Valeria BaldassarriFoto di Gabriele Galimberti

Valeria Baldassarri

Foto di Gabriele Galimberti

Negozi di abbigliamento: le buone idee per ripartire

  • 07 05 2020

Fare shopping deve essere soprattutto un’esperienza piacevole, da vivere senza stress. Lo sanno bene le proprietarie di boutique e negozi di abbigliamento che, a pochi giorni dalla riapertura dopo il lockdown, si preparano per offrire soluzioni nuove e sicure alle loro clienti

La fase 2 ha fissato al 18 maggio la data in cui i negozi di abbigliamento potranno alzare di nuovo le serrande. Lo slittamento nei tempi non aiuta il calo dei consumi nel settore: dopo due mesi il fatturato perso è pari a circa 2 miliardi di euro. Un buco nero che nel nostro Paese mette a rischio 103.000 punti vendita e 250.000 posti di lavoro (dati Confesercenti).

Secondo la Federazione Moda Italia – Confcommercio potrebbero essere 15.000 i negozi a non sopravvivere al coronavirus. «La forte sofferenza della piccola media impresa e dei cosiddetti negozi di vicinato è reale: forse si poteva pensare a una calendarizzazione delle aperture diversa Regione per Regione, permettendo una ripresa più ravvicinata in quelle che hanno una incidenza minore di casi di contagio» dice Fabio Tinti, presidente nazionale di Fismo Confesercenti, la Federazione italiana settore moda. «Al momento, invece, migliaia di attività produttive sono bloccate da settimane con migliaia di euro di merce che giace invenduta».

Il periodo del lockdown è coinciso con l’inizio delle vendite per la nuova stagione e l’interruzione delle attività produttive e commerciali ha interessato una lunga filiera che tocca i comparti del tessile, della moda, dell’abbigliamento. Il 12 marzo, data della chiusura degli esercizi commerciali, i saldi erano finiti da poco e le vetrine erano già allestite con le collezioni per la primavera estate. Come uscirne?

«È necessario per i commercianti stabilire nuove scadenze di pagamento con i fornitori, chiedere la merce in conto vendita e così cercare di superare questa che, oltre a essere una pandemia di natura sanitaria, lo è anche sul fronte economico. La nostra Federazione ha chiesto una revisione delle normative relative agli sconti, riteniamo pericoloso per tanti piccoli business partire con i ribassi già dal 7 luglio come previsto».

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Del resto, secondo i dati raccolti da Assirm, l’associazione che riunisce le maggiori aziende italiane che svolgono ricerche di mercato e sondaggi di opinione, il 48% degli italiani intervistati darà più valore all’attenzione alle norme igieniche di un negozio piuttosto che agli sconti e alle promozioni. Il 59% premierà chi limiterà gli ingressi secondo le norme stabilite.

«Si tornerà nei negozi mantenendo le distanze e rispettando il proprio turno. Gli imprenditori sono pronti a sanificare i locali e a seguire tutte le norme di legge. Questo per salvare i negozi di vicinato che sono presidi del territorio, danno vita a paesi e città e hanno una funzione sociale che non va assolutamente perduta» conclude Tinti.

Intanto ci sono imprenditrici del settore che ce la stanno mettendo tutta. E, anche durante il lockdown, hanno pensato strategie per rispondere ai nuovi bisogni e alle nuove esigenze di questo periodo. Qui tre belle storie a cui ispirarsi.

Mi sono inventata dirette Instagram in cui spiego tutto, anche come leggere le taglie dei vestiti

Valeria Baldassarri, 38 anni, titolare di Vernissa Boutique a Pesaro

«Ho un negozio nel centro storico di Pesaro in cui faccio tutto da sola: ordini, vetrine, vendita, amministrazione. In due giorni, dopo la chiusura, con l’aiuto del commercialista ho pagato le tasse dovute per cambiare codice all’attività e diventare negozio online. Non avevo una buona base di follower sui social, così ho deciso di aprire uno spazio online che mi corrispondesse, un gruppo privato su Facebook. Ho invitato le clienti a entrare mandando loro messaggi su WhatsApp e ora ho 550 persone che guardano i contenuti che posto. Realizzo video pensando di avere di fronte la cliente: mostro i prodotti che ho in negozio, tutti made in Italy con un ottimo rapporto qualità prezzo, spiego come usarli e abbinarli. Sono timida ma so che chi mi segue ha scelto di farlo e così mi lancio, spiego tutto, parlo di prezzi e materiali. Il messaggio più bello che ho ricevuto da una cliente è stato: “Mi sembra di essere lì, come se tutto fosse normale”. Con guanti, mascherina e ferro a vapore stiro gli abiti comperati, li igienizzo con uno spray professionale da lavanderia e li infilo nelle buste del corriere. Inserisco anche un biglietto scritto a mano in cui ringrazio per l’acquisto e per la fiducia dimostrata, aggiungo gli hashtag che mi sono inventata e che uso sui social. Su Instagram ho fatto dirette con esperti del settore e no: con l’attrice Francesca Valtorta, mia cliente, ho parlato di body shaming; una blogger mi ha aiutato a spiegare come leggere le taglie dei vestiti internazionali; la titolare di un brand italiano ha raccontato dove trova ispirazione per le sue collezioni. Il mio futuro? Non farò sconti ma offrirò più servizi, come consegne a domicilio in bicicletta, videocall private, ritiro degli acquisti anche a negozio chiuso».

