Scuola fino al 30 giugno: un’idea concreta o fantasia?

L’idea di prolungare la scuola fino al 30 giugno vale solo per la primaria ed è contenuta in un’ordinanza del ministero dell’Istruzione che attende il via libera. Ecco in che modo può essere realizzata e quali sono le resistenze

La scuola è una delle priorità del governo Draghi, indicata dal presidente del Consiglio stesso e confermata dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, secondo cui è necessario recuperare il tempo “perso”, quello dei primi mesi di pandemia, con le scuole chiuse e alle prese con l’avvio della Dad. Ma come? La strada indicata, e ora messa nero su bianco su un’ordinanza del ministero dell’Istruzione in attesa di conferma da parte del Consiglio Superiore pubblica istruzione (Cspi), è di prolungare l’anno scolastico fino al 30 giugno, ma solo per la primaria. Per due motivi: il primo è il bisogno di socialità che riguarda soprattutto i più piccoli; il secondo ha a che fare con alcuni limiti oggettivi, a partire dal fatto che gli esami di Maturità 2021 inizieranno il 16 giugno.

Perché prolungare la primaria al 30 giugno

Se il Cspi darà parere favorevole, sarà la volta del confronto tra il ministero dell’Istruzione e i sindacati, che sull’ipotesi di proseguire le lezioni fino a fine giugno hanno mostrato più di una perplessità. Si tratterebbe di una misura limitata agli alunni delle elementari: «Dobbiamo decidere rispettando i diritti e la vita delle persone, valutando situazioni diverse, tra primarie e scuole superiori per esempio: quello che si è perso è soprattutto la socialità, lo stare insieme non la singola disciplina. La scuola non è solo insegnamento, apprendimento ma anche vita comune» ha dichiarato Bianchi al Corriere della Sera.

I sindacati divisi tra favorevoli e contrari

A una rimodulazione del calendario sembrerebbe favorevole Paola Serafin, portavoce della Cisl Scuola, soprattutto per consentire lo svolgimento di «attività ludiche e di recupero». Su posizioni più contrarie, invece, Francesco Sinopoli, della Flc-Cgil, secondo cui è necessario distinguere tra territori regionali differenti, dove tra l’altro l’apertura e chiusura delle scuole è stata diversa. Occorrerebbe, poi, risorse aggiuntive per il personale docente e non, come sottolineato dall’Anief.

Bastano 15 giorni per colmare le lacune?

È d’accordo a qualche giorno di lezione in più anche il Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi di Roma e del Lazio, Mario Rusconi, che sottolinea come alla primaria si sono registrate già le prime lacune gravi, soprattutto nelle classi seconde in cui ci sono bambini che manifestano difficoltà nella lettura e nella scrittura. I dati di uno studio Invalsi sembrano confermare che la Dad è stata più difficile soprattutto tra i più piccoli, i meno preparati al passaggio dalle lezioni in classe a quelle davanti a un monitor: solo il 36% sarebbe stato in condizioni di seguirle (anche per mancanza di dispositivi), rispetto al 48% degli studenti delle medie e al 66% delle superiori. Ma bastano 15 giorni a recuperare “i buchi”? «Anche se si dovesse decidere di proseguire le lezioni per una ventina di giorni a giugno, questi non sarebbero sufficienti e comunque escluderebbero gli studenti delle medie e superiori» conferma Rusconi.

Niente calendario lungo per medie e superiori

A impedire il prolungamento del calendario scolastico alla secondaria sono gli esami di terza media e soprattutto di maturità. «L’avvio di quest’ultima è stata fissato al 16 giugno e almeno 6 docenti su 10 del consiglio di classe saranno impegnati nelle prove: è impossibile pensare di fare lezione dopo quella data, a meno di non limitarsi a qualche ora di recupero solo per alcuni studenti più bisognosi, come disabili o ragazzi con necessità particolari» osserva Alessandro Giuliani, direttore de La Tecnica della Scuola.

Un’ipotesi anche per medie e superiori: lezioni pomeridiane

Per questi motivi per gli studenti delle scuole secondarie si valuta anche l’avvio di corsi pomeridiani, anche a distanza: una strada percorribile, secondo l’Associazione nazionale presidi «prevedendo una remunerazione aggiuntiva per i docenti che, volontariamente, presteranno questo servizio. Inoltre alcune scuole stanno già interrompendo i programmi curriculari per alcuni giorni e con ore di recupero per tutta la classe, per consolidare quanto non è stato ben appreso in questi anni» ha spiegato Antonello Giannelli, presidente dell’Anp.

Il ministro dell’Istruzione penserebbe anche di coinvolgere il Terzo Settore, reduce soprattutto da esperienze positive nella sua Regione, l’Emilia Romagna. «Ben venga come idea, ma non è l’unica possibilità. Anche in periodo pre-Covid noi Presidi abbiamo organizzato corsi di recupero estivi, a giugno, luglio e fine agosto, semplicemente attingendo al libero mercato: io stesso ho utilizzato le graduatorie dei precari, pagandoli 50 euro allora come previsto dalla normativa. Così questi docenti potevano trovare un lavoro e gli studenti avevano la possibilità di essere seguiti e recuperare».

C’è però anche un problema logistico: «La Dad non può andar bene per gli istituti tecnici e professionali: per esempio, non si può insegnare a realizzare una dentiera o un dolce a distanza, occorrono i laboratori. Inoltre, a essere penalizzati sono i disabili, che hanno bisogno della presenza» osserva Rusconi, che è anche preside del liceo Pio IX a Roma, che aggiunge: «Da un punto di vista logistico, il 56% degli edifici scolastici risale agli anni ’70, sono prefabbricati indecorosi: freddi in inverno e caldi torridi già a fine aprile. Per una ristrutturazione e messa a norma si stima servano 15 miliardi di euro».

L’alternativa più concreta: iniziare prima l’anno scolastico

Se sulla rimodulazione del calendario non c’è ancora nulla di deciso, quali sono le alternative concrete? «La prima potrebbe essere iniziare prima la scuola, dal 1° settembre invece che da metà mese. Ma occorrono due presupposti, ma occorre una campagna vaccinale che permetta di tornare in presenza. L’altra strada è rappresentata da corsi di recupero in presenza (o, solo in certi casi, in Dad), ma implicano risorse, perché gli insegnanti non sono obbligati da contratto e dunque occorre chiedere una disponibilità e poi pagarli» spiega Rusconi.

Un ultimo aspetto riguarda il rischio che sul calendario ogni Regione decida in autonomia: «La rimodulazione, in base al titolo V della Costituzione, è materia regionale: noi auspichiamo che nella Conferenza Stato-Regioni ci si metta d’accordo, perché altrimenti potrebbe crearsi una situazione a macchia di leopardo, con alcune Regioni che lo attuano e altre no. Speriamo che ci sia un provvedimento nazionale e con linee guida nazionali» conclude Rusconi.

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