Isabella Chiussi cuoca

Isabella Chiussi

Coronavirus: chef, osterie, pizzerie in gara di solidarietà

Hanno indossato la mascherina e si sono infilati il grembiule. Sono gli chef stellati, i patron di osterie, i proprietari di pizzerie che da Bergamo a Cagliari preparano pranzi e cene destinati al personale degli ospedali. Ecco quattro belle storie di solidarietà

È troppo presto per fare i conti, non ci sono ancora numeri che possano dare un’idea della macchina di solidarietà che si è messa in moto e che vede chef stellati, patron di osterie e pizzerie impegnati, da Nord a Sud, a dare una mano durante l’emergenza coronavirus. Ma una cosa è certa: nessuno si è tirato indietro. Chiusi per decreto i ristoranti, si continua a cucinare, nei propri locali o in trasferta.

Carlo Cracco si è messo ai fornelli per gli operai che stanno portando a termine, a Milano, il nuovo ospedale con i reparti di terapia intensiva nell’ex Fiera, al Portello. Franco Pepe, nella sua Caiazzo in provincia di Caserta, assicura un pasto caldo agli anziani delle case di riposo della zona e dona pizze ai clochard nei pressi della stazione. I pasticceri piemontesi e valdostani hanno raccolto l’idea di Simone Salerno, di Gassino Torinese, e tutte le mattine consegnano croissant e brioche nei presidi ospedalieri.

Noi qui abbiamo raccolto quattro storie che parlano di esperienze diverse, ma con un denominatore comune: la volontà di essere al fianco dei medici, degli infermieri e degli operatori sanitari impegnati a curare in condizioni eccezionali. Senza dimenticare chi, nel proprio quartiere o città, in questo momento è in difficoltà. E ha bisogno di ricevere cibo.

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Chicco Cerea

Spero di restituire a Bergamo quello che Bergamo ha dato alla mia famiglia

I Cerea a Bergamo sono un’istituzione e Bergamo è la città dove il coronavirus ha colpito duro, mettendo la città in ginocchio. Tolte le bandiere dell’Atalanta dai balconi, è calato un silenzio che ha amplificato senza sosta le sirene delle ambulanze. I cinque fratelli Cerea sono nati qui, una famiglia unita da sempre, che si è fatta strada a partire dal ristorante tre stelle Da Vittorio e oggi è conosciuta in tutto il mondo. «Ogni mattina, quando ti alzi, temi di ricevere una telefonata che ti annuncia la morte di una persona cara. Non puoi non agire di fronte a tutto questo dolore. Solo con il cuore, tutti insieme, riusciremo a superare un momento così terribile» dice lo chef Chicco Cerea.

A lui è stato affidato il compito di gestire la mensa del nuovo ospedale da campo per i malati di Covid realizzato a tempo record dagli Alpini alla Fiera di Bergamo. Al suo fianco, lavorano 15 persone con il compito di coordinare i rifornimenti e realizzare i pasti per i medici e gli infermieri: un centinaio le colazioni e i pranzi, un’ottantina le cene. «Speriamo di restituire alla città quello che Bergamo ci ha dato in tutti questi anni e sono felice che quasi tutti i miei dipendenti si siano resi disponibili a dare una mano».

Dalle sale del ristorante di famiglia allo spazio fieristico di via Lunga, il salto è grande: «Quando arrivi qui tutto ti appare surreale, c’è un silenzio in mensa al quale non si è abituati. E poi quelle distanze da mantenere fra le persone. Ma non ci sono solo io e la mia famiglia. Fondamentale, in questa operazione, è stato il lavoro di Corrado Leoni e Graziano Ferrari, socio e collaboratore, e i 700 produttori italiani che hanno messo a disposizione le cucine, i piatti monouso, i muletti, le materie prime come la pasta, il pesce o la carne di Chianina» conclude. Chicco Cerea non finisce di ringraziare per le scorte in magazzino. È infinita la generosità di chi ha aderito all’iniziativa e dei tanti che aspettano di essere contattati dopo essersi messi a disposizione. «Ognuno di loro è fondamentale, abbiamo appena iniziato. Mi creda, qui c’è da lavorare almeno fino a luglio».

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Luigi Pomata

Offro il piatto che inventò mio padre a chi oggi è senza lavoro e in difficoltà

Ognuno in momenti come questi così eccezionali ritorna con il pensiero a persone e affetti che hanno avuto un significato nella propria vita. Luigi Pomata, chef stellato del ristorante di Cagliari che porta il suo nome, il 19 marzo ha postato su Instagram una foto con Gualtiero Marchesi, uno dei suoi maestri. «Avrebbe compiuto 90 anni e, con quello scatto in cui lui appoggia una mano sulla mia spalla, avevo bisogno di ricordarlo e di dirgli che noi chef cuciniamo ancora anche se i ristoranti sono chiusi».

