato la vendita della cannabis con thc inferiore allo 0,6% (il limite di tolleranza fissato dalla legge per definirla “light”) e fatto chiudere tanti produttori e negozi. A novembre, un’altra sentenza ha precisato che la commercializzazione dei prodotti a base di cbd è consentita purché “privi di efficacia drogante”. Una definizione generica che lascia ancora spazio a tanti sequestri.

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La conoscenza è aumentata

È aumentata l’informazione e diminuita la diffidenza. Le ragioni del boom di infiorescenze, oli e cristalli a base di cannabidiolo per uso ricreativo (per decotti, tisane, gocce sublinguali, e non solo fumo, che è comunque combustione e quindi dannoso) sono tante e la chiusura dei negozi o del mercato nero c’entra fino a un certo punto. «Le ricerche sugli effetti della cannabis light sono in aumento e la gente adesso è più informata. Sa che se il cbd è presente in concentrazioni alte – mentre il thc, la sostanza con effetti psicotropi, è vicino a zero – il prodotto è non solo legale ma anche benefico » spiegano da Federcanapa, l’associazione dei produttori. «È un rilassante del tutto naturale, che in un periodo di grande stress e tensioni collettive come quello appena trascorso è stato utile a tanti».

L’uso in campo medico

Persino a medici e infermieri in prima linea nei reparti di rianimazione, come ha constatato Olimpia Dubbini, 27 anni, cofondatrice di Weedbase, società agricola bergamasca che da 3 anni produce a Sanremo in regime biologico e in serre aperte, e distribuisce alle tabaccherie infiorescenze e oli ad alto contenuto di cbd: «Abbiamo vissuto il dramma della nostra provincia e volevamo dare una mano, così abbiamo donato i nostri prodotti agli staff ospedalieri. Tanti infermieri e medici ci raccontavano che dopo 12 ore in corsia, a contatto con la morte, non riuscivano a riposare ed erano tormentati dagli incubi. Siamo partiti con l’ospedale di Seriate, poi con quello di Alzano Lombardo, infine con il passaparola hanno cominciato a chiamarci da altri ospedali, persino da Nizza».

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Si cerca l’effetto rilassante

I clienti vogliono allentare la tensione, non cercano lo “sballo”. Anche tanti consumatori che prima si rifornivano dal mercato illegale adesso sono passati alla light. «E, dalle nostre analisi sui nuovi clienti, almeno l’80% non intende tornare indietro» assicura Massimo Fabbri, cofondatore di Flower Farm, azienda che coltiva dalla Lombardia alla Puglia, ha una rete di negozi tra Italia e Spagna e ha lanciato una campagna su CrowdFundMe per ampliare la produzione e aprire nuove sedi in Germania. Lo conferma Gianni (nome di fantasia perché il tabù resiste ancora), 47 anni, manager di una grande azienda del settore immobiliare. «Il profumo, il sapore e il rituale sono identici, l’effetto rilassante a livello muscolare e mentale pure. Ma non ho gli effetti collaterali della classica “canna”: occhi rossi, palpitazioni, gola secca, difficoltà a riprendere il ritmo al mattino. A me non serve lo sballo, ma solo il relax e la possibilità di staccare la spina e sciogliere le tensioni». Il target della cannabis light infatti è over 35. «Tra i nostri clienti ci sono anche professionisti, docenti universitari, ingegneri e avvocati» continua Massimo. «Una volta in uno dei nostri negozi ho servito un giovane magistrato. “Meno male che avete aperto” ci disse. “Vi immaginate se mi trovassero al parchetto?”». Occorre colmare un buco legislativo. Se consideriamo anche la produzione di canapa per l’industria, gli alimenti, la cosmesi e la farmacia, si apre un giro d’affari che oggi, secondo i dati di Mpg Consulting, organismo che aiuta enti e aziende a regolare il mercato, viaggia intorno ai 200 milioni di euro l’anno (150 solo da infiorescenze), ma che potenzialmente potrebbe arrivare a 500 milioni di euro nel giro di qualche anno. Altri analisti spingono le cifre fino a 3 volte tanto. «Il nostro Paese, soprattutto al Sud, ha le condizioni climatiche ideali per la coltivazione, abbiamo un grande vantaggio competitivo» spiega Beppe Croce, presidente di Federcanapa. «Ma mancano le regolamentazioni sul consumo e i controlli. Persino la Ue fa confusione sui limiti di thc consentiti e si arriva al paradosso dei sequestri ai fini del controllo che bloccano le produzioni e le vendite» continua Croce. «Altro limite è l’impossibilità di agire sulla genetica delle piante, che ci consentirebbe, come avviene in Nord Europa, di selezionare varietà con thc quasi nullo e cbd molto alto. Qui dobbiamo attenerci alle varietà consentite, difficili da migliorare. Questo scoraggia le piccole aziende e i giovani agricoltori che hanno scommesso nel settore: circa 12.000 persone per 3.000 aziende e mille negozi che chiedono solo regole chiare e coerenti».

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