Un bambino italiano su tre è obeso

L’Italia è al primo posto per numero di bambini sovrappeso o obesi, in continuo aumento. Colpa dell’alimentazione e del poco movimento fisico

I nostri bambini sono sempre più in sovrappeso. I dati arrivano dal secondo Rapporto sulla malnutrizione infantile della ong Helpcode, che ha preso in esame la fascia d’età tra i 6 e i 9 anni. Il risultato è allarmante, con l’Italia che si trova al primo posto per numero di bambini con il girovita troppo abbondante, pari a 100mila. Si tratta soprattutto di maschi, pari a circa 1 su 5 (21% rispetto al 14% delle femmine).

La maggior parte vive nelle regioni di centro e sud Italia, con la Campania in testa (oltre il 40%), seguita da Molise, Calabria, Sicilia, Basilicata e Puglia. Colpa dell’alimentazione non equilibrata, ma anche della scarsa attività fisica, sia nel tempo libero che a scuola. In vista della Giornata mondiale contro l’obesità la ong ha anche stimato che nel mondo ci siano oltre 40 milioni di bambini con meno di 5 anni in condizione di sovrappeso o obesità, in aumento di 10 milioni rispetto al 2000. I dati confermano dunque una tendenza e l’allarme già lanciato qualche tempo fa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Obesità infantile, tendenza allarmante

Secondo l’OMS l’81 per cento di bambini e adolescenti in età scolare non si muove a sufficienza, fa una vita sedentaria e poco sport, con il risultato di mettere in serio pericolo la propria salute. L’obesità infantile rappresenta un fattore di rischio per malattie cardiovascolari, ictus, diabete e persino cancro, con un aumento delle probabilità di morte prematura del 20/30 per cento. “L’alert dell’Organizzazione mondiale della Sanità non è assolutamente da sottovalutare” ha commentato il ministro della Salute, Lorenzin, che su Facebook ha proposto di “Studiare incentivi fiscali per chi svolge la pratica sportiva e, soprattutto, aumentare le ore di educazione fisica nelle scuole, affinché questa materia non sia più una cenerentola, ma un volano decisivo per rendere la nostra società più attiva e in buona salute”. 

Ma qual è la situazione nelle scuole e cosa ostacola l’aumento di ore di educazione fisica? Che fine ha fatto la proposta di introdurre lo yoga?

L’obesità in aumento

L’Oms ha indicato come obiettivo a livello globale quello di ridurre la quota dei sedentari del 10 per cento entro il 2025. Al momento si stima che 1 adulto su 4 (23 per cento) non si muova a sufficienza, mentre meno del 20 per cento dei giovani fa un’adeguata quantità di moto, che non significa necessariamente sport: viene considerato importante il semplice movimento muscolare, che può tradursi in gioco, corsa, ballo o semplici camminate, che implichino coordinamento e dispendio di energie. Attività che però sono sempre più ridotte, a vantaggio del maggior tempo passato davanti a tablet e videogiochi. Da qui l’invito dell’Oms a mettere in campo politiche per incentivare il movimento fisico, che finora sono state attuate solo dal 56 per cento degli Stati membri.

Italia ed Europa: quante ore di ginnastica?

