Così potrò avere un bambino dopo il tumore

Chi si sottopone alla chemio spesso vede la sua fertilità compromessa. Ma oggi ci sono tre terapie che proteggono le donne. E che ogni oncologo deve saper spiegare alle sue pazienti

C’è un’angoscia in più per una donna giovane che si ammala di cancro. Per le 8-9.000 persone che ogni anno in Italia ricevono una diagnosi di tumore prima dei 40 anni, sottoporsi oggi alle cure può significare perdere la possibilità di diventare genitore domani. «Solo i tumori al seno colpiscono ogni anno circa 3.000 donne under 40 e quando c’è la necessità di intervenire con terapie come la chemio, il rischio di una riduzione o della perdita della fertilità è molto alto» spiega Lucia Del Mastro, membro del direttivo nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e responsabile della Breast Unit del Policlinico San Martino di Genova.

Tecniche usate da una malata su dieci

Eppure oggi un’alternativa c’è. Con le tecniche di onco-fertilità le chance di avere figli aumentano notevolmente, tanto che l’Aiom ha redatto delle linee guida che impegnano gli oncologi a illustrare ai propri pazienti le diverse strategie terapeutiche e a metterli in contatto con un centro di fertilità entro uno o due giorni. «Non sempre questo passaggio è automatico, specie negli ospedali meno attrezzati. A oggi accede alle tecniche di conservazione non più del 10% delle malate di tumore al seno, a volte perché non se ne parla, più spesso perché la paura di “perdere tempo” prende il sopravvento» spiega Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna, movimento che sostiene la prevenzione e la cura del tumore al seno. Infatti, se per gli uomini è sufficiente conservare in un centro di fertilità il proprio liquido seminale, le donne devono seguire un iter più complesso.

Si paga solo il ticket

«La scelta viene valutata di volta in volta con l’oncologo, ma in linea di massima queste terapie vengono consigliate alle donne sotto i 38 anni con una buona prognosi e che quindi possono “permettersi” di ritardare l’inizio delle terapie» spiega Annamaria Baggiani, responsabile del Servizio di infertilità femminile e procreazione medicalmente assistita all’istituto Humanitas di Rozzano.

La tecnica più utilizzata è la crioconservazione degli ovociti: viene eseguita nei centri di procreazione assistita e l’intera procedura può essere fatta in regime di servizio pubblico, pagando solo il ticket. «Per tutto il processo bastano 12-15 giorni» continua l’esperta. Nella prima fase ci si sottopone a una stimolazione ormonale, che favorisce la maturazione degli ovociti. Si procede poi con il prelievo in day hospital degli ovociti, che vengono crioconservati fino al momento in cui saranno fecondati. Il giorno dopo la paziente è pronta per le terapie antitumorali».

A oggi la percentuale di gravidanze ottenute si aggira intorno al 25-30%, ma varia moltissimo a seconda dell’età delle donne. Quando non è possibile ritardare l’inizio delle cure di due settimane, si può ricorrere alla conservazione del tessuto ovarico, che richiede appena due o tre giorni. «Prevede un intervento in laparoscopia, durante il quale viene prelevata parte della corticale ovarica che sarà poi reimpiantata, se necessario, dopo la guarigione» prosegue Annamaria Baggiani. «È l’unica procedura che può essere effettuata nelle bambine prima della pubertà, ma prevede un’anestesia generale ed è più invasiva. Inoltre la possibilità di successo, in termini di gravidanze, è più bassa, anche se non ci sono dati ufficiali».

Le iniezioni possono evitare la menopausa

C’è anche una terza via, quella farmacologica: un’iniezione di ormoni ogni quattro settimane prima e durante le cure. «Serve a mettere a riposo le ovaie per proteggerle dall’azione tossica dei farmaci e preservarne la funzionalità» spiega la dottoressa Del Mastro. «È la strada più scelta dalle pazienti che non vogliono o non possono tardare le cure, o subire altri interventi, e dà buone chance. Secondo alcuni studi, in chi si sottopone a queste cure ormonali il rischio di menopausa precoce dopo la chemio scende dal 25% all’8%.

Spesso viene abbinata alle tecniche di crioconservazione, per moltiplicare le possibilità di una gravidanza». «La preoccupazione di chi riceve una diagnosi di tumore è iniziare le cure il prima possibile, tutto il resto passa in secondo piano» conclude Rosanna D’Antona «Ma gli interventi di oncofertilità vanno visti come un’opportunità terapeutica in più che, anzi, aiuta a immaginare un futuro oltre la malattia». È quello che sta succedendo a Laura che nella testimonianza qui sotto ci racconta la sua storia.

La testimonianza di Laura: «Combatto la malattia pensando a mia figlia»

Ci sono momenti che non si possono dimenticare e per Laura, che ha 36 anni e abita a Genova, quella data è il 10 gennaio 2016. «È il giorno in cui ho scoperto di aspettare un bambino, e poco dopo ho saputo di avere un cancro al seno. Nel giro di poche ore ho ricevuto la notizia più bella e la più brutta della mia vita. Avevo 32 anni. Ricordo che la dottoressa Lucia Del Mastro, al San Martino di Genova, fu subito chiara: il tumore era aggressivo, dovevo iniziare le cure, quel bambino non potevo tenerlo. Ma mentre mi diceva quella cosa terribile mi spiegava che c’era un modo per conservare una possibilità di diventare madre». Per Laura è stato uno spiraglio di luce in un tunnel. Qualche giorno dopo, interrotta la gravidanza, era in sala operatoria per un prelievo del tessuto ovarico, che oggi è conservato al Sant’Anna di Torino. Da allora combatte il tumore con una spinta in più. «Penso a quando quel pezzettino di ovaie tornerà da me. Quando sono molto stanca e vorrei restarmene a letto tutto il giorno mi aiuta a tirarmi su, perché so che mi sta aspettando». Dall’ultima chemio sono passati 2 anni, la vita sembra quella di prima, con il lavoro, i capelli lunghi, la moto e la palestra, ma le cure non sono finite. «Attendo il giorno in cui la mia oncologa mi dirà che è tutto ok. Allora, se non resterò incinta naturalmente reimpianterò il tessuto, e finalmente abbraccerò la mia bambina. Sarà femmina e si chiamerà Anna».

Come muoversi

Fatti curare in un centro specializzato Per il tumore al seno ci sono le Breast Unit in ogni regione. L’elenco è su Europa Donna. Hanno un collegamento diretto con i servizi di preservazione della fertilità.

Chiedi all’oncologo quali sono le tecniche più indicate per te e fatti indirizzare a un centro per la procreazione assistita (l’elenco completo è qui).

Per avere informazioni c’è la chatbot dell’associazione Europa Donna.

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