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Autismo, le mamme e i papà raccontano

Chi ha un figlio autistico non si arrende mai. Perché sa che deve trovare il modo di interpretare le sue emozioni. Come succede in queste tre storie

Il 2 aprile 2016 si è celebrata la Giornata mondiale dell’autismo. In Italia sono 500.000 le famiglie che si confrontano ogni giorno con la difficoltà di crescere un figlio chiuso in un mondo tutto suo. «Non conta quanto riusciamo a entrare dentro questo universo, ma come lo facciamo: le persone con autismo sono estremamente sensibili, al punto che per loro una foglia che cade può avere l’impatto emotivo di un colloquio di lavoro per noi. E per aprirsi hanno bisogno di sentirsi accolte» spiega Paolo Aliata, responsabile del Centro terapeutico e riabilitativo di neuropsichiatria infantile per i disturbi dello sviluppo della Fondazione Piatti.

«I genitori, invece, sono sottoposti agli alti e bassi di un disturbo in cui è tipico fare due passi avanti e uno indietro. Ma c’è chi non si arrende». Lo dimostrano le tre storie che ti proponiamo con il commento della psicoterapeuta Raffaela Faggioli, autrice del libro Dentro l’autismo (Franco Angeli Editore).

Cerco di renderla felice nelle piccole cose – Maurizio Ferrari, papà di Martina, 24 anni
«Martina non guida, non vota, non ha le chiavi di casa ma è una persona adulta e con tutta probabilità prova emozioni, passioni e impulsi come i suoi coetanei, solo che non riesce a raccontarli: mia figlia, come il 50% di chi è affetto da autismo, non parla. E io mi sento disarmato: vorrei renderla felice, ma non so come. Sì, è vero con il tempo io e mia moglie Emanuela abbiamo imparato a comunicare con lei, ma solo sul piano pratico: oggi Martina è in grado di esprimere i suoi bisogni primari come la fame, la sete, ma non quello che prova dentro. C’è un muro davanti e io non posso sapere a cosa sono dovuti i suoi improvvisi scatti di aggressività, verso se stessa e gli altri. Quando arrivano mi colgono sempre impreparato. A qualcuno trovo una giustificazione (sarà stanca, annoiata, arrabbiata) ma molti altri restano un mistero. E, a lungo andare, il continuo sforzo di capire, logora. A volte vorrei che mi chiedesse cose banali come le ragazze delle sua età: uno smartphone, un vestito firmato, ma a lei non interessano. Da qualche anno ho smesso di farle il regalo di compleanno, non per mancanza di amore, ma perché ho capito che è inutile accanirmi a trovare qualcosa di speciale che non rientra nel suo mondo. Continuo, invece, a fare delle piccole cose per lei, portarla al fast food a mangiare le patatine o farle ascoltare una canzone che le piace. Da quei semplici momenti, nella maggior parte dei casi, esplode un gioia incontenibile, travolgente. Sono attimi di una forza inimmaginabile in cui mi sento sommerso di amore. Martina come tutti gli autistici non sa fingere, è trasparente, senza filtri. Questa sua purezza è un grande valore per me, una dote che ammiro e vorrei possedere».
IL PARERE DELL’ESPERTA «A volte è impossibile per un genitore leggere nel cuore di un figlio autistico» spiega Raffaela Faggioli, psicoterapeuta. «Maurizio ed Emanuela lo hanno capito, ma non si sono rassegnati, considerando come “regali” di un valore immenso i momenti in cui Martina mostra la sua gioia».

La sua ossessione non è più solo un nemico e io ho smesso di combatterla – Claudia, mamma di Sofia, 13 anni
«Accendere e spegnere la luce, un gesto utile e innocuo. Ma se qualcuno lo ripete 50 volte in due minuti ti sembra di impazzire. Sofia fin da piccola non riesce a resistere davanti a un interruttore: deve premerlo, se glielo impedisci si ribella con tutta se stessa.
Il problema è che ovunque ci sono pulsanti, bottoni, tasti; nessuno ci fa caso, io sì, io che passo la vita a schivare citofoni, lavatrici, telecomandi di tv e auto. Li evito, li nascondo, ma lei che ricorda tutto, anche se li ha visti solo una volta, sa dove sono. Ogni giorno perdo questa battaglia e la sconfitta mi scarica, mi fa sentire impotente di fronte a qualcosa di troppo forte. Due mesi fa a forza di cambiargli posto ho perso il telecomando della macchina: «Borsa verde, mamma» mi ha suggerito Sofia. Da allora è scattato qualcosa: ho smesso di vedere la sua fissazione come un nemico,: può anche essere un appiglio, un approdo in questo mare in tempesta che è la mia vita vicino a lei».
IL PARERE DELL’ESPERTA «Molte persone con autismo hanno una memoria formidabile, abilità e interessi particolari» spiega Raffaela Faggioli, psicoterapeuta. Quando, come ha fatto Claudia, si riesce a trovare un modo per considerarli utili, allora si fa un grande passo avanti: si è meno rigidi e diventa più semplice tollerare un comportamento come quello di Sofia. E questo non vale solo per i genitori, ma anche per i ragazzi che si sentono sollevati se il comportamento di cui non riescono a fare a meno viene trasformato in qualcosa di positivo».

Per prepararlo alla vita vera non mi sono isolata e lui ora va all’asilo come gli altri – Francesca, mamma di Francesco, 4 anni
«Francesco è un bel bambino. Dal suo aspetto fisico diresti che è tutto a posto. Ma non è così. E io che sono la mamma l’ho intuito presto: quando era piccolo se mi avvicinavo alla culla non mi guardava. E la cosa mi inquietava. «Aspetta, dagli tempo di crescere» mi rispondevano se lo facevo notare. Poi si è fatto grande, ha iniziato a parlare. A un anno e mezzo ha smesso. «Vedrai che è una fase, passa, sei tu che sei apprensiva» mi dicevano ancora. Ma una madre al terzo figlio (ne ho due più grandi) non è ansiosa senza motivo. Ho continuato a indagare per cercare di capire cosa c’era che non andava e alla fine la diagnosi è arrivata, e mi ha dato ragione: autismo, una malattia che non si vede, ma c’è, eccome se c’è. Chi non conosce Francesco lo scambia all’inizio per un bambino molto vivace, ma poi lo considera capriccioso quando dopo un’ora di altalena al parco non c’è verso di farlo scendere e al supermercato, dove non sta un attimo fermo, passa per maleducato. Spiegare ogni volta che mio figlio è qualcos’altro richiede molte energie. Così, ho imparato a selezionare le situazioni e, quando è possibile, frequentiamo luoghi dove so che viene accolto bene. Ma il mio compito di madre è anche preparare Francesco alla vita vera, per questo ora va all’asilo, come i bambini della sua età».
IL PARERE DELL’ESPERTA «Francesca si è confrontata con
una situazione tipica dell’autismo: l’assenza di un segnale fisico del disturbo, che rende difficile riconoscere le persone che ne soffrono» osserva la psicoterapeuta Raffaela Faggioli. «Poi, nonostante la fatica di doversi giustificare, è stata brava a non isolarsi come fanno molti genitori nella sua stessa situazione. Vale la pena fare lo sforzo di spiegare: fare capire il disagio di nostro figlio aiuta le persone a relazionarsi bene con lui».

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