Quali effetti ha lo smartphone sul cervello dei bambini?

E qual è l'età giusta per iniziare a usarlo per non intaccare le funzioni del cervello? Le risposte dell'esperto

Se anche Madonna, la più irriverente delle popstar, ha deciso di vietare il cellulare al figlio 13enne David Banda, vuol dire che i dubbi dei genitori sull’età giusta per dare lo smartphone ai propri bambini sono più diffusi di quanto possiamo pensare. La cantante ha raccontato a Vogue Uk che aveva concesso il telefonino agli altri figli proprio a 13 anni, ma «questo aggeggio è entrato con troppa prepotenza nelle loro vite e ha cambiato la loro testa».

Cosa succede, quindi, nel cervello di un ragazzino che lo usa?

Spiega Paolo Brambilla, professore di Psichiatria all’università degli Studi di Milano e direttore dell’unità operativa di Psichiatria del Policlinico: «Ormai si riceve il cellulare a 8-9 anni. Un’età in cui lo spessore delle ossa craniche è minore, quindi le onde elettromagnetiche penetrano più facilmente. Gli effetti sul cervello non sono ancora scientificamente dimostrati, ma comunque questo “bombardamento” non fa bene. Di sicuro le criticità stanno in video, giochi, chat e applicazioni: stimolano troppo la corteccia visiva, la parte del cervello deputata al riconoscimento delle immagini. Il risultato? Mal di testa e insonnia».

Il cellulare andrebbe quindi regalato a 13-14 anni, quando lo sviluppo dell’apparato cerebrale è pressoché completo. Prima, va usato al massimo 1 ora al giorno. C’è però un’altra questione, che riguarda gli adolescenti. Una ricerca della California University ha analizzato per 2 anni 3.000 teenager e ha notato un incremento della Sindrome da deficit di attenzione in quelli smartphone-dipendenti.

«Anche in questo caso il nesso causa-effetto non è stato provato» precisa Brambilla. «Va però detto che il cervello è plastico, ovvero le sue funzioni vanno allenate. Giocare all’aperto, per esempio, sviluppa la corteccia motoria. Il cellulare incrementa la capacità di questo organo di essere flessibile, di operare su più fronti in contemporanea, ma diminuisce la capacità di attenzione a lungo termine».

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