La lotta biologica per salvare la nostra frutta

Per salvare la frutta dalle cimici asiatiche che invadono i campi e le case nel nord Italia è stata innescata una lotta biologica con un altro insetto: la vespa killer. Non fa male all'uomo e si spera, riporterà l'equilibrio

Ammonta a 740 milioni il danno causato dalle cimici asiatiche che da qualche anno sono arrivate nel nostro paese, infestando i campi, distruggendo i raccolti e costringendo spesso molti cittadini privati a barricarsi in casa. Ma a fermare l’invasione ora ci penseranno le “vespe samurai” o “vespe killer”, appena liberate nelle campagne delle regioni del nord Italia più colpite, prima tra tutte l’Emilia Romagna. Coldiretti, dopo aver finanziato diversi progetti coinvolgendo anche il mondo universitario, ha infatti ottenuto il via libera da parte del ministero dell’Ambiente a rilasciare le “vespe killer” in Emilia, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto, Province autonome di Trento e Bolzano per dare il via a una lotta biologica, l’unico modo per fermare la cimice asiatica.

È iniziata la lotta biologica

Come in un vero e proprio piano di guerra, sono stati individuati ben 712 punti nei quali liberare gli insetti antagonisti della cimice marmorata asiatica. Come spiegato da Coldiretti, in prima linea nella lotta all’insetto, le vespe sono collocate sugli alberi da frutto o nei pressi dei campi dove sono state localizzate le uova delle cimici da aggredire, in modo da fermarne la consistente riproduzione.

Un nemico contro una cimice aggressiva

La “vespe samurai” o Japonica ha dunque l’obiettivo di arginare la diffusione della cimice asiatica marmorea: «Si tratta di quella di colore marrone, differente rispetto alla nostra, autoctona: è detta anche cimice cinese perché è arrivata qualche tempo fa proprio dalla Cina, con tutta probabilità con un carico di frutta nel modenese. Da qui si è estesa rapidamente prima in Emilia Romagna, poi in tutto il nord Italia, infestando i campi e distruggendo i raccolti» spiega Claudio Venturelli, entomologo dell’Ausl della Romagna.

«A differenza delle cimici verdi che avevamo in precedenza, quella asiatica è particolarmente aggressiva: non si limita a creare danni ai noccioli, ma anche a ciliegie, pomodori, mele, pere, kiwi, pesche nettarine, albicocche e susine, attaccando anche olive, soia, mai e ortaggi. Si è arrivati ad avere fino al 60% del prodotto scartato – osserva Venturelli – Ad aggravare la situazione c’è il fatto che si riproduce molto: per ciascuna delle due cove all’anno deposita 3/400 uova. Resiste anche bene all’inverno, in particolare nelle legnaie, e soprattutto qui nel nostro ambiente non ha trovato parassiti a contrastarne la crescita».

Cosa sono le “vespe killer”

«Nel sud est asiatico, zona della quale è originaria, non rappresenta un problema, perché esiste un parassita in grado di contrastarla in modo naturale. Quello che si sta facendo ora è proprio questo: si sono allevate queste “vespe killer” in laboratorio, in modo da ricreare un equilibrio naturale. Si tratta di parassitoidi molto piccoli: sono lunghi poco meno di 1 millimetro e larghi circa 0,2 millimetri, sono pressoché invisibili a occhio nudo. Assomigliano molto a un altro parassita importato dagli Usa tempo fa per distruggere le uova di un particolare tipo di farfalla che distruggeva le coltivazioni di mais» spiega l’entomologo. In questo caso si tratta di un ooparassitoide, che depone il suo uovo all’interno di quella della cimice ospite, impedendone lo sviluppo

Perché solo ora?

Seguendo lo stesso principio si è pensato di introdurre un altro parassita specifico contro la cimice asiatica: «Da tempo gli agricoltori si battono per trovare una soluzione: ad esempio con Coldiretti in Emilia hanno investito oltre 200 milioni di euro, coinvolgendo la regione e le università di Modena e Reggio Emilia. Dopo una serie di ricerche, è stato chiesto di poter liberare le “vespe samurai” nel nostro territorio e ora è arrivato il via libera del governo». Ma perché ci è voluto tanto tempo? «Un po’ per colpa della burocrazia, un po’ perché prima di rilasciare qualsiasi animale alloctono, quindi non originario di un territorio, occorre verificare che non incida in modo negativo sul resto dell’ecosistema. Da diversi anni si stava testando la “vespa samurai”, che era già stata portata e allevata ad esempio al Bioplanet di Cesena. Ora è arrivata l’autorizzazione» spiega Venturelli.

Esistono altri rimedi contro le cimici?

La speranza è che in tempi rapidi le cimici si riducano di numero, con grande sollievo anche per gli abitanti delle zone infestate, spesso costretti a tenere porte e finestre chiuse per non vedersi invadere la casa di cimici. È ipotizzabile che le “vespe samurai” siano usate anche dai privati cittadini sotto forma di prodotti insetticidi? «Purtroppo al momento non ce ne sono a sufficienza per fornirne anche gli abitanti. Però, una volta iniziata la lotta biologica, si arriverà a un riequilibrio naturale, con una drastica riduzione delle cimici di cui beneficeranno tutti in tempi abbastanza rapidi: si parla di circa un anno – spiega l’esperto – D’altra parte ad oggi non esistono prodotti efficaci per distruggere le uova o le cimici giovani (quelle adulte sono molto resistenti) perché è difficile intercettarle. Hanno una grande abilità a nascondersi negli anfratti e riescono a superare l’inverno raggruppandosi a centinaia e centinaia, tutte vicine, tenendosi caldo a vicenda. L’unico modo per eliminarle è buttarle via quando le si trova».

Un problema non solo italiano

«L’Italia è particolarmente colpita dalla cimice asiatica, ma in Europa è presente anche in Svizzera, Germania, Francia e Ungheria. Anche negli altri paesi si stanno seguendo con successo progetti di lotta biologica sia in Europa che in America ricorrendo proprio al Trissolcus Japonicus, nome scientifico delle “vespe samurai» spiega Venturelli. D’altra parte i prodotti chimici non si sono rivelati efficaci perché quelli autorizzati nella frutticoltura non si sono rivelati tossici per la cimice.

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