Come le emozioni incidono sulla cura del tumore

Due studi appena pubblicati dimostrano che le emozioni, lo stress, le condizioni psicologiche e l'atteggiamento mentale incidono sull'andamento della malattia, quindi sul successo delle cure. Non solo. Le emozioni negative possono risvegliare cellule tumorali dormienti. Un grande esperto spiega il perché, qui e in un evento in diretta Facebook il 5 maggio organizzato da Komen Italia

Reagire, volersi bene, guardarsi dentro, scommettere ancora sulla vita, proiettarsi in avanti, sognare, immaginare. Amare. Dopo una diagnosi di tumore tutto questo sembra solo retorica, propaganda altrui, di chi ce la fa a guarire e può contare su una buona dose di fortuna. Invece non è proprio così. Si è dimostrato che quello che finora era solo un’intuizione, oggi ha una solida base scientifica. E cioè che le emozioni e lo stress hanno un peso molto importante nella cura del tumore, alla pari delle terapie farmacologiche. Gli aspetti mentali ed emotivi che fanno da contorno a una diagnosi come questa e poi alle cure, insomma, non vanno sottovalutati, anzi: la scienza ora ci dice che, se riconosciuti, accolti e sostenuti, incidono in maniera rilevante sull’andamento della malattia

Luana e Dykaja

E allora, alla luce di questo, guardiamo con sguardo meno stranito alle storie delle tante donne che raccontano le loro vite cambiate, durante e dopo il cancro. Come Luana Colletti che, sei anni dopo l’intervento per un tumore al seno, una separazione lacerante dal marito di allora, un doloroso viaggio dentro se stessa e una rinascita interiore, si è risposata e a 46 anni, con una figlia di 13, ha avuto prima una e poi altri due bambini, ha scritto un libro e fondato l’associazione Fuori dal cerchio per aiutare altre persone come lei con l’arteterapia, il teatro, il tango. Attività che rimettono in gioco le energie, le emozioni, la voglia di esserci.

Luana Colletti con Lucia, 5 anni e Luigi e Leonardo, 3 anni. Manca Lidia, che ora ne ha 17
Luana Colletti con Lucia, 5 anni e Luigi e Leonardo, 3 anni. Manca Lidia, che ora ne ha 17

Oppure Dykaja Izidoro che, lasciato il suo Brasile per seguire il compagno a Roma, mentre allattava il secondo figlio ha scoperto un grosso cancro alla mammella. Oggi ha 31 anni, i bimbi ne hanno tre e sei, il suo tumore è diventato metastatico e lei non può più seguire terapie tradizionali perché il fisico non le sopporta. Ma dai social racconta con #zittocancro come uno stato mentale positivo, l’alimentazione giusta, il sostegno psicologico e l’amore intorno possono aiutare a rendere la malattia meno rumorosa e invadente. Il silenzio non le appartiene e, come a lei, succede anche a tante altre persone che si sono strette nell’associazione appena nata e organizzano corsi, raccolgono fondi, pensano a vivere e non a morire.

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L’approccio olistico al tumore

Della necessità di un approccio integrato al tumore è convinto da tempo il dottor Stefano Magno, chirurgo senologo responsabile del Centro Komen Italia per i Trattamenti integrati in oncologia presso il Policlinico Universitario A. Gemelli. Un centro pilota nato grazie alle donazioni di Komen Italia, dove ai pazienti – soprattutto donne con tumore al seno – si offre un metodo di cura olistico, cioè attento al corpo ma anche alla mente: più specialisti nella stessa struttura che fin dall’inizio prendono in carico le donne sotto diversi aspetti, comprese le emozioni, l’alimentazione, gli stili di vita, con la medicina tradizionale e altre terapie scientificamente validate, cioè psicoterapia, agopuntura, midfulness, yoga. Tutto per potenziare le cure tradizionali ma anche per aiutare ad affrontare gli effetti collaterali delle terapie stesse, spesso più pesanti della malattia. «In molti ospedali – spiega il dottor Magno – si trovano équipe con nutrizionisti e psicologi, ma spesso il paziente ci arriva dopo aver già seguito la chemioterapia, perdendo così tempo prezioso. Spesso per esempio lo psicologo non viene coinvolto nella fase iniziale, cioè subito dopo la diagnosi, ma in un momento successivo. Invece è molto importante il supporto precoce che deve accompagnare la persona in questa nuova fase della sua vita, così delicata e particolare». 

