La moda dice no alle pellicce

Lo ha annunciato François-Henri Pinault, presidente di Kering, una delle conglomerate del lusso più grandi al mondo che ha in portfolio marchi come Gucci, Balenciaga, Bottega Veneta e Saint Laurent tra gli altri. È davvero finita l’epoca delle pellicce come simbolo del lusso?

Kering, uno dei più grandi gruppi del lusso al mondo che ha in portfolio marchi come Gucci, Balenciaga e Saint Laurent tra gli altri, ha appena annunciato che rinuncerà all’utilizzo della pelliccia in tutte le collezioni dei suoi marchi. La pelliccia «è simbolica, è un materiale che è stato storicamente molto legato all’industria del lusso. Scegliere di eliminare le pellicce dà un buon segnale che le cose si stanno seriamente rimuovendo in questo settore verso la sostenibilità», ha affermato in una nota François-Henri Pinault, amministratore delegato di Kering. Per Pinault, questo impegno è la conclusione logica delle strategie avviate negli ultimi anni per posizionare la conglomerata di cui è a capo in prima linea negli sforzi per costruire un’industria della moda più sostenibile

Già quattro anni fa, era stato Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, ad annunciare che il marchio non avrebbe più utilizzato pellicce nelle sue collezioni. E non è stato l’unico: anche Prada, Burberry, Chanel e Versace tra gli altri hanno tutti via via rinunciato al suo utilizzo per capi e accessori. Come riporta Business of Fashion, «quando Gucci ha annunciato che avrebbe abbandonato questo materiale nel 2017, i prodotti in pelliccia equivalevano a circa 10 milioni di euro di vendite, meno dello 0,2 per cento delle sue entrate complessive». Simbolo del lusso per eccellenza e capo irrinunciabile nel guardaroba da signora, la pelliccia sembra oggi avere sempre meno attrattiva tra le nuove generazioni, Millennial e Generazione Z, che invece preferiscono investire i loro guadagni in marchi che abbiano dimostrato il loro impegno su fronti come il rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori

L’abbandono della pelliccia come oggetto del desiderio fa parte di un più generale cambio di prospettiva che, negli ultimi vent’anni, ha rimodellato il modo in cui le persone scelgono di vestirsi. Dopo la sbornia da fast fashion dei primi anni Duemila, infatti, le notizie sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche, gli studi sulla dannosità dei tessuti utilizzati e sull’impatto ambientale dell’industria tessile, che è una delle più inquinanti, hanno infatti contribuito ad abbandonare l’approccio “leggero” nei confronti dell’accumulo e portato molte persone a riflettere sulle proprie scelte in fatto di acquisti.

Così anche la pelliccia, un oggetto da sempre contestato, ha finito per veder diminuire, almeno nell’immaginario comune, quello status di capo icona di cui ha goduto per lunghissimo tempo. Le proteste vocali degli ambientalisti e la crescente consapevolezza tra i consumatori dell’impatto negativo del settore sul pianeta hanno fatto il resto, portando a una diminuzione della domanda, a fronte anche di un aumentare dei divieti da parte dei governi nazionali nel processo di produzione. Non sorprende, allora, che molti marchi scelgano di abbandonarla, soprattutto quando non rappresenta il cuore del loro successo commerciale: è un modo facile per riposizionarsi in maniera positiva agli occhi dei consumatori, ma di certo segnala un cambiamento dei tempi.

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