Covid, perché tanti morti in Italia

Uno studio mostra le differenze tra Regioni e tra l’Italia e altri Paesi europei. Ecco le possibili cause - sulla base dei dati - per cui in alcune zone si muore di più

A distanza di mesi dall’inizio della pandemia, alcune Regioni continuano a registrare un maggior numero di casi e il motivo non è solo (o soltanto) legato al fatto che si tratta di territori densamente popolati, come nel nord Italia. Uno studio condotto dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni dell’Università Cattolica conferma infatti che Lombardia e Piemonte sono le Regioni col maggior numero di decessi, mentre la Campania è quella che ne registra meno in relazione al numero di contagi. Esistono poi anomalie, come la Valle d’Aosta o il Friuli Venezia Giulia, con record negativi nonostante un numero di abitanti pari a Regioni come il Veneto o la Toscana, che contano però meno vittime. Perché? I motivi, secondo gli esperti, sono molti e spiegano anche perché l’Italia abbia il primato europeo di decessi, dopo aver superato anche il Regno Unito.

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In alcune zone si muore di più

Dai dati dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica emergono grandi differenze a seconda delle aree del Paese. Dalla scorsa primavera, quando è scoppiata la pandemia, fino al 14 dicembre i decessi in Italia sono stati 65.011. La Regione più colpite dal virus risulta la Lombardia col 36,7% di vittime, seguita dal Piemonte (11% di morti) e l’Emilia Romagna (10,2%). È sempre la Lombardia quella che ha registrato il più alto rapporto tra vittime e positivi (5,4%) mentre la Campania appare quella con la percentuale minore (1,3%), nonostante abbia avuto il livello di contagi più elevato della media nazionale (85,3 casi positivi ogni 10.000 abitanti).

Tra le altre Regioni meno colpite da contagi e decessi, invece, si segnalano poi i casi della Calabria (33,41 contagi e 0,47 vittime per 10.000 abitanti), Marche (51,4 e 0,86), Lazio (62,78 e 0,95) e Umbria (77,59 e 1,25), che risultano le Regioni col rapporto più basso tra decessi e contagi. 

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I “casi negativi”: Valle d’Aosta e Friuli

Al contrario, nella seconda ondata si sono segnalate per i loro record negativi due Regioni del nord come Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia. La prima risulta quella con il tasso di decessi Covid-19 più alto in assoluto: 3,11 ogni 10.000 abitanti contro lo 09,49 di Bolzano che pure ha registrato una quantità di contagi analoga, pari a circa 150 ogni 10.000 abitanti. Male anche il Friuli Venezia Giulia con 2,82 decessi ogni 10.000, molto superiori a quelli del Veneto (1,87) e della Toscana (1,51). Perché?

I motivi: impreparazione iniziale

Il ritardo nella risposta iniziale al virus può aver inciso sull’impatto che il Covid ha avuto sulla popolazione nelle diverse aree. Questo spiegherebbe, ad esempio, perché la Lombardia, insieme a Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, abbia pagato un prezzo così alto in termini di vite umane perse a causa del coronavirus. «Non abbiamo sufficienti informazioni per motivare le differenze regionali che si osservano, il ventaglio delle possibili ipotesi è ampio a partire dalle carenze organizzative e dai ritardi iniziali nel comprendere la gravità dell’emergenza. Le carenze organizzative possono aver agito soprattutto all’inizio della pandemia, un esempio è costituito dalla scarsa efficacia dell’assistenza territoriale che non è riuscita a prendere in carico tempestivamente le persone infettate, causando il loro aggravamento al quale si è dovuto far fronte con i ricoveri ospedalieri, essi stessi pericolosi in casi come questi» spiega Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane dell’Università Cattolica.

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La conferma dell’impreparazione delle strutture sanitarie a inizio pandemia arriva da quanto accaduto nelle Rsa «dove sono deceduti molti anziani. Si tratta di strutture che possono rappresentare una vera polveriera per una pandemia, vista la concentrazione di persone fragili per definizione in spazi ristretti, con rischi elevati di contaminazione provenienti dall’esterno attraverso le visite dei parenti» spiega Solipaca.

