Marilena Abbatepaolo preside
Marilena Abbatepaolo

Marilena Abbatepaolo, la prima preside non udente d’Italia

Coraggio e determinazione, resilienza e visione. Sono le doti di Marilena Abbatepaolo, dirigente 42enne che conduce una battaglia ambiziosa: ridare il sorriso alla scuola italiana. Anche attraverso l’uso delle mascherine trasparenti, indispensabili per i sordi e fondamentali per riavvicinare tutti

Una sfida perenne tra il possibile e l’impossibile. Quarantadue anni e almeno 4 vite già vissute in cui non ha mai smesso di ripetersi il motto: «Se vuoi, puoi; se puoi, devi». Ora che alle prese con la pandemia Covid il futuro ci sfugge, lei, Marilena Abbatepaolo, pugliese di nascita e romana di adozione, l’unica preside (e poeta) non udente d’Italia, non smette di darsi da fare e sognare. «Pur con una disabilità uditiva che dovrebbe allontanare dal mondo, mi sforzo di andare incontro all’altro» dice.

Maturità classica con il massimo dei voti, laurea in Lettere classiche con 110 e lode, due dottorati di ricerca, in Lingua e letteratura latina e in Letteratura italiana del Rinascimento. E, soprattutto, coraggio e determinazione, resilienza e visione. Ha creato “La scuola del sorriso”, un modello che attinge le sue radici nella Ca’ Zoiosa di Vittorino da Feltre – una delle prime scuole fondate in età umanistica – presso l’Istituto comprensivo La Giustiniana che dirige a Roma.

Tre plessi, 910 alunni: qui, lei e 100 docenti dal primo giorno di scuola indossate mascherine trasparenti, riutilizzabili, lavabili a casa. «Sì, i miei docenti e il personale volevano che io capissi loro, ma poi abbiamo compreso che era utile al cuore tornare a guardarci. Non ci sono bambini sordi iscritti, ma a scuola c’è bisogno di mascherine trasparenti per una questione di empatia. Ho scelto di fare la dirigente scolastica con un’immagine, la Ca’ Zoiosa di Vittorino da Feltre: per me la scuola è un giardino pieno di colori dove ogni bambino è un seme diverso. Tutti qui devono portare il loro sorriso, ogni mattina».

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Ora lei chiede mascherine trasparenti anche per gli studenti. Con il presidente dell’Ente nazionale sordi ha scritto al premier Conte e ai ministri Azzolina e Speranza, ma non avete avuto risposte. «Rilancio il nostro appello: la scuola ne ha bisogno non solo per alunni e docenti sordi ma per tutti. I non udenti hanno diritto alla loro autonomia e la mascherina, oggi, è una barriera architettonica. Io voglio indossare quella trasparente e voglio che chi parla con me la indossi, va adottata in tutti gli uffici e luoghi al servizio del pubblico. Durante il lockdown sono state drammatiche le prime esperienze al supermercato, alle Poste. Non capivo nulla. Ho provato le sensazioni di limite e inadeguatezza dei miei 16 anni, quando ho cominciato a non sentire».

È successo 26 anni fa: come è stato trovarsi un mattino piombata nel silenzio? «Tremendo: tutti i miei sogni mi sono crollati addosso. A 16 anni hai paura. Temi che nessuno mai potrà amarti».

Con la sordità è iniziata la sua seconda vita. «Ho capito che la sordità poteva essere anche un dono, mi permetteva finalmente di cogliere tutte le vibrazioni dell’universo. C’era il tramonto: avevo 18 anni e mi sentivo tanto sola. Ho guardato il sole e mi sono accorta che esistono suoni che passano oltre le orecchie. Così ho udito davvero, per la prima volta».

Ipoacusia neurosensoriale era la diagnosi: nessun preavviso e non è mai riuscita a capire perché è sorda. «No. Diciamo che le mie cellule si sono autodistrutte».

La scuola per Marilena studentessa è stata inclusiva? «No, era tutto affidato alla bontà dei professori e per fortuna la maggior parte aveva competenze. Ma ricordo di aver avuto moltissime difficoltà con l’inglese e la docente, che nemmeno sapeva il mio nome perché era una supplente, mi prendeva in giro quando non capivo. Ci restai così male che finii dal medico. Mi hanno sorretta i libri, Leopardi per esempio, il primo amore della mia vita. E poi scrivere».

Che scuola serve ai nostri figli? «La scuola deve tornare ad essere umana. Ci perdiamo dietro i numeri, dietro le carte. I ragazzi vanno ascoltati».

Lei ha ricoperto anche ruoli politici, nella sua terza vita. «Ho amato e amo la politica. Per 5 anni sono stata assessore alla cultura nel mio Comune, a Polignano a Mare, in provincia di Bari. Mi ci sono dedicata a tempo pieno, mettendomi in aspettativa».

Due anni fa ha deciso di lasciare la Puglia, la politica, si è separata da suo marito e si è trasferita a Roma per dedicarsi ad educare e scrivere. «Una quarta vita. Roma io l’ho studiata. I miei 2 saggi universitari raccontano della città, mi sono occupata di storia romana e arte tardoantica. Roma era un sogno, non ci venni a 18 anni per paura. Due anni fa mi sono detta: è tempo. E ho chiesto il trasferimento».

Ha traslocato con la gatta Gala, un carico enorme di libri e ha subito scritto la raccolta Partitura in Versi (Les Flâneurs Edizioni). «Il mio libro è frutto di un dialogo grazie al quale ho trovato Marilena che ama la musica e la poesia. Così ho voluto raccontare la mia storia».

Lo spirito combattivo e creativo sembra non abbandonarla mai. Ha paura anche lei? «Sì, di tante cose. Ma ho coraggio. Il coraggio nasce dalla paura. E allora mi rendo conto che ora nulla mi spaventa davvero».

Mascherine anti-Covid: una barriera architettonica

«Per i non udenti le mascherine sono una barriera architettonica» dice Marilena Abbatepaolo. Tutti gli studenti potrebbero indossare quelle trasparenti in aula, ma al momento il Ministero dell’Istruzione le fornisce solo all’Istituto Magarotto di Roma e Padova, scuola statale specializzata per sordi, o le invia agli istituti con alunni sordi su richiesta delle famiglie.

Ci sono aziende, anche italiane, che hanno iniziato a produrle e sono certificate dal Comitato Tecnico Scientifico come dispositivi sanitari anti-Covid. La Under Shield di Fontaniva (Padova), per esempio, le fornisce all’Istituto Magarotto. La Regione Emilia-Romagna è la prima (e unica) in Italia ad aver approvato una risoluzione per dotare gli istituti del territorio anche di mascherine “per lettura labiale”.

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