Intelligenza Artificiale
In futuro l'Intelligenza Artificiale avrà un corpo come quello dei robot.

Intelligenza Artificiale: facciamo chiarezza

Non passa giorno senza sentir parlare di Intelligenza Artificiale. Ma le informazioni che intercettiamo, invece di chiarirci le idee, spesso ce le confondono ancora di più. Ecco perché abbiamo sintetizzato qui 8 domande che tutti ci poniamo. Per capire se davvero ci semplificherà la vita. E quali rischi potrebbe comportare

La definizione di Intelligenza Artificiale

Che cos’è l’Intelligenza Artificiale?

«L’Intelligenza Artificiale è un insieme di tecniche che permettono a una macchina di estrarre correlazioni tra i dati. Grazie a queste predizioni statistiche, il computer riesce a svolgere dei compiti, come per esempio classificare oggetti, riconoscere suoni, scrivere parole» spiega Tatiana Tommasi, docente di Intelligenza Artificiale del Politecnico di Torino. «Le prime tracce di Intelligenza Artificiale risalgono agli anni ’50, in America. Nel 1956, al Dartmouth College, nel New Hampshire, si tenne un convegno estivo al quale presero parte i maggiori ricercatori informatici. In quell’occasione vennero poste le basi di questa disciplina. E qualche anno dopo, nel 1958, venne creato il “percettrone”, il bisnonno dell’IA moderna: ovvero, la più antica rete neuronale artificiale, che era in grado di risolvere solo problemi binari».

Come funziona?

«Partendo da un input, per esempio una foto di una persona che indossa la mascherina, l’Intelligenza Artificiale costruisce una funzione matematica che mi dà degli output. Cioè è in grado, quando le farò vedere altri ritratti, di dirmi se quelle persone hanno la mascherina o no. Per fare questo, però, devo inizialmente darle tanti dati e tanti esempi di input e output in modo che capisca come si fa ad andare dall’entrata all’uscita. Esattamente come succede a un bambino che deve imparare la strada va da casa a scuola: se la farà tante volte, la memorizzerà».

Dove usiamo già l’Intelligenza Artificiale?

«Magari non ce ne rendiamo conto, ma sono tantissime le applicazioni che usano già l’Intelligenza Artificiale. Per esempio Google Maps, oppure tutti i vendor online, come Amazon, che ci suggeriscono cosa potremmo comprare. Lo fanno grazie a quello che si chiama “sistema di raccomandazione”, ovvero una mappa virtuale in cui inseriscono tutte le nostre caratteristiche, paragonano i profili simili e ci suggeriscono cosa potrebbe piacerci. La stesso sistema che, per esempio, utilizza Netflix quando ci propone una nuova serie da vedere. In casa, poi, sono tanti gli elettrodomestici che usano l’IA: le lavatrici smart che scelgono il lavaggio in automatico, i robot aspirapolvere che memorizzano la mappa di casa e puliscono in autonomia, i termostati intelligenti che imparano i nostri comportamenti per ottimizzare energia» spiega Tommasi.

È già nella vita di tutti i giorni

È chiaro come l’IA ci faciliti già adesso la vita. In che modo lo farà in futuro?

«Nei prossimi anni l’Intelligenza Artificiale verrà impiegata non più e non solo in semplici task di gestione domestica, ma in campi più complessi, come quello medico. Potrà essere di grande aiuto – in parte lo è già adesso – nelle diagnosi di alcune malattie. Potendo vedere e incrociare tanti dati, sarà in grado di individuare un tumore in fase molto precoce. Ma potrà essere anche utilizzata nelle nostre città per la riduzione della CO2. Come? Mappando per esempio le fonti di emissioni di gas serra delle aziende o scegliendo dove è meglio installare pannelli fotovoltaici, ottimizzando così la distribuzione delle fonti di energia rinnovabile. Un altro utilizzo strategico per il nostro Paese è la valutazione dei rischi idrogeologici basata sull’analisi di serie temporali storiche e sullo studio dell’umidità del suolo».

L’IA è veramente così intelligente come si dice, e può “fare concorrenza” alla nostra intelligenza?