Betty NguyenFoto di Gabriele Galimberti

Betty Nguyen

Foto di Gabriele Galimberti

Vendo online abiti su misura e sono diventata la personal shopper delle mie clienti

Betty Nguyen, 37 anni, ha il negozio sartoria Betty Concept a Brescia (bettyconcept.com).

«Sartoria, atelier, set fotografico per le mamme in attesa e per le famiglie, laboratorio creativo per bambini: il mio negozio è tutto questo e di più. Ho anche un servizio online per acquistare vestiti su misura che mi permette di lavorare in questi giorni di lockdown. Periodicamente chiamo le clienti per dire loro a che punto è l’ordine e mi sono inventata delle consulenze via Whereby e WhatsApp: le persone mi mostrano in video il contenuto del loro armadio e io do consigli per mixare quello che hanno già o per aggiungere un capo confezionato da me che si sposi con altri outfit. Il prezzo del servizio (49 euro) viene poi trasformato in un buono acquisto se si decide di comprare. Alle mie clienti mi rivolgo con gentilezza e sensibilità, Brescia è stata molto toccata dal coronavirus e c’è bisogno di misura nel rapportarsi agli altri. Su Instagram posto storie sulla mia vita quotidiana, racconto i problemi che abbiamo tutte soprattutto ora che in casa dobbiamo lavorare e intrattenere i bambini, e cerco di dare contenuti che siano utili per capire come fare abbinamenti giusti, come riconoscere un capo di qualità, come andare verso un consumo più consapevole. Sui social e di persona, in futuro spingerò su temi come la sostenibilità (compro stoffe italiane e rimanenze di magazzino, ho sarte e collaboratori a km 0, lavoro su ordinazione quindi non butto via niente), la non stagionalità (le mie creazioni sono pensate per durare a lungo), l’inclusione (ho un dipendente con la sindrome di Down, camerini adatti ai disabili, taglie per tutte le donne). Tante mi dicono: “È la prima volta che non mi sento giudicata per le mie forme” e per me questa è la soddisfazione più grande».

Proporrò box regalo con outfit già fatti e sto pensando di tenere aperto in orari insoliti, magari dopo cena

Tahereh Toluian, 50 anni, proprietaria di Spazio Nur a Milano

«Il mio è un salotto di quartiere dove le clienti passano anche solo per un saluto. Tutto qui è in vendita, dagli abiti ai mobili, i marchi sono italiani ed europei. Pochi giorni prima del lockdown avevo già deciso di chiudere e, poiché non ho social né ecommerce, già chiamavo le clienti e le artigiane con cui collaboro, molte delle quali in età critica per il coronavirus, per accertarmi che stessero bene. Ridurrò lo spazio vendita per non avere problemi con la doppia entrata e uscita, acquisterò macchinari per sanificare locali, abiti e accessori, farò entrare una cliente alla volta anche se è difficile immaginare che aspettino in fila fuori dal negozio. Chiederò agli artigiani che espongono le loro creazioni da me di fermarsi qualche giorno per permettere a più persone di vederle e, a seconda delle esigenze del pubblico, terrò aperto in orari insoliti, magari dopo cena. Sto pensando di offrire un servizio a domicilio con abiti e accessori selezionati ad hoc per la cliente che non dovrà sentirsi obbligata all’acquisto ma vivrà un’esperienza piacevole pensata per lei. Proporrò box regalo con outfit già fatti da consegnare in occasione di compleanni e anniversari (nel caso ci fossero altri lockdown). E poi voglio creare una capsule per lo smartworking con vestiti comodi ma eleganti, perfetti per le videochat di lavoro. Sono ottimista, le persone hanno sviluppato una sensibilità per i negozi di quartiere e per i piccoli imprenditori locali. Credo che in futuro saremo tutti più solidali».

Consigli utili per chi ha una attività commerciale

● A breve il ministero dello Sviluppo lancerà i prestiti per le imprese con meno di 9 dipendenti. Vengono concessi in media 5.000 euro a fondo perduto. Puoi investirli in una macchina a vapore, una lampada Uv o un generatore di ozono per sanificare ambienti e vestiti in vista della riapertura (www.mise.gov.it).

● Assirm ha rivelato come un italiano su 3 sta aspettando la fine dell’emergenza per comprare vestiti anziché farlo online. Organizzati: il 40% ha dichiarato di volere solo prodotti italiani come atto di sostegno dell’economia nazionale.

● Se, oltre ad avere un negozio, sei anche una stilista, candidati al programma di accelerazione QVC NEXT, rivolto a startup e piccole e medie imprese emergenti che esprimano, attraverso i loro prodotti, il miglior talento Made in Italy. Potrai lanciare il tuo prodotto a livello internazionale e usufruire di una rete distributiva (smau.it).

● Se stai pensando di vendere online trovi buoni consigli in E-commerce con meno di 1.000 euro di Andrea Benedet (Giunti) e Vendere su Amazon Fba
di Alfio Lopez (Amazon media). I.C.

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