Daniela Galetti

Daniela Galetti: «Il mio super computer ha scoperto il farmaco contro il Covid»

Ogni giorno veglia sul Marconi100, il gigantesco calcolatore che ha scovato, tra 500 miliardi di molecole, quella che potrebbe disinnescare il coronavirus. «È stato come trovare la tessera mancante di un puzzle complicatissimo» spiega lei, ingegnere elettronico oggi a capo di un team all’avanguardia

«Mi chiede chi è più intelligente tra lui e noi?». Daniela Galetti, 52 anni, ha il talento di far apparire tutto semplice. Anche Marconi100, il super calcolatore in dotazione al Consorzio Interuniversitario Cineca di Casalecchio di Reno, su cui questo ingegnere elettronico bolognese veglia ogni giorno: è il nono più potente al mondo. «Bisogna pensarlo come un muscolo, più che un cervello. Certo, arriva a compiere 34 milioni di miliardi di operazioni al secondo, ma sono sempre dettate dall’uomo. Se noi sbagliamo a fornirgli le formule, lui sbaglia nei risultati».

Intanto, però, questo dream team uomo-macchina guidato dall’Italia ha centrato un risultato importante: ha scoperto che un farmaco chiamato raloxifene è in grado di disinnescare il virus Sars-CoV-2. «Appena è scoppiata la pandemia, siamo stati chiamati dalla Commissione europea per dare una mano e con una ventina di enti europei abbiamo dato vita al progetto Exscalate4CoV».

Com’è avvenuta la scoperta?

«È stato come trovare la tessera mancante di un puzzle complicatissimo. Da una parte avevamo la proteina virale da disabilitare, per frenare la replicazione del virus. Dall’altra una libreria chimica con 500 miliardi di molecole, sulla quale lavoravamo da 20 anni insieme a una grossa azienda farmaceutica. Occorreva prenderle una a una e domandarsi: funziona? Con i test in laboratorio ci sarebbero voluti diversi mesi».

Invece?

«Il computer ha eseguito uno screening con modelli virtuali, descritti con formule matematiche così precise da avvicinarsi moltissimo alla realtà. In poche settimane ha individuato una selezione ristretta di circa 50 molecole potenzialmente efficaci. A quel punto il compito è passato ai laboratori e centri di ricerca partner del progetto. Grazie alla collaborazione di tutti, la sperimentazione in vitro è stata accelerata e ha portato alla selezione del raloxifene. Ora il farmaco è nella fase in vivo, in attesa delle autorizzazioni per la fase clinica».

È ottimista?

«Diciamo che c’è un buon motivo per esserlo: si tratta di un farmaco che è già stato approvato dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema), anche se per una malattia diversa come l’osteoporosi. Dunque sappiamo che è sicuro e ben tollerato».

Con un computer che fa i miracoli, a voi che cosa resta da fare?

(Ride) «Per cominciare, la macchina va personalizzata e ottimizzata a seconda della simulazione: costa milioni di euro, perciò deve sempre dare il massimo. Non solo. Mentre lavora, occorre controllare che tutto fili liscio. Il super calcolatore è gigantesco: occupa diverse stanze e ha migliaia di nodi, fino a 8-10 volte più potenti di quelli del computer di casa. Se un pezzo si rompe, e la possibilità che accada è alta, la simulazione si blocca. E bisogna intervenire in modo tempestivo, anche di notte o nel weekend, per riparare il guasto, testare il componente e rimetterlo al suo posto».

Vi occupate solo di farmacologia?

«No. Il Cineca è una struttura pubblica, perciò solo il 20% della nostra attività ha a che fare con l’industria privata. Il restante 80% sono progetti che riguardano i nostri 82 consorziati, tra cui tutte le università pubbliche italiane. Siamo al servizio di qualsiasi tipologia di ricerca che possa essere trasformata in una simulazione».

Tipo?

«Previsioni meteo e studi climatici, ma anche progetti nell’ambito della fisica dei materiali e della fluidodinamica. Con i super computer si può indagare la capacità di aspirazione di una cappa, la performance di una tavola da surf, la diffusione dell’aerosol emesso con un colpo di tosse. Si possono analizzare dati finanziari e ottimizzare le estrazioni petrolifere».

Lei a quali progetti si appassiona di più?

«A quelli che riguardano l’astrofisica, perché sono sempre stata un’amante della tecnologia più che della scienza. Ricordo quando un progetto di ricerca ha simulato i primi millisecondi dopo il Big Bang, per studiare l’origine dell’universo. In quel caso abbiamo sfiorato la filosofia… Quando ci penso mi viene la pelle d’oca».

È sempre stata un genio in matematica?

«Genio non lo so, ma di certo fin da bambina ero una sorta di nerd. Preferivo risolvere i problemi piuttosto che svolgere i temi. Guardavo anche i cartoni animati di Candy Candy, ma mi piaceva molto di più Ufo Robot. Mi appassionavano i numeri, il progresso, tutto ciò che mi permettesse di andare oltre l’orizzonte».

È al posto giusto allora.

«Sì, a dicembre compio 23 anni di carriera al Cineca. Ci sono entrata pochi mesi dopo la laurea, dopo aver vinto una borsa di studio. All’inizio mi occupavo di interfacce web, poi ho imparato a gestire i sistemi più semplici e i piccoli super calcolatori. Fino a diventare la coordinatrice del team che gestisce alcuni tra i sistemi di super calcolo più potenti al mondo».

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