Elogio dell’ozio: quando prendersi del tempo per sé è una rivoluzione

Per i latini era il momento in cui ci si liberava da occupazioni e preoccupazioni. Oggi, tra culto della performance e mito del multitasking, è un miraggio. Specie per noi donne. Ecco perché non esiste gesto più sovversivo del prendersi tempo per sé

Donna Moderna al WeWorld Festival

Domenica 28 maggio il WeWorld Festival ha ospitato anche Donna Moderna. Abbiamo proprio parlato della valenza rivoluzionaria del tempo libero in una società che impone alle donne di ricoprire tanti ruoli diversi. Guarda il video dell’incontro: Più spazio all’Ozio. Il potere sovversivo del tempo per sé con la direttrice Maria Elena Viola, Riccarda Zezza, imprenditrice e Ceo di Lifeed, Giada Biaggi, stand-up comedian e Silvia Ziche, disegnatrice della nostra Lucrezia.

Ascoltaci anche su Giornale Radio nella puntata del 26 maggio

Siamo anche online in podcast nella puntata del 26 maggio di Giornale Radio nella rubrica 12 minuti con Donna Moderna.

Campioni di ozio

Ci vuole mestiere per riuscire a non fare nulla. Il Grande Lebowski, cardigan sfondato e sandali h24, è forse colui che più si avvicina all’oziatore di professione. Alla domanda: «Cosa fai nel tempo libero?”, risponde: «Le solite cose: il bowling, un giro in macchina, un trip d’acido se capita». E a chi gli chiede che lavoro faccia, sorride con l’espressione di chi si trova di fronte a un alieno. Ma per questo è forse tra i personaggi più affascinanti della storia del cinema. «Non fare nulla è un lavoro terribilmente duro» dice il giovane aristocratico Algernon Moncrieff in L’importanza di chiamarsi Ernesto, commedia di Oscar Wilde sulla vacuità dell’alta società vittoriana. Campione di ozio anche lui. Con in più l’aggravante, rispetto alla disinvoltura di Drugo Lebowski, di farci pesare il suo dolce far niente.

Perché noi donne non siamo capaci di oziare

Eccezioni a parte, i comuni mortali non ne sono capaci. Soprattutto noi donne, sempre con la mente impegnata, le mani agitate, le gambe pronte alla maratona. Lo spazio per l’ozio ce lo dimentichiamo. Eppure dovremmo imparare a (ri)trovarlo, perché «la parola “ozio” vuol dire stare bene» mi spiega Laura Pepe, professoressa di Diritto romano e diritti dell’antichità all’Università degli studi di Milano. «Ma l’etimologia è incerta. Forse aveva una “au” iniziale – autium – che deriva da aveo, sto bene». Incerto e sfaccettato è il senso dell’ozio, penso, una “scatola” da riempire come si vuole. «L’ozio degli antichi romani non era il nostro: era una condizione nella quale ci si liberava dal lavoro fisico e dalle occupazioni che davano profitto per dedicarsi al nutrimento della mente. Un’attività tipica dei ceti ricchi».

Ritrovare il tempo per l’ozio e dedicarsi alla propria ricchezza interiore

Oggi il tempo libero lo occupiamo solo in piccola parte con la cultura. «E le professioni intellettuali vengono viste come non-professioni perché non producono ricchezza». L’otium dei romani era lo studio della filosofia, dell’oratoria, delle arti liberali, «mentre gli affari erano il nec otium, da cui deriva il nostro negozio: anche qui con un significato completamente diverso, perché per gli antichi significava occupazione» aggiunge Laura Pepe. Due spazi contrapposti: uno in cui si lavora per produrre ricchezza, l’altro in cui ci si dedica alla propria ricchezza interiore.

Il vero ozio è il tempo non finalizzato a qualcosa

«Quando penso all’ozio penso a qualcosa che mi piacerebbe saper fare» osserva Riccarda Zezza, fondatrice e ceo di Lifeed, edtech company che aiuta a conciliare lavoro e vita privata. «Quando ho del tempo libero in realtà lo riempio di cose che hanno una utilità. L’unica attività della mia vita che non è immediatamente finalizzata a qualcosa è giocare a pallavolo». Anche portare fuori il cane, fare una gita in montagna, meditare possono essere momenti di ozio che aiutano a mettere in ordine i pensieri, scacciare quelli cattivi, rigenerarsi. «L’ozio si esprime in quei ruoli che non hanno conseguenze, dove nessuno si aspetta niente da te e tu stessa non hai aspettative: inizia e finisce in quel momento lì e tendenzialmente ne esci che stai meglio».

