Un bimbo prelevato a casa da 11 poliziotti

La vicenda di Pisa è scioccante, ma rappresenta l'ennesimo caso di esecuzione con la forza di un decreto del giudice minorile. Si tratta di un caso di separazione, con un padre - e marito - violento. Il 17 giugno una manifestazione davanti a Montecitorio ha posto l'attenzione su questi drammi, una stortura giudiziaria tutta italiana

Un bambino di 8 anni prelevato nella sua casa di Pisa da 11 poliziotti della Digos a supporto dei servizi sociali, per eseguire un decreto del tribunale dei minori di allontanamento dalla madre e riavvicinamento al padre. Un dispiegamento di forze degno di un boss. La madre ha aperto la porta, non immaginava quello che sarebbe successo: doveva essere un incontro. Il bambino si è barricato in bagno, la mamma è stata portata in cucina, la porta del bagno con il bambino dentro è stata divelta. L’hanno trascinato via e la madre non sa dove si trovi. Sul web ci sono le foto dell’appartamento subito dopo l’intervento: sembra la scena di un rapimento.

Un’altra mamma “alienante”

«Un metodo inaccettabile» commenta Ilaria Boiano, l’avvocata della madre. «Non c’è stata alcuna tutela delle condizioni del minore, trattato come oggetto e non soggetto di diritto. Neppure di fronte a un ragazzo accusato di un reato grave avrebbero usato questo spiegamento di forze. Uno Stato che tratta così i minori fa paura. E ancora una volta episodi del genere rivelano una pratica discriminatoria nei confronti delle donne, sistematicamente accusate della mancanza di rapporto tra padri e figli». Il contesto è quello di una separazione giudiziale, con la mamma che ha denunciato il marito per violenza ed è ora accusata di alienazione parentale, cioè di ostacolare il rapporto tra il figlio e il padre. «Nel gennaio 2020 il bambino comincia a rifiutare gli incontri con il padre — spiega l’avvocata — manifestando disturbi del sonno e altri disagi. Ma non c’è stata alcuna indagine sulle motivazioni del rifiuto del bambino, nessuna consulenza medica o psicologica, c’è stata solo la relazione dei servizi sociali. Una cosa gravissima».

I bambini non sono ascoltati

La giudice  ha disposto questo prelievo forzato come tentativo di ricomporre il rapporto tra il bambino e il padre. Possibile che la volontà del minore non sia stata ascoltata? Possibile che un uomo denunciato dalla moglie – e su cui è in corso un processo – possa vedere suo figlio nonostante il bimbo lo rifiuti e anzi – per alcuni giudici – debba? Possibile che i servizi sociali e il giudice adducano alla madre la responsabilità del fatto che il bambino non voglia vedere il padre, e che per questo il minore venga allontanato?

La manifestazione del 17 giugno

Il caso di Pisa non è certo isolato. Per denunciare questa distorsione giudiziaria, il 17 giugno associazioni, sindacati ma anche moltissimi parlamentari si sono trovati davanti a Montecitorio. Lì staziona da più di un anno Laura Massaro, vittima anche lei di un caso simile, fondatrice del comitato Madri unite contro la violenza istituzionale. Sempre più voci, anche della politica, chiedono una riforma di alcuni articoli della legge 54 del 2006 che stabilisce l’affidamento condiviso, di per sé valida ma applicata in molti casi in modo cieco e pretestuoso, ignorando la denuncia di violenza da parte delle madri, riducendo la violenza a semplice conflittualità di coppia e utilizzando contro le madri la teoria dell’alienazione parentale, giudicata non scientificamente valida quasi in tutto il mondo, eppure ancora applicata in Italia. Teoria che, tra l’altro, in un’ordinanza della Corte di Cassazione, è stata appena definita “teoria nazista”.

L’appello della deputata Giannone

Veronica Giannone, parlamentare, è l’autrice e prima firmataria di questa riforma, ma oggi su Facebook scrive così: «Non basta scrivere e depositare proposte di legge e convenzioni internazionali, non basta prevedere modifiche di legge che tutelino veramente la vita e il benessere dei bambini. Mi spiace doverlo ammettere, ma non basta. Non sono io a decidere e neanche gli altri parlamentari. Serve l’indignazione della popolazione, serve ribellarsi insieme, manifestare insieme, tutti insieme». 

L’indagine della Commissione femminicidio

Noi vi abbiamo già raccontato dei bambini sottratti alle madri ingiustamente. Si tratta di un’emergenza sociale che riguarda centinaia di mamme, frutto non di errori giudiziari ma di un cortocircuito tra servizi sociale, giudici, avvocati e consulenti dei tribunali. Di fronte al silenzio della Commissione infanzia e quella sull’affido, che non se ne stanno occupando, è scesa in campo la Commissione femminicidio, che sta esaminando 1500 casi. La senatrice Valeria Valente, che la presiede, ci spiegava: «Dopo le segnalazioni, abbiamo deciso di acquisire circa 1.500 fascicoli di separazioni con affido di minori, tra tribunali ordinari e minorili, per capire quanti casi siano stati affrontati in questi anni invocando in maniera errata la cosiddetta alienazione parentale. Lo stereotipo delle donne bugiarde e ostative purtroppo trova ancora spazio nei nostri tribunali».

400mila i bambini che assistono a violenze in casa

I fascicoli allo studio sono 1.500. Ma quanti sono i casi nella realtà? Numeri certi ancora non esistono. Possiamo dire che delle 100mila separazioni ogni anno in Italia (97.474 nel 2019 – dati istat), l’80% sono consensuali. Il 20% giudiziali ma tra queste non si conosce il numero dei casi caratterizzati da violenza perché questo rilievo non è stato mai effettuato. L’associazione Save the Children ha stimato nel 2018 che in Italia almeno 427mila bambini, nel solo periodo fra il 2009 e il 2014, hanno assistito dentro casa ad atti di violenza, nella quasi totalità dei casi compiuta dal padre nei confronti della madre. La violenza assistita, secondo gli studiosi, ingenera gli stessi traumi di quella direttamente subìta.

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