Nell’isola per fortuna la situazione non è critica come in altre zone d’Italia, ma ci sono persone disagiate che vivono abitualmente nel quartiere dove Luigi lavora. «Sono una decina, sono senza occupazione o hanno problemi familiari» spiega. «Li abbiamo sempre aiutati insieme ad altri nel corso dell’anno, perché il locale è proprio a due passi da quella che qui chiamiamo “piazzetta”, verso il porto, dove loro si ritrovano. Solo che prima c’erano più punti di riferimento, ora è tutto chiuso ed è diventato più difficile procurarsi da mangiare. Ecco perché tutti i giorni, quando realizzo le ricette da postare sui social, preparo molte più porzioni, in modo da lasciarle a loro per la cena. E così fanno anche i ragazzi della mia brigata, che vanno in piazzetta a portare frutta e verdura». Fra le ricette cucinate in queste settimane ci sono le Linguine alla Nicolo, un piatto storico del padre di Luigi, figlio di ristoratori e conosciuto come il re del tonno di Sardegna. È in carta dal 1973. Un bel modo di onorare la tradizione, che esce dal ristorante di via Regina Margherita per finire in piazzetta.

Isabella Chiussi cuoca


Isabella Chiussi

Mentre cucino sento che sto lavorando per chi fuori di qui sta lottando contro il virus

A Isabella Chiussi il premio ricevuto per aver vinto con la miglior ricetta antispreco il concorso promosso dalla rete RicibiAamo sembra risalire a una vita fa. Eppure era solo il febbraio scorso e tutto sembrava scorrere come sempre, lei in cucina e il marito Fabrizio in sala nell’Osteria Il Bersò a Sorbolo, in provincia di Parma. Ma l’emergenza coronavirus cambia tutto e arriva la telefonata di Andrea Nizzi, presidente di Parma Quality Restaurants, che riunisce una trentina di ristoratori: chi è disponibile a preparare e consegnare pasti caldi per gli operatori sanitari dell’Ospedale Maggiore di Parma?

«La solidarietà corre più veloce di quello che pensiamo ed eccomi qui a preparare la pasta con le verdure, l’arrosto con le patate o i piatti che avevo in menu» spiega. «È diverso rispetto a devolvere degli incassi, come avevo fatto in passato per il comune di Novi di Modena colpito dal terremoto o per un’associazione che aiuta le donne. Anche se sono qui da sola in cucina, sento che sto lavorando per la comunità, per quelli che fuori di qui stanno lottando».

Il calendario messo a punto è ferreo, gli chef si alternano per preparare tra i 70 e i 100 pasti da asporto destinati ai diversi reparti dell’ospedale. «Medici e infermieri ci scrivono e sperano di poter incontrare me e i miei colleghi seduti al tavolo» dice. Perché oggi, prima di tornare in corsia, è anche bello sognare di ordinare dei tortelli di melanzane all’aperto, sotto un bersò.

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Carlo Ricatto

La mia pizza è una parentesi di normalità per chi in corsia fa turni sovrumani

La pizza è uno dei piatti più amati dagli italiani e per molti è diventato il simbolo della vita di prima, prima del coronavirus. «Ho visto un’infermiera che stava lavorando da 21 ore mettersi a piangere alla vista della pizza che le avevo portato. Non smetteva di ringraziarmi per questa parentesi di normalità. Ho trascorso due giorni senza pensare ad altro».

A parlare così è Carlo Ricatto, il titolare di Bricks Pop Tapas e Pizza che, dopo aver chiuso il suo locale, è andato a donare pizze e mozzarelle di bufala all’Ospedale Amedeo di Savoia, a Torino. Dopo aver toccato con mano quello che poteva significare un gesto così semplice, ha lanciato l’idea della pizza sospesa: ogni volta che i clienti del suo locale fanno una donazione di 5 euro a Specchio dei Tempi, un’istituzione benefica, lui sforna una pizza per medici e infermieri, in una bella gara di solidarietà collettiva. Così quella di Bricks è diventata una cucina condivisa in cui ogni sera si alterna uno chef diverso. «Abbiamo coinvolto oltre 30 tra cuochi, pizzaioli e produttori. Ci sono i miei ragazzi, quelli di altri chef, senza contare gelatieri, pasticceri, sommelier e amici che si sono offerti per le consegne». Nei primi 20 giorni sono stati raccolti 13.000 euro. Anche una pizzeria nel cuore di Torino (è in pieno centro) può diventare il cuore pulsante di una catena di solidarietà.

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Donazioni e offerte

Sono tante le iniziative delle aziende italiane nella lotta contro l’emergenza coronavirus. Il Gruppo Orogel, con la Fondazione onlus Fruttadoro Orogel F.OR., si è impegnato a sostenere le strutture ospedaliere con una donazione di 800.000 euro. Una parte sarà donata all’Ospedale Maurizio Bufalini di Cesena per l’acquisto di attrezzature necessarie al reparto di terapia intensiva. Il resto è destinato alla Caritas di Cesena. Agli over 65 pensa invece Supermercato 24, il marketplace italiano della spesa online che, per tutto il mese di aprile, rinnova l’offerta a Milano della consegna gratuita della spesa a casa in giornata. È un’iniziativa in collaborazione con Coop Lombardia, Bennet, Md, Conad e Carrefour. Per utilizzarla basterà inserire il codice UNAMANOXMI e confermare la propria età.

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