Le donne e il multitasking

Ma è vero che le donne non sanno oziare perché sono multitasking? «Il concetto del multitasking, di un’attenzione frazionata tra più attività, è diventato patrimonio comune. Le donne in realtà sono più brave nel “multishifting”: spostare l’attenzione velocemente da una cosa all’altra. Che è ugualmente stressante ed è la condanna che deriva dal mondo digitale: un mondo senza intervalli, dove il vuoto non esiste. Qui l’ozio è quel vuoto che vorrebbe dire “non esistere”: forse è per questo che è diventato un concetto così irraggiungibile per noi». Può esistere una società dove invece c’è spazio per il dolce far niente? Riccarda Zezza, che ha appena pubblicato C(u)ore business. Per una nuova storia d’amore tra persone e lavoro (IlSole24ore), con la sua azienda, tra le altre cose, si occupa dei vari ruoli che interpretiamo nella nostra vita. «Il lavoro in questo momento sta utilizzando una parte del nostro cuore molto limitata: non vi portiamo tutta quella che invece servirebbe, anche per renderlo più umano, e che si comporrebbe meglio con tutto il resto. Ogni persona, ogni giorno, vive 5 ruoli diversi: 1,5 sono legati al lavoro, gli altri 3,5 sono divisi tra famiglia e non-famiglia. L’ozio si inserisce nella dimensione non-famiglia dove c’è l’assenza di responsabilità, di produttività. Una società dove c’è spazio anche per questo sarebbe una società felice. Perché vorrebbe dire che le altre due dimensioni, lavoro e famiglia, non danno problemi, e possiamo dedicarci a noi senza sensi di colpa».

Non dobbiamo sentirci in colpa se oziamo

Di sensi di colpa parla anche Lorenzo Gasparrini, che si definisce “filosofo femminista” e ha scritto, tra gli altri, Perché il femminismo serve anche agli uomini (Eris edizioni). «L’ozio, come lo consideriamo noi, è un concetto moderno: è nato con la civiltà industriale, che ha cominciato a regolare la vita delle persone sul tempo del lavoro e il tempo libero. All’inizio era il tempo del riposo, poi lo abbiamo riempito con altre attività organizzate: lo sport, gli hobby. E l’accezione iniziale, che era semplicemente il sentirsi vivi, lo stare, si è perduta». È molto difficile capire come “stare”, gli dico. «È quello che chiamiamo immergersi nella natura: non fare niente, ma solo sentirsi parte dell’ambiente. Non significa riposo, perché non deve avere il fine di rigenerarsi». A maggior ragione l’ozio è difficile per una donna, «che deve liberarsi anche di quegli stereotipi antichi che la vogliono sempre “produttiva” nella cura della casa e di chi ci vive». Ancora una volta fa capolino il maledetto multitasking. «È uno di quei miti falsi e maschilisti messi in giro per far credere alle donne che quello è il loro modo di essere». Tutti sono multitasking, mi dice, non c’è un gene, è solo che le donne sono molto più allenate a farlo e per gli uomini questa è una comodità. L’ozio quindi è uno spazio che ognuno riempie come vuole. «È il momento in cui non devi funzionare, una grande liberazione». E perché si dice che serva alla creatività? «Perché, come diceva Kant, il libero gioco delle nostre facoltà può andarsene liberamente dove gli pare e permetterci di sviluppare immaginazione, fantasia, cosa che di solito nelle nostre vite funzionali non è possibile fare». Cosa c’è di più rivoluzionario, oggi?

Vieni a oziare con noi!

Ti aspettiamo domenica 28 maggio al WeWorld Festival a Milano.

Partiamo alle 10,30 con il talk

Più spazio all’ozio. Il potere sovversivo del tempo per sé. La nostra direttrice Maria Elena Viola ne parlerà con Laura Pepe, docente universitaria; Riccarda Zezza, imprenditrice; Giada Biaggi; stand-up comedian; Silvia Ziche, disegnatrice della nostra Lucrezia.

Alle 11,30 passiamo dalla teoria alla pratica con il workshop Libera la mente, guidato da Nina Gigante, autrice della nostra rubrica Namasté.

Appuntamento a Base Milano, in via Bergognone 34. Ingresso gratuito, prenotazioni su eventbrite.it.

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