L’evento in diretta

Di tutto questo – e non solo – si parla nell’evento online “Medicina integrata, emozioni e stili di vita corretti nella prevenzione e cura dei tumori al seno” il 5 maggio alle 17 in diretta Facebook sulla pagina @komenitalia. L’appuntamento fa parte di #aspettandolarace, un ciclo di eventi a sostegno della Campagna Race for the Cure per riportare al centro dell’attenzione la prevenzione e la raccolta fondi (per sostenere la campagna, donare e per tutte le info sugli eventi in corso in tutta Italia: www.raceforthecure.it).

Come le emozioni negative incidono sulla prognosi

Il dottor Magno è uno dei relatori, punto di riferimento italiano sulle cure integrate del tumore al seno. Una frontiera sempre meno lontana e oggi ancor meno da pionieri. «Il tumore nella maggior parte dei casi è una malattia multifattoriale, cioè non ha una causa unica, ma ne ha di concomitanti e successive. Questo vale anche per il tumore al seno. Le emozioni, l’aspetto psicologico e la gestione dello stress possono considerarsi concause? Difficile da dimostrare, però oggi possiamo sicuramente dire che lo stress incide sulla prognosi. Uno studio serio pubblicato su Nature rileva che dove sono presenti in maggior quantità gli ormoni dello stress, le cellule del tumore al seno tendono a creare metastasi più velocemente. Come se le metastasi, insomma, si avvantaggiassero dello stimolo dell’ormone dello stress per “colonizzare” e quindi peggiorare la prognosi. Una cura efficace quindi oggi non dipende solo dalla qualità della prestazione sanitaria o dall’aderenza alle terapie, ma anche dalla presa in carico dell’aspetto emotivo». Eppure, molte persone – le donne soprattutto, abituate a far da sé e a sopravvalutare le proprie forze – ritengono di non aver bisogno dell’aiuto psicologico. «Invece – incalza il dottor Magno – inquadrare precocemente le emozioni negative che la malattia scatena, equivale a migliorarne gli esiti finali»

Lo stress può riattivare le cellule tumorali 

Le emozioni negative non solo condizionano il decorso del tumore, ma possono riaccenderlo. «Un altro studio ha dimostrato che lo stress cronico, cioè le emozioni negative, impattano sulla sorveglianza immunitaria: in pratica riducono la capacità da parte dell’organismo di identificare le cellule tumorali, eliminarle oppure metterle in condizione di non nuocere» prosegue l’esperto. «Si è visto perfino che, mentre si abbassa questo scudo difensivo, aumenta la possibilità che le cellule tumorali dormienti si risveglino. Insomma, si rischiano recidive in tempi più rapidi». Per questo è importante seguire trattamenti che puntellino la parte sana dell’organismo. «Più il sistema immunitario è efficiente, più l’organismo riesce a riconoscere ed eliminare gli errori che i miliardi di cellule a cui diamo vita, inevitabilmente causano quando si riproducono. Non dimentichiamo poi che i trattamenti oncologici salvavita che colpiscono direttamente la malattia, indeboliscono il sistema immunitario. Anche per questo diventano fondamentali tutte le terapie che contribuiscono alla cosiddetta immunocompetenza: alimentazione, attività fisica, sonno, tecniche di gestione dello stress scientificamente validate come agopuntura, mindfulness, yoga».

Le cure olistiche devono essere un diritto per tutti

Al centro Komen Italia dell’ospedale Gemelli si possono seguire fin dall’inizio tutte le attività proposte. «Se è chiaro che gli stili di vita sono efficaci sulla prevenzione, ora si è dimostrato che una cura olistica, che si occupi del fisico ma anche della mente, ha effetti migliori anche sulla guarigione. Per questo andrebbe garantita come diritto e non affidata alla buona volontà dei singoli medici o istituzioni virtuose». 

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