«Ma vah la meditazione! Non ci ho mai creduto. Sono una pratica, concreta». Inizia così la chiacchierata con Claudia Guarnieri, 43 anni, occhi vispi, sorriso dolce, voce allegra. Nonostante la vita qualche anno fa l’abbia messa di fronte a una sfida tosta, proprio come lei. «A gennaio 2019 mi hanno diagnosticato un tumore al seno: dovevo essere operata subito». Ma la prima operazione non basta e così in questi 2 anni e mezzo Claudia affronta tre interventi, 12 cicli di chemioterapia, una menopausa forzata. Un calvario lungo, faticoso, senza fine. Che però Claudia, apparentemente, affronta con grande forza ed equilibrio. «Non ho avuto il tempo di realizzare cosa mi stesse succedendo. Tantomeno di piangere» racconta. Fino a quando, l’inverno scorso, prima della terza operazione crolla. «Non dormivo più, ero agitatissima. Non volevo entrare in sala operatoria. Non volevo più subire quella violenza» dice con la tensione che le segna il volto e le fa serrare le mani.

Che cos’è Somatic Experiencing

Per fortuna, però, proprio in quelle settimane sente parlare di Somatic Experiencing, un metodo psico-fisiologico utilizzato nel trattamento dello stress post-traumatico (anche quello causato da malattie come il cancro e la fibromialgia), sviluppato dallo psicologo statunitense Peter Levine, che si sta diffondendo anche in Italia. E si butta. «All’inizio ero scettica. Ma già dopo la prima seduta stavo meglio. E ho continuato» racconta Claudia, con le mani finalmente rilassate.

«Somatic Experiencing parte dall’osservazione di quello che avviene a livello neurofisiologico negli animali quando avvertono una minaccia per la loro vita, e di come, scampato il pericolo, tornano alla normalità, “scrollandosi” di dosso lo shock» racconta Dina Barnett, Somatic Experiencing Practitioner (www.dinabarnett.org). Dimostrando in pratica di avere una capacità innata di guarire dal trauma.


Il segreto per guarire davvero è tornare ad ascoltare il corpo, senza paura delle nostre reazioni istintive


Stress e stato di allerta ci bloccano

Esattamente la stessa capacità che abbiamo anche noi uomini ma che spesso non siamo in grado di mettere in pratica perché, a differenza degli animali, abbiamo la mente che ci frena. «Tutte le volte che una persona affronta un’esperienza traumatica, che può essere un incidente, un lutto, un divorzio, una malattia, tutte le volte che viviamo qualcosa da cui sentiamo di non poterci difendere, il nostro corpo avrebbe bisogno di “dissipare”, buttar fuori, la paura, lo stress, i brutti ricordi, invece spesso tende a mantenere lo stato di allerta lasciandoci in una sorta di immobilità» continua l’esperta.

Il segreto è ascoltare il corpo

Esattamente quello che è successo a Claudia. «Mi sentivo bloccata, ero sempre in una modalità di difesa, di tensione e malessere. Ascoltavo la testa, al corpo non davo retta e la testa mi mandava continui messaggi di paura, ansia, impotenza». Il segreto, invece, che sta alla base di questo metodo è semplice: ascoltare il corpo, senza temere le nostre reazioni istintive. «Perché il corpo ha una saggezza antica, primitiva. Ha una grande intelligenza. E soprattutto ha la capacità di ritrovare sempre l’equilibrio» dice Dina Barnett.

Bisogna quindi tornare ad avere fiducia, a guardarlo, a sentirlo, a usarlo. Cosa difficilissima, soprattutto per chi si ammala. Come sa bene Claudia. «Io il mio corpo lo odiavo perché mi aveva tradito. Perché apparentemente era guarito, anzi “libero da malattia” come mi dicevano i medici, ma io non stavo bene». E per scacciare questa terribile sensazione e recuperare fiducia in quello che è da sempre il nostro più grande alleato, Somatic Experiencing usa diverse tecniche.

