Noemi, il gene che rende gli agrumi più dolci

Il caratteristico sapore un po’ acre degli agrumi è dovuto a un gene, che ora porta il nome di Noemi. Una sorta di “rubinetto genetico” che, se manipolato a dovere, è in grado di dosare l’acidità del frutto. A individuarlo e ribattezzarlo ci hanno pensato i ricercatori del laboratorio di biotecnologie del Crea (il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria). Il merito si deve in particolare a un gruppo di studiosi del laboratorio di Acireale, in provincia di Catania, in collaborazione con i colleghi inglesi del John Innes Centre di Norwich.

La scoperta

Il pool di ricercatori ha individuato la mutazione “acidless” studiando frutti di cedro, limone, limetta e arancio dolce. L’analisi genetica, condotta tramite il raffronto tra varietà più acide e altre più dolci della stessa specie, ha portato all’identificazione di Noemi, la cui modifica regola l’acidità dei frutti. Si è compreso che il gene opera in sinergia con un altro (detto Ruby e isolato in passato dalla stessa équipe), responsabile della pigmentazione rossa. Gli agrumi che perdono l’acidità, al tempo stesso perdono anche la capacità di colorare di rosso intenso foglie e fiori di molte specie. «Il meccanismo funziona così: il gene Noemi viene interrotto. Per un attimo smette di funzionare e il frutto così perde l’acidità. Inoltre c’è un nesso tra la pigmentazione rossa e l’acidità del frutto, una relazione genetica, che affonda le radici nell’origine degli agrumi» spiega Concetta Licciardello, ricercatrice del laboratorio di Acireale, tra gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology

Un’indagine lunga che ha preso le mosse dai ‘progenitori’ degli agrumi: «Ci sono voluti circa cinque anni. Abbiamo studiato la filogenesi degli agrumi. Cioè siamo partiti dalle specie originarie: il cedro, il mandarino e il pummelo, una sorta di pompelmo antico coltivato in Cina, che ha dato vita all’arancio dolce in seguito a un incrocio con il mandarino. Poi, per merito dei dati sul sequenziamento del genoma dei frutti, ci siamo accorti che queste varietà dolci di diverse specie avevano in comune una mutazione (perdita) del gene Noemi e veniva meno anche la tipica pigmentazione rossa delle foglie”.

Un altro futuro per gli agrumi

Grazie a questa scoperta sarà possibile, nel giro di qualche anno, migliorare geneticamente gli agrumi. In particolare arance e mandarini. Renderli più dolci e dunque più gustosi.  «Il nostro obiettivo nei prossimi anni non è togliere del tutto l’acidità dai frutti. Le varietà dolci in fondo già esistono. Ma rendere un po’ meno acide alcune varietà di arancio o mandarino, già ottime dal punto di vista qualitativo, ma non troppo gradevoli a causa del sapore acre» prosegue la studiosa.

Un miglioramento utile anche per rilanciare il settore ortofrutticolo italiano, in fase di stallo (le esportazioni sono crollate del 4% nel 2019, con valori già minimi negli ultimi cinque anni). Ma soprattutto un incentivo per i palati più esigenti, utile a convincerli ad assumere più vitamina C. Sostanza indispensabile soprattutto nei mesi invernali per difendersi dalle malattie. Spremute e centrifugati ci aiutano infatti a sconfiggere influenza e mal di gola. «È provato che una corretta dieta a base di vitamina C, contenuta negli agrumi e nei kiwi, sia una valida alleata contro le malattie da raffreddamento. Inoltre ha un effetto benefico contro le scorie che annientano l’organismo nel periodo invernalee» ricordano gli esperti di Coldiretti.

Curarsi con i frutti, i rimedi contadini

Se i malanni di stagione ci affliggono, ecco dunque alcuni rimedi naturali a base di agrumi e piante, suggeriti dall’Associazione dei coltivatori. Mal di gola? Basta fare gargarismi con il succo di due limoni diluiti in mezzo bicchiere di acqua e sale. Un bicchiere di succo di limone con un cucchiaino di miele, invece, ci aiuta a sedare la tosse. Se il problema è la gola infiammata, infine, possono calmarla risciacqui con un infuso di acqua bollente e foglie di basilico fresco, oppure con sei cucchiai di aceto di mele aggiunto a mezzo bicchiere di acqua.

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