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Influenza, arriva l’ondata ma pochi si vaccinano. Perché?

Arrivano i primi casi di influenza, ma in pochi si vaccinano, pure tra il personale sanitario. Colpa (anche) del movimento “No vax”. Ecco, invece, a chi è raccomandato

La forte ondata di maltempo che ha colpito l’Italia ha portato il primo, vero abbassamento delle temperature e con esso anche i primi casi di influenza: sono 125 mila gli italiani colpiti dalla classica malattia stagionale, 71 mila solo nell’ultima settimana di ottobre. Ancora pochi, rispetto ai picchi che tradizionalmente si registrano tra gennaio e febbraio, ma sufficienti a confermare la tendenza: sono ancora pochi coloro che ricorrono al vaccino antinfluenzale. “I motivi sono diversi: si va dalla diffidenza al timore di eventuali effetti collaterali, ma quello che preoccupa è che si sottovalutano i possibili effetti collaterali e le conseguenze indirette dell’influenza, che fa molte più vittime di quanto non si creda” spiega a Donna Moderna il dottor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano e Direttore sanitario dell’IRCCS Galeazzi di Milano

Di influenza si può morire

“Il vaccino antinfluenzale risente della stessa diffidenza che si nutre da qualche tempo a questa parte con il morbillo e altre malattie esantematiche: non si considera la reale gravità della malattia. Da un lato è vero che nella stragrande maggioranza dei casi può risolversi in modo semplice. Anche la quota di vittime per cause dirette lo scorso anno, che pure è stata una stagione “pesante”, si è aggirata sui 160 casi di decesso. Sono stati, invece 744 i casi gravi. Ma va tenuto presente che questa è solo la punta dell’iceberg, perché il vero problema è che l’influenza diventa elemento di facilitazione di complicanze in soggetti particolarmente a rischio, come chi ha insufficienza respiratoria. Per fare un esempio, non è tanto l’influenza in sé a uccidere, quanto la polmonite batterica a poter risultare pericolosa” spiega l’esperto virologo.

Ma perché tanta diffidenza?

“Una buona parte della diffidenza nei confronti dei vaccini ha a che fare con il concetto stesso di vaccinazione, osteggiato dai movimenti cosiddetti “No Vax”, che li considerano non sicuri per la salute. “A ciò si aggiunga anche la negatività che si era sviluppata ai tempi dell’allarme pandemia e dell’influenza aviaria, che ha minato la fiducia dei cittadini. Si ritiene, dunque, che si tratti di una malattia non grave, che i vaccini non siano sicuri e neppure troppo efficaci. Lo stesso vale quando si ha un peggioramento delle condizioni cardiache e respiratorie generali. Se si considerano, dunque, le conseguenze indirette, ecco che le vittime delle scorso anno sono balzate alla cifra di 8/9 mila: tutti decessi che rimandono nascosti rispetto alla causa primaria, che appunto è l’influenza”.

Ma è davvero così?

“Va chiarito che il vaccino non mette al riparo da sindromi parainfluenzali. Non è detto neppure che copra completamente: evita, però, l’80% di malattie legate al virus influenzale, mentre resta scoperta una quota del 20%. Aggiungiamo, però, che nel 50% dei casi riduce comunque la sintomatologia, quindi ha una sua efficacia” spiega il virologo.

Chi si dovrebbe vaccinare?

“Prima di tutto gli anziani, intesi come over 65. Ma anche il personale sanitario, che invece ricorre troppo poco al vaccino: solo nel 15% circa dei casi. Il vaccino è utile poi, se non indispensabile, a tutta la popolazione con problemi respiratori, reumatici, di immunodepressione, malati oncologici, ecc, dai 6 mesi in su. In generale in Italia sono 10 milioni coloro che si vaccinano, molti meno rispetto al numero ideale” dice Pregliasco.

E i costi?

“I costi, come visto, sono molto maggiori in caso di mancata copertura, per chi va incontro alla malattia e magari è già in una condizione di fragilità. Per chi si vuole vaccinare, invece, il costo è irrisorio: in farmacia si può acquistare a meno di 10 euro”.

Ben maggiori, invece, sono i costi in caso di malattia, come spiega ancora Fabrizio Pregliasco: “All’idea che l’influenza sia innocua, si aggiunge poi un discorso di ricadute in termini di costi: sia per chi si ammala, perché anche farmaci come il semplice paracetamolo hanno un costo diretto; sia per quanto riguarda l’aspetto lavorativo, con le assenze dovute alla malattia. Infine, ma non ultimo degli aspetti, c’è un aggravio di disagi per le famiglie, specie quando ad ammalarsi sono i bambini, sia per i genitori che devono stare a casa sia, se non possono, per pagare una baby sitter che lo faccia al posto loro – spiega l’esperto – In generale, si tratta di milioni di euro che sono spesi durante ogni stagione invernale, che comprendono anche i costi di ospedalizzazione, che aumentano tipicamente rispetto al periodo estivo o autunnale”.

I numeri

Quest’anno i dati indicano un aumento piuttosto repentino dei casi di influenza già a fine ottobre. Il valore dell’incidenza totale è pari a 1,17 casi per mille assistiti (dal 22 al 28 ottobre, mentre nella settimana precedente era a 0,91). I più colpiti sono i bambini: nella fascia d’età 0-4 anni si sale a 2,36 casi per mille assistiti.

Quanto alla distribuzione sul territorio, il maggior numero di casi di influenza a inizio stagione si registra in Abruzzo (3,63 casi per mille assistiti) e Lombardia (2,25). Va meglio, invece, in Veneto (0,26) e Campania (0,30).

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