app Immuni

Perché dovresti scaricare l’app Immuni

A oggi l'app Immuni ce l’hanno poco più di 7 milioni di italiani. Ma, affinché sia utile, bisogna arrivare a 36. Installarla sul cellulare, ora che i contagi risalgono, è un atto di responsabilità. Per evitare un ulteriore lockdown e un’altra emergenza sanitaria

«Un obbligo morale verso gli altri». Con queste parole il premier Giuseppe Conte ha esortato a scaricare Immuni, l’app di tracciamento dei contagi, seguito dal ministro della Salute Roberto Speranza e dal presidente della Federazione degli Ordini dei medici Filippo Anelli. Lanciata a giugno con 500.000 download in un giorno e 2 milioni nella prima settimana, Immuni è oggi usata da 7,4 milioni di italiani (con un aumento di circa 1 milione nei primi giorni di ottobre), pari al 18% della popolazione. L’obiettivo è raggiungere il 60% per garantirne l’efficacia, ma c’è ancora diffidenza. Non solo qui da noi: nel Regno Unito la percentuale dei cittadini pronti al download di una app analoga si è abbassata dal 60% al 27% nonostante l’aggravarsi della situazione sanitaria; e in Francia solo 2,5 milioni di persone hanno scaricato StopCovid.

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«In Italia come all’estero incidono la bassa consapevolezza del rischio di malattia, specie nei giovani, la preoccupazione per la privacy e la paura di finire in quarantena. Eppure Immuni offre un grande aiuto nel monitoraggio dei contagi proprio in questo momento di alta circolazione del virus in soggetti paucisintomatici o asintomatici» spiega Paolo D’Ancona, epidemiologo e ricercatore dell’Istituto superiore di sanità. Quello che più spaventa sembra essere l’isolamento preventivo in caso si riceva la notifica di contatto con un soggetto positivo. La app suggerisce infatti di chiamare il medico di base e di rimanere a casa per i 14 giorni successivi alla data del contatto notificata, in attesa di indicazioni del medico stesso o della Asl. È la Asl, infatti, a far partire l’iter per il tampone, che non sempre viene effettuato in tempi rapidi.

Perché si deve scaricare Immuni

Il timore di ritardi è un altro deterrente. «Se anche dovessimo perdere qualche giorno di lavoro o di scuola, consentiremmo di individuare possibili focolai, che rappresentano una minaccia per noi stessi, i nostri familiari e la collettività» insiste Filippo Anelli. Usare Immuni è dunque un atto di responsabilità nel momento in cui inevitabilmente abbiamo a che fare con estranei, per esempio sui mezzi pubblici.

La Commissione Ue, per intensificare le attività di tracciamento con app, ha dato il via libera a Gatway, un’unica rete interconnessa di scambio dati che permetterà di viaggiare in Europa ricevendo e inviando segnalazioni di contatti con il virus. Italia e Germania saranno le prime a interagire tra loro tramite le app nazionali, a partire dal 17 ottobre, ma sono in tutto 15 i Paesi europei che hanno aderito. Perché bloccare la catena dei contagi è al momento l’unico modo per scongiurare un’ulteriore impennata del numero dei malati, un altro lockdown e una nuova emergenza nelle terapie intensive degli ospedali.

Come funziona l’app Immuni

L’app Immuni, gratuita e volontaria, si scarica dagli store di Apple e Google. Funziona sugli smartphone Apple e Android venduti dal 2015 in poi e usa il bluetooth (non il Gps, quindi non ci geolocalizza). Richiede regione e provincia di residenza, ma non nome, cognome, indirizzo, telefono o email. Invia notifiche in caso di contatti con un positivo a meno di 2 metri e per almeno 15 minuti. Chi è contagiato deve caricare sulla app un codice alfanumerico anonimo, trasmesso a un server centrale che a sua volta avverte gli altri utenti di Immuni che fossero stati vicini al soggetto infetto.

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