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Il caso curcuma: siamo “malati” di integratori?

Cresce il consumo di vitamine e altri principi sotto forma di pillole. Si moltiplicano anche le “leggende metropolitane” sui rimedi naturali anti-cancro e che medici lanciano un appello: attenti alle bufale


Sono facili da assumere, promettono di fornire all’organismo quelle sostanze che, complici una vita spesso frenetica e a volte sregolata, non si riesce ad assumere con una normale dieta equilibrata: sono gli integratori, il cui consumo sta aumentando vertiginosamente nel mondo e anche in Italia. Il caso dei prodotti a base di curcuma, ritirati dal ministero della Salute perché considerati legati a casi di epatite, ha riportato l’attenzione su un tema importante: gli integratori fanno bene? Esistono prodotti, sotto forma di compresse, pillole o bustine, in grado di prevenire malattie anche serie come quelle procurate da un eccesso di colesterolo, problemi cardiovascolari o persino alcuni tipi di tumore?

Per arginare il ricorso sempre più massiccio a prodotti di laboratorio e per sfatare alcuni miti, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) ha realizzato un’apposita pagina web, dottoremaeveroche.it.

“Dietro prescrizione medica e per alcuni integratori esistono studi che mostrano alcuni benefici, ma non bisogna illudersi che queste pillole possano curare né che possano avere effetti benefici per tutti: ogni persona è un individuo a sé e le situazioni vanno valutate caso per caso. Ad esempio, se si parla di prevenzione primaria, quindi di soggetti che non hanno mai avuto problemi particolari di salute e vogliono assumere integratori, va comunque ricordato quel vecchio adagio secondo cui tutte le sostanze sono potenzialmente veleni e la giusta dose fa la differenza tra i rimedio e il veleno stesso” avverte Carlo Manfredi, responsabile della Commissione del farmaco della FNMOCeO e presidente dell’Ordine dei Medici di Massa-Carrara.

Il “caso curcuma”

Negli ultimi giorni si sente parlare molto della curcuma, finita al centro della cronaca per i casi di epatite “legati al consumo d’integratori” (segnalati dall’Istituto Superiore di Sanità e ritirati dal ministero della Salute), che contenevano questa spezia. Si tratta di “epatite colestatica acuta”, non infettiva e non contagiosa, che sarebbe stata causata da prodotti specifici per i quali il ministero della Salute e la Regione Toscana hanno invitato i consumatori a sospendere temporaneamente il consumo. A provocare la malattia non sarebbe stata la curcuma in sé, bensì qualche eccipiente.

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Ma l’aumento nell’assunzione d’integratori a base di questa spezia sarebbe motivato dalla credenza che possa avere proprietà antitumorali. È vero? Sul sito Dottore è vero che…?, a cura della FNOMCeO, si legge che un noto medico statunitense ha lanciato su Twitter una provocazione: mostrando una bustina di preparato a base di curcuma, ha chiesto ai colleghi se la consiglierebbero ai propri pazienti. Un dottore del Tennessee ha fornito la risposta più sagace: “Siamo andati a cena dai miei genitori, ma mia madre non aveva curcuma nel mobiletto delle spezie: ne aveva, però, in alcune capsule di un prodotto erboristico in bagno. Le abbiamo messe nel sugo e il pollo è venuto benissimo”.

Spesso, infatti, si comprano integratori, ma mancano in dispensa gli alimenti che sono fonte naturale di vitamine o altre sostanze ritenute carenti nella propria dieta. Come ricorda la Federazione dei medici chirurghi e dentisti, “sono stati condotti studi per lo più su animali, che hanno mostrato effetti benefici della curcuma contro il cancro del colon, dello stomaco e della pelle, ma” – aggiungono gli esperti – “è importante ricordare che non tutti i risultati degli studi su animali possono essere considerati trasferibili all’uomo. In altri studi effettuati in laboratorio si è evidenziato un rallentamento della replicazione delle cellule tumorali trattate con la curcuma e in altri – condotti su popolazioni molto ridotte – un’attività biologica in alcuni pazienti con cancro al pancreas”.

Ma non mancano criticità, tanto che la Federazione spiega: “Ad oggi non ci sono prove sufficienti per raccomandare la curcuma per prevenire o curare il cancro, ma la ricerca per verificare il suo effetto antinfiammatorio sta proseguendo”.  

