App Immuni: come si usa

Dopo la sperimentazione in 4 regioni pilota (Liguria, Abruzzo, Marche e Puglia) dal 15 giugno la App sul tracciamento sarà disponibile in tutta Italia. Ecco come usarla e cosa fare in caso di notifiche

App Immuni attiva in tutta Italia

I primi a testarla sono stati liguri, marchigiani, abruzzesi e pugliesi, ma ora tocca a tutti: come annunciato dal premier, Giuseppe Conte, da lunedì 15 giugno “potrà essere scaricata in tutto il territorio nazionale”. “Lo potrete fare con sicurezza, serenità e tranquillità, perché tutela la privacy, ha una disciplina molto rigorosa, non invade gli spazi privati” ha aggiunto il presidente del Consiglio. Funziona tramite bluetooth, dunque senza GPS (non potrà quindi geolocalizzare) e avverte con una notifica nel caso di contatti ravvicinati con persone poi risultate positive.

La sperimentazione era iniziata l’8 giugno in quattro regioni (Liguria, Marche, Abruzzo e Puglia), ma in tutta Italia è stata scaricata da 500mila persone in sole 24 ore, diventate 2,2 milioni nel giro di una settimana. Complici la curiosità, l’idea di tutelare la propria salute e contribuire a rendere possibile l’identificazione di nuovi focolai di contagio, l’applicazione sembra piacere. Ecco come funziona, quali dati sono necessari perché si attivi, cosa fare in caso di notifica e perché si è parlato tanto di privacy.

Intanto guarda il video, dove ti spieghiamo tutto bene.

Come si scarica

Per scaricare Immuni bisogna andare sullo store del proprio smartphone: Apple Store per iPhone/iOS e Play store per Android. Entrambi i sistemi operativi richiederanno un aggiornamento (se non è stato fatto nei giorni scorsi), che richiede pochi minuti. Non appena terminato il download, Immuni spiega il funzionamento di base: «Se sei entrato in contatto con un utente in seguito risultato positivo al virus, Immuni ti avverte e ti fornisce indicazioni per proteggere la tua salute e quella dei tuoi cari».

Che dati chiede?

«Immuni non raccoglie il tuo nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono ed email» viene chiarito non appena entrati nella App, che spiega di non poter risalire all’identità dell’utente o dei suoi contatti. Ciò che viene richiesto, invece, è l’area geografica di residenza (Regione e provincia). Occorre poi spuntare la dichiarazione relativa all’età (maggiori di 14 anni) e l’informativa privacy. Infine si devono «abilitare le notifiche di esposizione al COVID-19», cioè autorizzare a comunicare la propria eventuale positività al coronavirus. Immuni assicura che «i dati sono controllati dal ministero della Salute» e «in nessun caso» saranno venduti o «usati per qualsivoglia scopo commerciale, inclusa la profilazione a fini pubblicitari».

Come funziona

Per funzionare non serve attivare il GPS (non c’è geolocalizzazione, come chiarito più volte da Bending Spoons che ha sviluppato la App), ma solo il bluetooh. Se si diventa positivi al coronavirus, viene chiesto di caricare su un server centrale i codici casuali che i propri dispositivi hanno generato e ricevuto nei giorni precedenti, in modo da renderli disponibili agli altri utenti di Immuni. questa procedura viene effettuata dagli operatori sanitari che hanno effettuato il tampone risultato positivo.

La App controlla periodicamente i codici presenti sul server e li confronta con quelli dei propri contatti, cioè coloro con i quali siamo stati a distanza ravvicinata, di circa un metro, che siano conoscenti, familiari o estranei incontrati per strada, sui mezzi pubblici o al supermercato.

Cosa fare se arriva una notifica?

