Quando arriva Immuni?

Google e Apple hanno rilasciato la tecnologia per le app di tracciamento. Intanto ci sono alcune novità sul modello italiano, che dovrebbe arrivare tra la fine di maggio e i primi di giugno

Nei Paesi che hanno gestito con successo l’emergenza sanitaria causata dal coronavirus, come la Corea del Sud, uno dei fattori determinanti è stato l’utilizzo di app per il tracciamento digitale dei contagi, che hanno permesso di individuare e contenere più velocemente i focolai. In Italia, dopo l’annuncio che la società Bending Spoons si sarebbe occupata della versione italiana dell’app di tracciamento, che si chiama Immuni, le notizie a riguardo sono state poche e frammentate. Ora, però, qualcosa inizia a muoversi. Il ministero dell’Innovazione ha pubblicato oggi il codice di Immuni, che sarà disponibile gratuitamente sia per iOs che per Android e dovrebbe essere pronta tra fine maggio e l’inizio di giugno.

Immuni si avvale della tecnologia di Google e Apple

Alla fine della scorsa settimana Apple e Google, che dallo scorso 10 aprile collaborano allo sviluppo di un modello unico di tecnologia di tracciamento da fornire alle autorità sanitarie, hanno reso disponibile l’interfaccia di programmazione per le applicazioni (API) che aiuteranno a monitorare la diffusione di COVID-19 da persona a persona. Cosa significa? Che è il primo passo concreto verso l’app che installeremo presto sui nostri telefoni: i due giganti del tech hanno infatti brevettato un sistema che è già stato richiesto da 22 Paesi, tra cui appunto l’Italia. La componente fondamentale del sistema di tracciamento è la notifica di esposizione al contagio che userà la tecnologia bluetooth e che sarà «volontaria, anonima e nel rispetto della privacy».

L’interfaccia rilasciata consentirà alle app delle agenzie sanitarie di utilizzare il Bluetooth nei telefoni che dispongono di iOS e Android per rilevare e “ricordare” gli altri smartphone con cui sono entrati in contatto. Nel caso in cui un utente risultasse positivo, viene guidato dalla app a seguire una procedura a stretto contatto con il personale sanitario, mediante la quale potrà registrare i suoi spostamenti nei 14 giorni precedenti utilizzando uno pseudonimo che la stessa app cambierà periodicamente. A questo punto, gli altri utenti che accedono al database pubblico, potranno consultare i dati che elencano i casi positivi della propria zona e, nel caso vi fossero venuti a contatto dovranno mandare, sempre in forma anonima, una notifica di allerta, per auto segnalarsi come contatto a rischio.

Quando si scarica la app, si dovrà immettere la propria provincia di residenza, in mondo che le autorità predisposte possano monitorare in tempo reale il numero di notifiche di allerta inviate sul territorio. La partecipazione attiva dei cittadini è quindi fondamentale: Immuni dovrebbe prevedere vari livelli di “rischio”, che tengono conto del tempo e della distanza con cui si entra in contatto con un positivo, e dovrebbe registrare i contatti fino a un massimo di 30 minuti.

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La questione della privacy

Durante la conferenza stampa di mercoledì 20 maggio, in cui è stato annunciato il rilascio dell’interfaccia, Google e Apple hanno anche affrontato alcune delle questioni che riguardano la privacy degli utenti, che è poi una delle preoccupazioni principali quando si parla di tracciamento digitale. Come riporta Fast Company, «le due società sembrano aver integrato un sistema di protezione abbastanza elaborato nella progettazione del loro modello» (come quello dello pseudonimo che cambia periodicamente).

Le questioni aperte, invece, riguardano almeno tre altri fattori: intanto per quanto tempo vengono conservati i dati di tracciamento e come vengono utilizzati in seguito. Quindi, quante persone la scaricheranno e la utilizzeranno, che è poi la chiave di svolta perché la app abbia successo nel fermare l’avanzata del virus: uno studio dell’Università di Oxford rileva infatti che per per rallentare significativamente la diffusione della malattia, almeno il 60% della popolazione deve scaricare e partecipare al tracciamento (sebbene, specificano gli studiosi, anche un tasso di partecipazione del 20% potrebbe fornire utili spunti). Google e Apple hanno affermato di aver lavorato per offrire una «tecnologia abilitante» e che sarà compito delle autorità sanitarie nazionali che aderiranno al programma convincere, coinvolgere e rassicurare i cittadini a riguardo.

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