Ma a pesare sono anche le difficoltà di tracciamento e le scelte degli amministratori centrali e locali: «Questo può aver limitato la possibilità di identificare e circoscrivere le persone infettate evitando la diffusione di ulteriori contagi» chiarisce l’esperto.

La scarsa prudenza dei cittadini

Ma quanto può avere pesato anche la scarsa prudenza dei cittadini? «I comportamenti individuali hanno sicuramente avuto il loro peso, soprattutto nelle grandi città: la circolazione eccessiva di persone può aver amplificato la diffusione del virus – spiega Solipaca –

L’incoerenza dei messaggi del Governo

La scarsa prudenza di molti cittadini è stata certamente agevolata dalla incoerenza dei segnali provenienti dal Governo centrale e da quelli regionali, che hanno ingenerato un senso di scetticismo, incertezza e sottovalutazione del rischio nella popolazione».

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La mobilità

Resta il fatto che alcune delle aree più colpite sono anche quelle in cui c’è maggiore mobilità: «La mobilità per motivi di lavoro e relazioni sociali ha sicuramente avuto il suo effetto negativo sulla diffusione della pandemia, come ha rilevato anche l’Istat nel suo Rapporto annuale, non a caso il numero più elevato di contagi si è riscontrato proprio nelle zone con il più alto livello di flussi».

Quanto contano i sistemi sanitari?

Una delle maggiori criticità registrate nella prima ondata è stata la tenuta del sistema sanitario, in particolare delle terapie intensive. Eppure il maggior numero di decessi si è registrato nelle Regioni nelle quali i servizi sanitari sono considerati più efficaci: «È vero che la performance dei sistemi sanitari regionali potrebbe essere diversa e giustificare le differenze di incidenza dei positivi tra Regioni, ma attribuirei meno rilevanza all’efficacia delle cure: non credo sia tale da giustificare le differenze osservate. Tra l’altro le regioni più colpite sono spesso quelle ritenute più performanti».

Inquinamento e circolazione del virus

Un altro aspetto preso in considerazione dagli esperti e in particolare dai medici dell’ambiente è l’inquinamento, come fattore che può aver contribuito alla diffusione del virus. «Ci sono studi scientifici che avanzano questa ipotesi, credo sia sicuramente una pista interpretativa che dovrebbe essere approfondita con il supporto di ulteriori dati attualmente non disponibili». A sostenere un nesso tra lo smog e la maggiore circolazione del virus, infatti, sono diverse ricerche come quella condotta dalla Società Italia di Medicina Ambientale (Sima) e dalle Università di Bari e Bologna.

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Italia, Paese “vecchio”

Infine, anche l’età anagrafica media ha il suo peso: il nostro è un Paese sempre più vecchio, come dimostrano i recenti dati Istat, secondo cui ogni 5 anziani c’è un bambino. Una popolazione così anziana ha sicuramente subito in modo pesante l’impatto di un virus, come il Sars-Cov2, che spesso ha aggravato condizioni generali di salute precarie, come nelle persone meno giovani. Non a caso, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità l’età media dei pazienti positivi al coronavirus deceduti è di 80 anni, con alcune oscillazioni a seconda dei periodi: dopo un aumento costante, intorno ai primi di luglio si è raggiunto il picco con un’età media delle vittime di 85 anni, scesa poi sotto gli 80 anni a settembre. «La struttura demografica anziana è sicuramente un elemento di rischio, ma, come abbiamo visto dai dati, spiega solo una minima parte della variabilità osservata» aggiunge il direttore scientifico dell’Osservatorio.

Le vittime nel resto d’Europa

Ma se l’Italia sconta l’età anagrafica mediamente elevata, anche il Regno Unito, dove pure la popolazione è più giovane, si colloca al secondo posto per numero di decessi. Tra i Paesi con più vittime ci sono anche Belgio e Spagna, mentre tra i meno colpiti sono risultati la Finlandia, Cipro ed Estonia. «È difficile poter capire oggi il perché. Potrebbe dipendere in gran pare dalla disomogeneità dei dati, per esempio dall’efficacia del sistema di rilevazione dei contagi o di attribuzione del decesso al covid. A questo ultimo riguardo, va infatti ricordato che c’è una certa differenza tra mortalità per covid (cioè il covid è la causa principale del decesso) e con covid (cioè deceduto per altra causa e positivo al covid)» conclude Solipaca.

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