Alla scuola primaria il Ministero dell’Istruzione indica in una ora settimanale il quantitativo minimo da dedicare all’attività motoria, che sale a due nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. L’unica eccezione è rappresentata dal Liceo Scientifico ad indirizzo sportivo, dove sono previste 6 ore settimanali: 3 di scienze motorie e sportive (le vecchie lezioni di educazione fisica) e 3 di discipline sportive scelte dall’istituto.
Il Rapporto Eurydice – Educazione fisica e sport a scuola in Europa, a cura della Commissione europea, mostra notevoli differenze a livello comunitario. Alla scuola primaria si va dalle 37 ore all’anno dell’Irlanda alle 108 della Francia, che rappresenta il Paese nel quale si dedica maggior tempo scolastico all’attività fisica (a.s. 2011/2012, ultime rilevazioni). Alle secondarie le cifre variano dalle 24-35 ore di Spagna, Malta e Turchia alle 102-108 di Francia e Austria. Nelle scuole superiori come licei e istituti tecnici, nella maggioranza dei paesi l’orario di insegnamento minimo raccomandato per l’educazione fisica equivale in media al 6-8 per cento di quello complessivo: la Francia si distingue ancora una volta con il 14 per cento, mentre in Spagna, Malta e Turchia ci si ferma 3-4 per cento.
L’Italia, con le sue 66 ore delle scuole secondarie è a circa metà classifica, ma dietro a paesi come Austria, Polonia e Germania, dove i ragazzi devono svolgere circa 100 ore di sport all’anno a scuola. Nella maggior parte dei paesi la quota di orario destinata all’educazione fisica è leggermente superiore rispetto a quella delle scienze naturali o delle lingue straniere, e pari a quella delle attività artistiche.

Che educazione fisica si fa?

Le differenze proseguono anche quando si entra nel merito del tipo di attività fisica praticata: in Italia non ci sono linee guida precise del Ministero dell’Istruzione, mentre in altri Stati europei è previsto l’insegnamento di ginnastica a corpo libero e giochi (generalmente con la palla), senza escludere la possibilità di fare atletica, nuoto e anche danza, come ad esempio in Belgio, Francia, Germania, Austria e Ungheria.

I progetti in campo

Per “l’attività motoria abbiamo investito e continuiamo a investire molto, anche in termini di risorse” fa sapere in una nota il Ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli. Al momento per la scuola primaria il principale progetto di riferimento è Sport di classe, realizzato dal Ministero stesso (Miur) insieme al CONI e rivolto alle classi 4^ e 5^. Prevede l’affiancamento di tutor sportivi ai docenti di classe per 1 ora alla settimana, per tutto l’anno. Secondo i dati dello stesso Miur, nell’a.s. 2017/2018 sono 7.367 gli istituti che hanno aderito al progetto, in crescita rispetto ai 6.900 dello scorso anno su quasi 17.000 scuole primarie italiane, per un totale di 27.524 classi coinvolte e più di 550.000 alunni.  
“Il progetto Sport di classe, tra l’altro, è appena stato potenziato con uno stanziamento di 15 milioni di euro in totale che permetteranno di potenziare l’attività motoria e sportiva con 60 ore in più – circa due ore alla settimana – a scuola” fanno sapere dal Miur, specificando che i fondi, di origine europea, sono destinati a tutti gli istituti del primo ciclo di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Lo scopo, come sottolineato da Fedeli, è “promuovere l’attività motoria a scuola e aumentare le opportunità di avvicinamento allo sport. Sostenere lo sport significa favorire stili di vita salutari”.

Troppi appalti al CONI?

Sono di quest’anno anche i progetti Joy of moving (sperimentale), che coinvolge 100 istituti d’infanzia e primaria su tutto il territorio nazionale, e il Gioco della ginnastica rivolto sempre ai più piccoli. Per gli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, ogni anno vengono invece promossi i Giochi Sportivi Studenteschi, ora chiamati Campionati Studenteschi, organizzati in collaborazione col CONI, il CIP (Comitato Italiano Paralimpico), le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline sportive associate riconosciute dal CONI, con Regioni ed Enti Locali.
Si tratta solo di alcuni dei progetti attivati e promossi dal Miur, che vedono coinvolti altri attori esterni, come la Federazione Italia Tennis e la Federazione Italiana Badminton per l’attività Racchette di Classe. Tutti progetti contro i quali gli insegnanti di Educazione fisica riuniti in associazioni hanno lanciato una mobilitazione nazionale, accompagnata da una petizione dal titolo: #ORABASTA: NO ALL’APPALTO DELL’ATTIVITA’ SPORTIVA SCOLASTICA AL CONI DA PARTE DEL MIUR. Chiari i motivi del dissenso: Così dopo il drastico taglio delle risorse per l’attività sportiva scolastica (passate da 60 milioni di euro del 2011 a poco più di 22 milioni di euro), il ridimensionamento degli uffici di EF con l’eliminazione del coordinatore provinciale e il taglio delle risorse, nella primaria lo “Sport di classe” a gestione Coni, la riproposta dei moribondi campionati studenteschi… il MIUR intende appaltare l’attività sportiva scolastica all’esterno affidandola al CONI.”