Il boom degli integratori

Secondo FederSalus, l’Associazione Nazionale Produttori e Distributori dei prodotti salutistici, nel nostro Paese il 65% degli adulti (32 milioni) fa ricorso a integratori, soprattutto per migliorare le proprie prestazioni sportive, ma non solo. C’è chi assume “pillole” dai colori più disparati pensando che possano contribuire al benessere, sia in termini di salute vera e propria, che per ridurre stanchezza o fastidi di vario tipo. Il rischio è però l’abuso, oltre che il ricorso a canali di vendita meno “sicuri”: “Negli Usa, dove gli integratori sono diffusissimi, uno studio ha evidenziato come ci siano stati 23 mila accessi all’anno al Pronto Soccorso per uso eccessivo di questi prodotti, molti dei quali diventati poi ricoveri” spiega Manfredi.

In Italia, secondo FederSalus, il mercato degli integratori alimentari ha generato nel 2018 un giro d’affari di 3,3 miliardi di euro. Sono 226 milioni le confezioni vendute, soprattutto in farmacia (86%), parafarmacie (8,6%) e grande distribuzione organizzata, dunque super e ipermercati (5,4%). I più richiesti sono vitamine e minerali, prodotti per il benessere intestinale, cardiovascolare, delle vie respiratorie e difese naturali, i rimedi per favorire il riposo e il benessere mentale, urogenitale, il metabolismo, la depurazione e il controllo del peso, e infine la digestione e la salute muscolo-scheltetrica.

“Bisogna però fare attenzione al fatto che, se i loro presunti benefici non sono supportati da una solida ricerca medico-scientifica, potrebbero non essere garantiti gli effetti sperati” avverte l’esperto.

Cosa dice la medicina?

“Gli integratori sono diventati una parola magica, non appena la si pronuncia ecco che si illuminano gli occhi delle persone, che pensano che possano permettere di godere di uno stato di salute migliore, di combattere proprie fragilità e ridurre i rischi di incorrere in malattie gravi e, in particolare, in quelle neoplastiche.

Quando si parla di integratori e dei supposti effetti positivi supportati da ricerche preliminari, occorre però fare una premessa: va sempre fatta una valutazione personale sul soggetto in questione. Ad esempio, si parla periodicamente dei benefici dell’assunzione di modiche quantità di alcol, come può essere il classico bicchiere di vino a pasto. Ma se una donna ha un rischio cardiovascolare basso, non è diabetica, fumatrice o ha un colesterolo LDL (quello “cattivo”) basso, anche l’effetto eventualmente positivo sarà insignificante. Se, invece, ha familiarità per tumori alla mammella, l’alcol avrà la conseguenza di farle aumentare il rischio di sviluppare questa patologia. Se un uomo è a rischio di andare incontro a un cancro dell’intestino, allora sarà meglio evitare l’alcol, ma se ha una condizione cardiovascolare normale, allora il bere moderato potrebbe giovargli” dice responsabile della Commissione del farmaco della FNOMCeO.

“È importante distinguere anche i tipi di ricerche che parlano dei benefici di alcune sostanze, alimenti o prodotti: gli studi osservazionali servono principalmente a stabilire delle correlazioni fra la comparsa di una malattia fra coloro che assumono o non assumono un certo alimento. Le loro conclusioni sono più fragili perché non dimostrano una relazione causa effetto, ma costituiscono la base per condurre studi sperimentali che prevedono osservazioni più prolungate su campioni più rappresentativi della popolazione per classi di età, sesso e caratteristiche biometriche di base con assegnazione a caso dei soggetti ai due gruppi a confronto, uno solo dei quali assumerà l’integratore oggetto della ricerca. Prima di cambiare il proprio stile alimentare, quindi, occorrerebbe più prudenza” spiega Manfredi.

Anti-tumorali “naturali”: quali sono e cosa c’è di vero?

Se la curcuma è finita al centro dei controlli nelle ultime settimane, in passato era toccato, ad esempio, all’artemisia annua. Come spiega l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano “si può dire con certezza che, in esperimenti in vitro, uno dei suoi principi attivi, l’artemisinina e i suoi derivati, hanno dimostrato un effetto tossico sulle cellule tumorali e che questa classe di farmaci è utilizzata come trattamento della malaria con un profilo di tossicità estremamente favorevole”. Occorre però precisare che, i risultati clinici sono limitati a uno studio cinese (lo stesso Int è impegnato nella ricerca in tal senso) considerato “limitato”: “In pratica – si legge sul sito dell’Int – a oggi non esistono studi clinici che possano darci informazioni di quello che l’artemisia annua e i suoi derivati producono nell’uomo, sia come tossicità sia come efficacia antineoplastica”.

