Le scuole italiane senza compiti a casa

Aumenta il numero di scuole, elementari e medie, che non danno compiti. Ecco come si organizzano e perché

Con l’inizio dell’anno scolastico si riapre l’eterno dibattito: compiti sì o compiti no? La discussione, basta scorrere i commenti online, torna a infiammare, dividere, opporre. E qualcosa intanto si muove, nella direzione auspicata dal fronte abolizionista. Aumenta infatti il numero di scuole, elementari e medie, in cui si applicheranno modelli organizzativi e didattici che non prevedono compiti extra a casa.

Le scuole senza compiti, dalle elementari alle medie

Il progetto pilota, portato avanti nell’anno scolastico 2016/2017 in 34 classi elementari di Biella e provincia, sarà ripetuto dagli istituti “apripista” e replicato in altre primarie della cittadina piemontese (arrivando a un totale di 80 classi) e in 30 classi di scuole medie sempre del biellese e delle province di Milano, Trapani e Verbania. Ma guai a ridurre la questione solo ai compiti. Cinzia Sabatino, insegnante e referente locale della sperimentazione, tiene a spiegare: “L’abolizione o la riduzione dei compiti non è una premessa, ma la conseguenza di una diversa organizzazione dell’orario scolastico e del modello didattico applicato. C’è più tempo, in sintesi, per fare in classe le attività di consolidamento”.

Come sono organizzate le scuole senza compiti

“Parliamo di scuole a tempo pieno e modulari, con due o tre rientri pomeridiani. Le ore di lezioni non vengono più divise per materia, ma accorpate. Le maestre raggruppano in uno stesso periodo l’apprendimento di alcune discipline di studio, suddivise in tre cicli: letterario, scientifico, artistico. I primi due cicli si alternano ed il terzo li accompagna sempre, senza interruzione. Si scelgono gli argomenti da trattare e se ne sviluppa uno per volta, con questo approccio interdisciplinare. I compiti non ci sono più, però è un effetto della riorganizzazione e non una condizione di partenza o un’esigenza di mamme e papà”.

I “compiti” del weekend

In realtà ai piccoli studenti una sorta di “incarico” viene dato, a domicilio, per il weekend: “Devono raccontare ai genitori che cosa hanno fatto a scuola e che cosa hanno imparato nel corso della settimana. Lo possono fare mostrando quello che hanno preparato in classe: un video, delle foto, il diario di bordo, un librettino”.

La parola alla preside

La preside di una delle scuole pioniere, l’omnicomprensivo Biella 2, garantisce la bontà dei risultati, così come i docenti: “La riorganizzazione della didattica – dice la dirigente scolastica, Rita Vineis – va ben oltre l’argomento dei compiti, anche se posso capire che è la cosa che da lontano colpisce, oscurando tutto il resto. I risultati di questo lavoro complesso si vedono. I genitori sono soddisfatti, nei nostri bambini il livello di stress è sceso. Gli alunni imparano meglio e gli insegnanti, avendo più tempo in classe, lavorano ‘lentamente’. Così anche per loro lo stress di riduce”. “Quello cui puntiamo – rimarca Cinzia Sabatino – è il benessere dei piccoli, unito alla voglia di apprendere. Le attività svolte permettono la relazione tra pari e aumentano così lo star bene a scuola”.

Aumenta il numero di scuole senza compiti 

Continua sempre la referente biellese del sistema senza compiti. “La proposta di questa sperimentazione didattica, chiamata Modi, che sta per Migliorare l’organizzazione didattica, è arrivata dal nostro Ufficio scolastico di Biella a seguito della lettura di un articolo pedagogico sul tema. Tutti i dirigenti del territorio hanno accettato la proposta che ne è derivata, con la supervisione della direzione regionale. E il progetto è partito per 564 giovanissimi studenti, con 87 docenti e 33 insegnanti di sostegno. Ci siamo confrontati con colleghi e addetti ai lavori in convegni e incontri. Il numero di scuole interessate, e aderenti, sta aumentando e non solo nel nostro territorio”.

L’esperienza pilota è stata seguita da università di Roma, Salerno e Palermo. Da quest’anno scolastico la Cattolica di Milano farà un monitoraggio scientifico. “Il nostro contatto – racconta ancora Cinzia Sabatino – è un professore dell’ateneo, docente della facoltà di Scienze della Formazione e direttore del Centro studi e ricerche sulla disabilità e la marginalità. Nella prima fase saranno somministrati questionari a docenti e genitori. Poi, acquisite tutte le autorizzazioni necessarie, si dovrebbe passare all’osservazione diretta, in aula”.

Il fronte “contro” è soddisfatto

Il ministero dell’Istruzione, per ora, da Roma sta a guardare. Riparte invece alla carica Maurizio Parodi, il preside genovese che ha lanciato una petizione abolizionista (con 25mila sottoscrizioni) e ha fondato i gruppi Facebook “Basta compiti!” (con oltre 10mila iscritti) e “Docenti e dirigenti a compiti zero” (cui aderiscono oltre 500 tra insegnanti e dirigenti scolastici)”. “In tutte le scuole cosiddette dell’obbligo – incalza – qualsiasi insegnante può evitare i danni, psicologici, culturali e sociali, procurati dall’assegnazione dei compiti, e garantire il pieno esercizio del diritto al gioco, al tempo libero, alla serenità familiare, allo svolgimento di attività non meno formative di quelle scolastiche”.

I compiti a casa? “Follia pedagogica”

“Torno a segnalare –prosegue Parodi – la follia pedagogica dei compiti quotidiani e ‘per le vacanze’, assegnati persino ai bambini che frequentano classi a tempo pieno (dopo 8 ore di immobilità forzata e compressione psichica, in aule spesso anguste e sovraffollate). Si tratta di una forma di morboso accanimento (si rasenta la crudeltà mentale) che reclama l’intervento urgente del ministero dell’Istruzione, pur nel rispetto delle prerogative costituzionali dei singoli docenti e dell’autonomia degli istituti, e del ministero della Salute: in ballo c’è l’igiene fisica e mentale degli studenti, oltreché una patente violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione dei diritti fondamentali dell’infanzia e dell’adolescenza”.

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