Fibroma: nuove cure e tecniche soft per salvare l’utero

Tre milioni di donne in età fertile soffrono di fibroma. Nella metà dei casi il problema si scopre durante un’ecografia di controllo nel corso della visita ginecologica. La diagnosi di un fibroma uterino spaventa ancora (e molto). La maggior parte delle donne pensa subito a un tumore maligno ed è convinta che per guarire sia necessaria l’asportazione dell’utero. E invece non è così. I fibromi sono tumori benigni, formazioni che si sviluppano all’interno o all’esterno dell’utero. E sono tipiche delle donne in età fertile. «Oggi» spiega Nicola Colacurci, primario della Clinica ginecologica della Seconda Università di Napoli «vengono trattati solo quando danno disturbi oppure impediscono il concepimento. E l’isterectomia, cioè l’intervento chirurgico che comporta l’asportazione dell’utero, non è più una tappa obbligata. Ora ci sono soluzioni soft che salvano l’apparato riproduttivo. Così, chi lo desidera, può avere una gravidanza».

Donna Moderna dedica il mese di maggio alla prevenzione dei fibromi uterini in collaborazione con la Clinica ginecologica della Seconda università di Napoli diretta dal professor Nicola Colacurci. Gli esperti rispondono il lunedì, mercoledì, venerdì dalle 10 alle 13 al 3479325731. Oppure puoi mandare un email a: [email protected].

I sintomi del fibroma

Il più comune è un flusso mestruale molto abbondante. I cicli inoltre sono alterati e possono esserci perdite di sangue tra una mestruazione e l’altra. L’altro sintomo è il dolore, che può essere presente non solo durante il flusso. Occhio infine anche ai disturbi “strani”. Come un senso di peso e di gonfiore alla parte bassa dell’addome. Oppure lo stimolo continuo a urinare a causa della compressione del fibroma sulla vescica.

Chi rischia di più

L’unico modo per cogliere tempestivamente un fibroma uterino in fase iniziale, cioè quando è ancora molto piccolo, è una visita annuale ginecologica abbinata all’ecografia trans vaginale e se necessario trans addominale. Il consiglio vale sempre e soprattutto per le donne che hanno altri casi in famiglia: se la mamma, la zia o la nonna hanno sofferto di fibroma, facilmente sarà lo stesso per la figlia.

I medicinali che aiutano

In otto casi su dieci è sufficiente la cura farmacologica. I medicinali sono a base di soli progestinici, o di progestinici associati agli estrogeni. L’azione è la medesima: si stabilizzano i livelli degli estrogeni nel sangue, gli ormoni responsabili della crescita del fibroma, che così man mano si riduce di volume. E gli effetti si vedono subito: il flusso delle mestruazioni, che è sempre molto abbondante, diminuisce di intensità già col primo ciclo. La scelta della cura, cioè se progestinici oppure estroprogestinici, viene decisa dal ginecologo in base a una serie di informazioni come l’età e lo stato di salute generale della donna. Anche la durata della cura è variabile e dipende da come reagisce il fibroma. «Purtroppo non sempre è un trattamento definitivo» sottolinea il professor Colacurci. «Ma anche quando il fibroma ricomincia a crescere, nella maggior parte dei casi lo fa così lentamente da non creare fastidi. La donna può quindi arrivare alla menopausa senza eccessivi problemi. E con la cessazione dell’attività ovarica, il volume del tumore tende spontaneamente a ridursi».

I metodi soft

L’ultima arrivata è una tecnica che usa gli ultrasuoni: questi vengono indirizzati direttamente nella zona da trattare. L’intervento viene eseguito sotto la guida della risonanza magnetica nucleare, un esame che permette di vedere in modo preciso gli organi interni del corpo. «Questo esame è indispensabile per mirare al fibroma, lasciando intatti i tessuti circostanti» interviene l’esperto. «Gli ultrasuoni lo bombardano e ne inducono la necrosi, cioè la morte dei tessuti, che avviene nell’arco di un paio di mesi». L’intervento di solito è in day hospital e si torna a casa il giorno stesso.

È controindicato in caso di sovrappeso, perché i chili di troppo sull’addome possono impedire una corretta visibilità del fibroma. Ma si evita di ricorrere a questo tipo di tecnica anche se il tumore ha una particolare forma, chiamata peduncolata, che tende a muoversi sotto l’azione degli ultrasuoni, con il rischio di danneggiare le zone vicine. Il metodo non è adatto neppure quando il volume del fibroma è eccessivo.

«Un’altra tecnica alternativa alla chirurgia è l’embolizzazione» continua l’esperto. «Anche in questo caso però ci sono delle controindicazioni. Non va bene per la forma peduncolata, o per i fibromi che hanno dilatato molto l’utero. Sotto guida radiologica, in un’arteria dell’inguine viene inserita una sonda che raggiunge il tumore e blocca il flusso di sangue che lo alimenta. Così, gradualmente, il fibroma va in necrosi e inizia a rimpicciolirsi, fino a sparire». L’intervento è in anestesia locale e bisogna stare in ospedale una notte per tenere sotto controllo il dolore. Unico problema: visto che l’azione di stimolo degli ormoni rimane, a distanza di qualche anno il tumore benigno può ricominciare a crescere.

Quando ci si deve operare

Se i fibromi sono molti o, ancora, se i disturbi non migliorano nonostante la cura farmacologica, oppure sono di forme particolari, o in posizioni nascoste, ci vuole l’intervento chirurgico. Nella maggior parte dei casi viene eseguita la miomectomia, cioè l’asportazione solo del fibroma. Col vantaggio che è possibile anche una gravidanza per chi lo desidera. Unico neo: negli anni il fibroma si può riformare dal momento che conservando l’utero non viene eliminata la causa del problema, cioè l’azione degli ormoni. Si ricorre invece all’isterectomia, ovvero all’asportazione dell’utero, quando il fibroma ha caratteristiche tali da non rendere possibile la chirurgia conservativa. Per esempio, è molto grosso.

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