Abolire l’educazione fisica?

A sollevare ancora più polemiche sulle ore dedicate all’attività fisica a scuola è stato, lo scorso ottobre, lo scrittore Giordano Tedoldi che, in un articolo sul quotidiano Libero, ha proposto di abolire le ore di educazione fisica, definite “solo uno svago, un momento di pausa. Ci sarebbero pure le fantomatiche ore di ‘teoria’, in cui bisognerebbe studiare il corpo umano, la muscolatura, lo scheletro, il metabolismo, tutte attività che, se fossero veramente svolte, potrebbero lasciare là dove sono, nei nasi, nelle lingue, tutti i più arditi piercing. Ma chi le fa? E per quante ore a settimana?” si chiedeva in modo provocatorio lo scrittore.

A fare da contraltare, invece, una lettera di uno studente al suo insegnante di Educazione fisica alla fine della terza media. Parole riportate dalla Confederazione associazioni provinciali diplomati ISEF e Laureati Scienze Motorie: “Grazie per tutto quello che ha fatto per noi” – scriveva il ragazzo , rammaricato delle sole due ore settimanali di educazione fisica – “Grazie prof, perché ci hai fatto divertire, ridere ma anche piangere. Ricordo con emozione, e anche le lacrime, la prima volta che ho corso la campestre: il freddo, la nebbia, il fango però all’arrivo il suo… abbraccio (…) Grazie per avermi insegnato che è bello vincere, ma è più importante farlo senza barare, come abbiamo sentito e visto dagli atleti più grandi che sono venuti in palestra a parlare del doping”. E ancora: “Grazie perché ci ha fatto sempre sentire importanti per tutte le cose che ci hai insegnato come la misurazione del battito cardiaco, per lo sport, attività che ho insegnato a mia madre, mio padre e a mio fratellino. Un po’ meno grazie per le lezioni per casa quando mia madre mi ha comperato la funicella per fare i salti la sera e nelle vacanza d’estate”.

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Un problema anche di costi

Se sull’utilità dell’educazione fisica, fatta eccezione per le boutade, sono tutti concordi, i problemi sorgono quando si affronta il discorso dei costi. Anche il ministro Lorenzin ha recentemente ricordato che insieme a Coni e Istituto superiore di Sanità è stata lanciata la campagna Movimento è salute per sensibilizzare la popolazione sui benefici dello sport. Il problema, però, è che troppo spesso si tratta di progetti annuali e a volte isolati, mentre secondo alcuni protagonisti del mondo della scuola occorrerebbe una politica di lungo respiro. Come riportato da Tecnicadellascuola.it, nel 2013 l’allora Ministro per le Pari Opportunità, Josefa Idem, “disse pubblicamente che per far crescere la cultura sportiva servono laureati in Scienze Motorie ad iniziare dalla scuola primaria, dove invece l’attività è affidata a maestre non specializzate. Oppure a progetti a pagamento dei genitori, che non sempre durano tutto l’anno scolastico”.

Il quotidiano ha quantificato il costo per le 132.193 classi di primaria in tutta Italia, stimando in 11mila gli insegnanti necessari. “Calcolando che lo stipendio annuale iniziale, comprensivo di oneri fiscali e previdenziali, si aggira sui 23mila euro annui, l’impegno economico per lo Stato sarebbe di almeno 250 milioni di euro. Considerando nel computo pure le scuole dell’infanzia statali, si arriverebbe almeno a 300 milioni di euro. Realizzare un Protocollo, invece, costa molto ma molto meno. Non è ora di invertire la tendenza?”.