«L’Intelligenza Artificiale che usiamo oggi – e che viene definita “debole – è un’intelligenza diversa dalla nostra, innanzitutto perché è digitale. È stata sviluppata per eseguire dei compiti ben precisi. Certo, in molti casi li svolge così bene che sembra che mimi la nostra intelligenza. Ma non è così. L’intelligenza umana è più generale e complessa» spiega Tommasi. «Entrambe hanno la capacità di essere razionali e sistematiche, ma solo la nostra mente, per ora, è anche emozionale, sensoriale, immaginativa. Gli algoritmi di apprendimento sono capaci di svolgere calcoli molto complessi in pochissimo tempo. Quindi quantitativamente sono più veloci rispetto alla mente umana. Tuttavia per ora falliscono alcuni test base di logica e mancano di quella parte di intelligenza senso-motoria che l’uomo ha sviluppato nel corso dell’evoluzione. In futuro molto probabilmente la cosiddetta IA “forte” sarà più generale e avrà un corpo, per esempio quello di un robot capace di interagire con noi».

I dati personali, la nostra sicurezza

Può essere pericolosa per la nostra privacy?

«Per allenare questi modelli servono quantità enormi di dati. Giusto per dare un’idea, per addestrare GPT3, il software progettato da OpenAI che è in grado di generare contenuti testuali a partire da un input dell’utente, hanno usato 45 Terabyte di testi. Ovvero 45 moltiplicato per 10 alla dodicesima. Il rischio dell’Intelligenza Artificiale per la nostra privacy sta in primis nella sicurezza del modello. Il modello è la funzione che ha imparato le correlazioni tra i dati. Se la funzione non viene protetta, un hacker, invertendola, potrebbe risalire a nostri dati sensibili o trovare il modo di farle commettere degli errori. Per esempio, noi ci fidiamo di un’app che ci dà suggerimenti per lo shopping ma che a un certo punto comincia a consigliarci solo prodotti di una certa marca perché è stata maliziosamente modificata» spiega la docente.

E i dati con cui l’Intelligenza Artificiale “si allena” sono sicuri?

«Per modelli molto grandi non conosciamo la loro provenienza, non sappiamo se e come siano stati resi anonimi e se siano privi di stereotipi o pregiudizi. Questo è un aspetto fondamentale perché se un data set è sbilanciato per genere, religione, età, area geografica, la predizione sarà scorretta e potenzialmente offensiva. Oggi l’esigenza più impellente per garantire la privacy di tutti è normalizzare e regolamentare il flusso di dati personali necessari ad alimentare l’IA» specifica l’esperta.

L’Intelligenza Artificiale nel mondo del lavoro è già presente

Quale impatto avrà sul lavoro?

«L’IA sta portando a una nuova rivoluzione industriale in cui sarà fisiologico, come è già successo, che alcuni tipi di impiego spariscano mentre ne appariranno di nuovi. A mio parere, possiamo aspettarci un effetto positivo in termini di aumento della produttività. Nella gran parte dei casi non ci sarà una sostituzione uomo-macchina, ma piuttosto un affiancamento. Per esempio, adesso nelle fabbriche le linee automatizzate esistono già ma sono separate: in pratica i robot sono in gabbia. In futuro, i robot potranno collaborare liberamente e in condizioni di massima sicurezza con gli uomini» continua Tommasi. «Nei lavori creativi poi, come la produzione di testi, traduzioni, immagini per la pubblicità, l’IA servirà a velocizzare il processo. Magari io ho un’idea, la butto giù, gliela sottopongo e lei la finisce. O viceversa: io non riesco a iniziare a scrivere un testo, lei comincia e io lo termino».

ChatGPT: le nuove regole

Che cos’è ChatGPT di cui si è parlato tanto in questi ultimi mesi? Perché era stato bloccato?

«GPT3 è un software di intelligenza artificiale particolarmente efficiente nella produzione automatica di testi (adesso c’è anche la versione 4 che lavora con le immagini). Io per esempio lo uso per tradurre: è bravissimo! Esiste anche ChatGPT3, una chatbot che mima una chiacchierata tra persone. Questo sistema era stato bloccato in Italia dal Garante per la Privacy perché non aveva dichiarato che i dati che inserivamo venivano utilizzati per “addestrarlo”. Adesso, per essere riattivato, ha dovuto garantire più trasparenza e più diritti agli utenti: attraverso un modulo online puoi opporti al fatto che i tuoi dati personali siano trattati per l’allenamento degli algoritmi; i tuoi dati non vengono immagazzinati; gli under 13 non possono utilizzarlo senza il consenso di un adulto».

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