Perché il vaccino antinfluenzale scarseggia

Lo denunciano i farmacisti di fronte a un aumento di scorte da parte delle Regioni, che rischia di lasciare i privati senza la possibilità di vaccinarsi

Le vaccinazioni antinfluenzali quest’anno saranno anticipate: si inizierà i primi di ottobre, qualcuno persino dal 15 settembre, come nel caso della Regione Lazio, che ha raccomandato l’estensione della copertura anche ai bambini dai 6 mesi ai 6 anni di età, pur non rendendola obbligatoria. Pressoché tutte le amministrazioni regionali hanno aumentato le proprie scorte, ordinando un maggior numero di dosi in vista di una eventuale seconda ondata di epidemia da coronavirus. Tutta la comunità scientifica è unanime, infatti, nel sostenere che il vaccino antinfluenzale potrebbe aiutare a discriminare con maggiore rapidità e facilità tra i casi di normale influenza e i contagi Covid. Il risultato, però, è che potrebbero non esserci dosi a sufficienza per chi, non rientrando nelle categorie a rischio, volesse ugualmente vaccinarsi, per autotutela e per seguire le raccomandazioni dei medici. L’allarme è arrivato dai farmacisti che, a poche settimane dal via alle campagne vaccinali, parlano di tempesta perfetta.

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I vaccini basteranno?

«Da una parte abbiamo assistito alle dichiarazioni di tutta la comunità scientifica sulla necessità di estendere la copertura antinfluenzale non soltanto a tutta la popolazione a rischio, ma anche alle persone che non rientrano in questi gruppi; dall’altra le aziende produttrici denunciano la difficoltà di garantire una produzione di vaccini tale da soddisfare anche la richiesta privata. Come nel caso delle mascherine si rischia di suscitare una domanda della collettività – del tutto giustificata – alla quale si può rispondere solo parzialmente» denuncia Andrea Mandelli, presidente della FOFI, la Federazione dei farmacisti italiani. Se negli scorsi anni la richiesta di vaccini per le esigenze dei soggetti a rischio (over 65, cardiopatici, soggetti con malattie respiratorie, diabete, ecc.) è stata pari a circa 1 milione di dosi, quest’autunno le previsioni sono di una maggiore richiesta. Molte Regioni, infatti, hanno deciso di estendere la copertura gratuita: è il caso del Piemonte, che ha deciso di offrire il vaccino (a carico del Servizio sanitario) a partire dai 60 anni di età. «Abbiamo il forte timore che sulla disponibilità nel territorio dei vaccini contro l’influenza stagionale, quelli normalmente acquistati da chi non appartiene alle categorie a rischio, possa crearsi una tempesta perfetta simile a quella generatasi per la questione delle mascherine» dice ancora Mandelli.

Perché la produzione è insufficiente

Viene da chiedersi, però, come mai non sia stata aumentata la produzione, in vista di una maggiore richiesta: «Le aziende farmaceutiche si sono adoperate per farlo, ma la metodica per realizzare un vaccino è differente rispetto a quella di altri farmaci: non si tratta di produrre compresse in serie, ma di seguire un procedimento che prevede un’incubazione lunga per realizzare il brodo di coltura che poi genererà la base per le dosi di vaccino, ma non è detto che il risultato sia sempre adeguato. Si tratta comunque di un lavoro che va impostato con molto anticipo, fin dai primi mesi dell’anno in vista della distribuzione in autunno e quest’anno non era prevedibile quanto poi accaduto con la pandemia. Per questo la produzione è comunque limitata: insomma, non si possono aumentare le dosi vaccinali semplicemente raddoppiando i turni di produzione» Mandelli.

Perché fare il vaccino antifluenzale (anche anti-Covid)

Già a giugno una circolare ministero della Salute aveva raccomandato l’estensione della copertura anche ai soggetti più giovani, persino ai bambini considerati tradizionalmente veicolo di trasmissione dell’influenza. La Federazione degli Ordini dei Medici ha poi lanciato un appello affinché l’età a partire dalla quale offrire la vaccinazione gratuita scendesse dai 65 ai 55 anni. L’obiettivo è duplice: da un lato riuscire a distinguere meglio e prima un eventuale caso di contagio Covid rispetto a una normale influenza, i cui sintomi possono essere molto simili; dall’altro proteggere i soggetti più fragili da una possibile sovraesposizione a più virus contemporaneamente. In una persona già debilitata dall’influenza, infatti, potrebbe essere più semplice andare incontro anche a infezioni batteriche o virali di altri tipo. Un esempio concreto dell’efficacia della copertura vaccinale antinfluenzale, ricordato da diversi esperti, è dato dall’Australia dove tra marzo e aprile 2020 sono state erogate 8,8 milioni di dosi vaccinali, 2 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Con l’aumentare delle somministrazioni, sono scese le diagnosi di influenza (da 132mila del 2019 a 21mila del 2020) e il numero di vittime (da 430 a 36). Ma dove è possibile trovare il vaccino?

Dove vaccinarsi con il SSN e privatamente

«La penalizzazione della distribuzione dei vaccini sul territorio, nelle farmacie, sarebbe gravissima perché renderebbe impossibile intercettare la parte di popolazione che non rientra nelle categoria a rischio, non può rivolgersi alle strutture del SSN e provvede di norma privatamente anche in anticipo rispetto alla partenza della campagna» spiega il presidente FOFI. Se si rientra nelle categorie a rischio (over 65, bambini dai 6 mesi in su, ragazzi e adulti con patologie respiratorie, cardiocircolatorie, diabete, immunodepressi, donne in gravidanza, personale sanitario e delle forze di polizia e sicurezza) è il medico di base a somministrarlo. Tutti gli altri, dopo averlo acquistato in farmacia (a un costo in genere tra 10 e 20 euro), devono rivolgersi o al medico o a un altro soggetto che si presti a effettuare l’iniezione: spesso si tratta di infermieri privati o semplici conoscenti (persino la vicina di casa o un familiare). Ma perché non inocularlo direttamente in farmacia? Ad oggi i farmacisti non sono autorizzati e vige ancora un regio decreto del 1934 che vieta ai medici di prestare servizio presso le farmacie. Eppure sono molti i paesi in Europa e nel mondo dove ciò avviene già: «Sono circa 50 e si va dalla Francia al Portogallo, dal Regno Unito agli Usa, al Canada, senza dimenticare la Germania che ha autorizzato da poche settimane i farmacisti, previa formazione, a somministrare direttamente i vaccini» conferma Mandelli.

Un superlavoro per il medico di famiglia

Il timore, dunque, è quello che si crei un ingorgo negli ambulatori dei medici di base. «Alle maggiori richieste da parte delle Regioni si devono infatti aggiungere coloro che, per timore di contagi e pur avendo diritto al vaccino gratuito tramite la Asl, preferiscono acquistarlo privatamente per non doversi recare nello studio del proprio medico, dove è immaginabile che con il via alla campagna vaccinale ci possano essere anche lunghe code» spiega il presidente dei farmacisti italiani. La mole di lavoro che aspetta i medici di famiglia è confermata dai numeri degli ordinativi da parte delle Regioni, cresciuti di fronte al timore di una seconda ondata di Covid: il Friuli Venezia Giulia se ne è assicurati 350mila vaccini (+40%), il Lazio e la Lombardia 2,4 milioni, la Puglia 2,1, il Veneto 1,4 e il Piemonte 1,1. Ma chi li somministrerà, ammesso che arrivino in tempo e in quantità sufficiente?

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