Un altro integratore di cui sta aumentando il consumo è la vitamina D: “Uno studio ha attribuito una capacità di prevenzione alla vitamina D, soprattutto nell’incidenza di certi tumori, ma è stato smentito a inizio anno da un’altra ricerca” dice Manfredi.

“Un altro caso esemplare è quello del betacarotene, un precursore di una vitamina A dalle proprietà antiossidanti. Dai primi studi osservazionali sembrava che una sua maggiore assunzione potesse corrispondere a una incidenza più bassa di tumore al polmone. Ma quando è stato valutato il suo effetto con studi sperimentali su un numero cospicuo di soggetti (circa 5.000), si è visto che non solo non c’era un minor numero dei tumori del polmone, ma c’era persino un aumento di decessi per altre cause. Lo stesso vale per la vitamina E, la soia o i fitoestrogeni che, per esempio, sembra possano ridurre i fastidi legati alla menopausa e possano aumentare la protezione nei confronti di tumori e malattie cardiovascolari” dice Manfredi.

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Gli effetti collaterali

Il caso degli integratori alla curcuma dimostra come occorra la massima vigilanza verso prodotti nei quali a preoccupare non sono tanto i “principi attivi” quanto gli inquinanti o adulteranti che potrebbero rinvenirsi nei vari preparati.

Negli Stati Uniti, ad esempio, dove gli integratori più usati sono quelli per perdere peso, “sono stati trovati molti prodotti che contenevano la sibutramina, che ha un effetto anoressizzante. In altri integratori commercializzati per migliorare la vita sessuale era contenuto il principio attivo del viagra. Nel caso dei prodotti indicati a sostegno dell’attività fisica e muscolare, invece, erano contenuti steroidi sintetici, ossia anabolizzanti. A preoccupare è soprattutto l’acquisto internet di prodotti che potrebbero contenere sostanze che possono sfuggire ai controlli degli enti preposti. Per questo è sempre bene rivolgersi ai canali istituzionali e alle fonti istituzionali” spiega Manfredi, che aggiunge: “Va comunque detto che in Italia esistono controlli seri, anche sui farmaci di fascia A, anche se gli acquisti online stanno aumentando”.

Ma gli integratori possono avere effetti collaterali a carico del fegato? “Se sono assunti in quantità in linea con i livelli raccomandati di nutrienti no. Casomai il rischio è quello di non ottenere i benefici sperati. Nel caso del betacarotene, ad esempio, si è visto che gli effetti favorevoli dati dal consumo di frutta fresca e verdura non sono riscontrati quando lo si assume sotto forma farmaceutica, tramite un integratore” dice l’esperto.
Diverso è il discorso per le possibili interferenze con altri medicinali assunti per terapie mediche. Da qui i consigli degli esperti.

Integratori: le tre regole d’oro

– Attenzione alle bufale: il primo consiglio è quello di non essere “creduloni”, di prestare attenzione alle diciture con le quali vengono proposti e commercializzati alcuni prodotti. Un esempio sono frasi come “testato in laboratorio” o “integratore bilanciato” o ancora “formulazione ideata per rispondere a…” determinate necessità: sono tutti messaggi che creano attesa e fiducia in prodotti che non sempre hanno un’efficacia reale che studi idonei potrebbero dimostrare o smentire.

– No ai mix di farmaci e integratori: a meno che non siano stati prescritti in modo particolare dal medico, evitare di assumere integratori che possono ridurre l’efficacia di terapie mediche in corso o addirittura interferire con esse. Soprattutto nei soggetti con diabete o ipertensione o con più di una malattia cronica, alcune sostanze aumentano il rischio di interazioni farmacologiche anche potenzialmente dannose.

– Stile di vita sano invece che pillole: bisogna ricordare sempre che per ogni integratore e ogni suo possibile effetto benefico esiste la possibilità di ottenere gli stessi risultati modificando il proprio stile di vita e, in particolare, seguendo una dieta equilibrata e facendo attività fisica. Tutti gli studi condotti in questo ambito dimostrano i benefici sulla prevenzione e cura di malattie del metabolismo, cardiovascolari, neoplastiche e sull’apparato loco-motore: “Alimentazione sana e attività fisica vincono su tutti gli integratori” conclude Carlo Manfredi.

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