Se Immuni dovesse trovare corrispondenza tra i codici di persone contagiate e quelli dei contatti degli ultimi 14 giorni, invierà una notifica che servirà all’utente che sul display leggerà Rilevato contatto a rischio. Le segnalazioni, però, arriveranno solo in caso di contatti a meno di due metri e per almeno 15 minuti, come da protocollo siglato dal Ministero della Salute. Sarà graduata, a seconda dell’esposizione e del rischio, e accompagnata da una o più raccomandazioni, come recarsi dal proprio medico o mettersi in autoisolamento. Essendo scaricata su base volontaria, non prevede procedure obbligatorie: sarà il medico o il pediatra a valutare se procedere con un tampone, se decidere per la quarantena o se semplicemente monitorare l’eventuale comparsa di sintomi, senza altre misure precauzionali).  

Quali contatti

La App non segnalerà, dunque, eventuali incontri con passanti che dovessero risultare positivi, ma solo una vicinanza prolungata nel tempo, come potrebbe accadere in coda in un ufficio postale o a cena con amici. non è però in grado di conoscere se si è indossata la mascherina, quindi l’alert va analizzato e contestualizzato.

Consuma troppa batteria?

Un altro aspetto riguarda invece il consumo di batteria che potrebbe ridurre l’autonomia degli smartphone e dunque spingere molti potenziali utenti a rinunciare a installarla: Immuni rassicura, però, che l’impatto con il bluetooth Low Energy sarà minimo (si dovrà aspettare la piena operatività per verificare). In ogni caso, perché la App funzioni occorre che il bluetooth sia sempre attivo (nelle FAQ naturalmente si consiglia di spegnere lo smartphone di notte), mentre la modalità aereo non pregiudica il funzionamento.

App “sessista”?

Una delle perplessità sulla App, che non ha a che fare con il funzionamento vero e proprio, riguarda la scelta di una delle schermate iniziali. Qualcuno ha sottolineato come il saluto avvenga con un maschile Gentile utente, che non tiene conto delle diversità di genere. Ma se questo appare un cavillo, ecco che invece nello spiegare che in caso di positività occorre “isolarsi” (quarantena), le icone scelte rappresentano una donna con in braccio un bambino vicino a un vaso di fiori, mentre l’uomo lavora a un computer, presumibilmente in modalità smart working. Insomma, uno stereotipo di genere nel quale sarebbero incappati gli sviluppatori della Bending Spoons.

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I codici “criptati” e la privacy

Come viene tutelata la privacy? Immuni spiega che «funziona senza seguire i tuoi spostamenti» e «senza conoscere la tua identità o quella delle persone con cui entri in contatto», perché funziona tramite codici anonimi. Si tratta di sequenze alfanumeriche che sono generate dai nostri smartphone quotidianamente e delle quali generalmente non ci rendiamo conto. «Anche il nostro dispositivo ha un ID, un’identità alfanumerica, che identifica il device ma non il proprietario (non ci sono dati anagrafici collegati). Quando la App è in funzione genera e riceve codici, che rimangono all’interno del sistema operativo del singolo cellulare, non nella App o in un server (cloud) e si cancellano dopo 14 giorni in base a un accordo tra il ministero della Salute, proprietario della App, e i gestori (Apple e Google)» spiega l’avvocato Antonino Polimeni, esperto di Informatica giuridica.

Chi gestisce le informazioni sanitarie?

«Se si diventa infetti i propri codici sono inviati volontariamente dall’utente al server centrale (gestito da Sogei, società pubblica che fa capo al Governo), che li distruggerà entro il 31 dicembre 2020». L’unico proprietario dei codici è il ministero della Salute, mentre Bending Spoons si è limitata a sviluppare la App gratuitamente. «Quando si avvia l’attività di tracciamento il sistema operativo Android o iOS genera nuovi codici e raccoglie quelli degli altri. Immuni si limita, in caso di positività, a inviare al server centrale l’informazione, così condivisa con tutti gli utilizzatori della App. Se si rileva un contatto con una persona contagiosa, il server lo comunica alla App che invia una notifica all’utente. Non è possibile risalire all’identità del device tramite il cosiddetto reverse engineering (identificazione dell’utente tramite la decriptazione dei codici) perché la App genera anche codici finti che si uniscono a quelli veri» spiega Polimeni.

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