Dalla ginnastica classica ai problemi fisici

“Ci sono due ordini di problemi: uno riguarda la strutture, le palestre e le attrezzature che spesso mancano o sono inadeguate; l’altro invece ha a che fare con gli insegnanti e l’approccio al movimento fisico: a scuola non si insegna e non si fa più la ginnastica classica, quella con il quadro svedese, la trave o le pertiche, perché mancano anche persone in grado di insegnarla. I docenti a volte non conoscono neppure i nomi di questi attrezzi. I bambini, poi, sono più capaci di saltare la corda o fare una capriola” spiega a Donna Moderna la Prof. Cristina Baroni, Presidente della SIEF, la Società Italiana di Educazione Fisica. “Oggi si tende a dire che i bambini devono muoversi, che è sufficiente farli giocare o fargli fare un po’ di sport. Ma occorre capire cosa sia lo sport, dal momento che anche i videogames hanno una loro Federazione Italiana dei Videogiocatori” aggiunge Baroni “Occorrerebbe reintrodurre la figura del maestro di ginnastica, ma l’unico istituto di formazione in Italia è l’Istituto Duchenne di Firenze – Scuola Nazionale di Educazione Fisica”.
“Occorre anche far fronte a una vera emergenza: un bambino che non si muove a sufficienza va incontro a problematiche ortopediche serie. Sempre più giovanissimi non riescono a piegare le ginocchia del tutto, hanno la scoliosi o le anche e l’alluce rigidi. Bisogna intervenire per tempo, fin dalla scuola materna, insegnando ad esempio le posture corrette. Va poi ridefinito anche il linguaggio: ormai sport è diventato tutto, anche fare una passeggiata con il cane. Ma la ginnastica è un’altra cosa”.

Dalla ginnastica allo yoga a scuola

Se la ginnastica classica non viene più insegnata, il Premier Gentiloni lo scorso autunno aveva però lanciato l’idea di introdurre lo yoga nelle scuole italiane. Al progetto, proposto in occasione di una visita in India, è seguita la firma di un Protocollo con la Federazione dello Yoga, per incentivare e potenziare la diffusione di questa disciplina nella didattica. “Io lo trovo assolutamente aberrante e spero che sia stata una battuta. Lo yoga non ha lo scopo di insegnare a muoversi ai bambini. È una filosofia, peraltro orientale, il cui fine non la buona salute, anche perché non è adatta a tutti: se un soggetto ha la schiena rigida, ad esempio, si può fare del male” – spiega l’esperta – “Se l’obiettivo del Premier era puntare l’attenzione sul rilassamento, intendendo lo yoga come una pratica adatta a calmare i bambini e i ragazzi, io ricordo che esistono già la ginnastica respiratoria e diversi esercizi, come quelli all’asse di equilibrio, che rappresenta un ottimo strumento per rilassare e creare silenzio. E’ uno strumento dal quale peraltro i bambini iperattivi traggono molti benefici“.

Quanto devono muoversi bambini e adulti

In mancanza di attività sportiva extrascolastica, le attuali ore di educazione fisica risultano comunque insufficienti rispetto alle indicazioni dell’Oms. La quantità minima di movimento che dovrebbero fare i bambini e gli adolescenti dai 5 ai 17 anni è così sintetizzata:

-Fare almeno 60 minuti di attività fisica da moderata a intensa ogni giorno.

-Essere attivi anche oltre 60 minuti fornirà ulteriori benefici per la salute.

-Includere anche attività che rafforzano muscoli e articolazioni almeno 3 volte alla settimana.

Per gli adulti, invece, le indicazioni prevedono minimo 75 minuti alla settimana di attività fisica, ma la soglia media consigliata è quella di 150 minuti alla settimana. Per ottenere reali benefici in grado di incidere sulla salute bisognerebbe comunque arrivare a 300 minuti alla settimana. Per gli over 65, infine, sono consigliate le stesse soglie dei più giovani (75-150-300). Per chi ha scarsa mobilità si esorta comunque a fare movimento 3 o più giorni alla settimana, anche se controllato, utile a migliorare l’equilibrio e prevenire cadute.

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