Una delle tecniche più sfruttate punta sul respiro

«Nello stress post-traumatico il nostro corpo spesso si comporta come se il pericolo fosse ancora presente. Le pazienti hanno la classica postura “a birillo” in cui le braccia non esistono e le mandibole sono serrate dalla tensione. Faccio fare allora dei bei respiri profondi con la bocca aperta» racconta la trainer. E la reazione del corpo è immediata: le mandibole si rilassano, le gambe o le mani iniziano a tremare, di solito viene da piangere («Io che non avevo mai pianto in tutti questi anni ho abbassato la testa e le lacrime hanno cominciato a scendere» racconta Claudia). Insomma, il corpo inizia a liberarsi del trauma.

Un’altra tecnica utilizzata è il radicamento: «In piedi, scalza, con le mani sulle ginocchia, spingo come per far “entrare” i piedi nel pavimento. Oppure, oscillo da un piede all’altro e sento che piano piano le piante dei piedi diventano come ventose sul terreno. Il radicamento è molto importante perché pone l’attenzione al contatto con il pavimento e manda al cervello dei segnali che lo fanno tornare nel presente, distogliendolo da quel passato che ci ha fatto soffrire e da quel futuro che spesso crea angoscia e incertezza» spiega ancora Dina Barnett.

I risultati sono pressoché immediati

L’aspetto molto interessante di questo approccio è che sembra funzionare da subito: già in tre sedute (che durano un’ora e costano circa 65 euro) si vedono i primi risultati. E poi dà un kit di attrezzi, ovvero insegna alcune tecniche di autoregolazione che, una volta imparate, possono essere messe in atto al bisogno. «Adesso non ho più il terrore di fare le visite di controllo: prima di entrare mi prendo qualche minuto per fare dei bei respiri così sono più tranquilla, capace di gestire l’ansia, più sicura e più presente» dice Claudia. Ma non è solo un fatto legato all’emozioni. «Mi sento meno “accartocciata” su me stessa, più aperta. E il mio viso è più solare, meno nascosto» conferma Claudia.

«Il tumore, come anche altre malattie, può causare un disagio profondo che spesso la psico-oncologia aiuta a superare» dice Emanuela Saita, professoressa di Psicologia dinamica e dalla salute dell’Università Cattolica di Milano. «Però lo fa con un approccio classico basato sulle parole, che non tutte le ammalate hanno voglia di intraprendere. Per questo abbiamo bisogno di nuovi linguaggi come quello usato da Somatic Experiencing. Al momento non ci sono studi in merito: da qui nasce l’idea di un progetto di ricerca, un questionario approvato dalla Commissione etica del Dipartimento di psicologia dell’Università, per verificare se e come questo metodo migliori la qualità di vita delle pazienti». I primi risultati sono positivi e nei prossimi mesi Somatic Experiencing entrerà anche in ospedale: all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo, infatti, grazie al lavoro dell’Associazione Amiche per mano, verrà introdotto per il personale sanitario. E, chissà, magari il prossimo passo, un gran bel passo, sarà quello di renderlo accessibile a tutti i pazienti come Claudia.

I corsi per ritrovare la gioia di vivere

Quello di Somatic Experiencing è uno dei tanti corsi che si possono seguire (al momento online) sul sito dell’associazione Amiche per mano (www.amiche permano.it). Un’associazione, nata nel 2016 a Bergamo, che organizza iniziative e programmi che aiutano le donne colpite dal tumore al seno a raggiungere un pieno recupero fisico e psicologico, ritrovando la propria femminilità e la gioia di vivere. Le pazienti pagano una piccola quota, di 30 euro per un intero corso (che è composto da 8 incontri di gruppo), mentre l’associazione si fa carico della quasi totalità del costo.


Se vuoi provare questo metodo, oltre ai corsi di Amiche per mano, puoi cercare sul sito somatic-experiencing.it un operatore esperto nella tua città