Bello Figo, chi è il rapper di cui tutti parlano

Con la sua musica sbruffona e sboccata, il 21enne di origini ghanesi prende in giro gli stereotipi sugli adolescenti e gli immigrati. Perciò i ragazzi lo amano. E molti adulti lo detestano. 

La rivista musicale Rolling Stone lo ha definito «l’arti- sta più politicizzato d’Italia». Secondo il leader della Lega Nord Matteo Salvini, «dovrebbe andare a raccogliere cotone e banane». Mentre per il giornalista Gad Lerner «è il futuro: creativo, fantasioso e ironico».

Chi è che divide così gli animi? Bello Figo, 21 anni, professione rapper: il personaggio mediatico del momento.

Ha milioni di fan su YouTube

Capelli con la cresta e tatuaggio di Hello Kitty sul petto, all’anagrafe è Paul Yaboah, nato in Ghana e cresciuto a Parma. Su YouTube è una star già dal 2013 con il nome di Gucci Boy. Le sue prime hit? Mi faccio una segha, Vaffanchiulo e il tormentone da quasi 7 milioni di visualizzazioni Pasta col tonno.

«Si è fatto notare dai ragazzi come esponente del “lol rap”: sgangherato, demenziale e trash. E li ha conquistati perché quello di cui parla, con tanto di turpiloquio e volgarità, rispecchia la realtà di quell’età» spiega l’antropologo Marino Niola. «Piace perché rivendica il diritto di essere un adolescente: superficiale, sbruffone, sboccato, perfino sessista».


Scherza sul razzismo degli italiani

La grande notorietà (e le polemiche) sono arrivate con le ultime canzoni sul tema immigrazione, dove canta Non pago affitto, non faccio l’operaio o Non mi sporco le mani perché sono già nero.

«Bello Figo ironizza, provo-catoriamente, sugli stereotipi razzisti nel nostro Paese: il migrante che non paga l’affitto perché vive in un hotel a 4 stelle, non lavora perché vive a spese dello Stato e si porta a letto la donna bianca» osserva Niola.


Le polemiche e le minacce

Intorno alle canzoni di Bello Figo si è scatenato un putiferio. Ha fatto indignare Alessandra Mussolini in tv, è finito nel mirino delle minacce dell’estrema destra che l’hanno costretto ad annullare numerosi concerti. E perfino il suo profilo su Wikipedia, preso di mira dai contestatori, è diventato “pagina protetta”.

«La sua comicità e la sua parodia del rapper che si pavoneggia, applicate al fenomeno degli immigrati, sono state scambiate per un inno alla criminalità e un insulto agli italiani» nota l’antropologo.

«Secondo un meccanismo tipico del mondo dello spettacolo e della Rete, un personaggio e un atteggiamento palesemente provocatori e ironici sono considerati veri e di conseguenza diventano reali». Resta una domanda: Bello Figo ci fa o ci è? La risposta, forse, l’ha data lui stesso: «Io scherzo sull’immigrazione. Finché non è vietato continuo a farlo».

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