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Sesso: non lo facciamo più. non lo cerchiamo più. È stato l’articolo Have more sex, please!, firmato dall’esperta di relazioni Magdalene J. Taylor sul New York Times lo scorso febbraio, ad accendere i riflettori, ma sul calo del desiderio gli esperti avevano già lanciato l’allarme.

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A ottobre 2022 lo psicoanalista di fama mondiale Luigi Zoja dava alle stampe Il declino del desiderio. Perché il mondo sta rinunciando al sesso (Einaudi) in cui illustrava con dati, studi e approfondite riflessioni questa inversione di rotta. Siamo passati attraverso la liberazione sessuale, il femminismo, i consultori, lo sdoganamento dei sex toys, le app di dating e l’esplosione di YouPorn, e allora perché non ci interessa più l’amplesso? I motivi sono diversi e hanno tutti a che fare con quello che siamo diventati e la società in cui oggi viviamo. Sono legati alla cultura, alla modernità, a Internet, all’erotizzazione dei consumi. Tutti aspetti da non sottovalutare perché, come scrive Luigi Zoja: «I cambiamenti dei costumi sessuali sono aspetti importanti della libertà: toccano la politica, la religione, la sociologia, la psicoanalisi, i dibattiti di ogni Paese. La sessualità umana riguarda il corpo e la psiche, ma anche i legami fra le generazioni».

Sesso: il paradosso della (troppa) scelta

Tutta questa libertà – di scelta, disponibilità e comportamenti – è uno dei motivi della recessione sessuale. «Quando c’è un limite si cerca di superarlo, quando non ci sono più limiti tutte le curve tendono a discendere prima o poi» mi spiega il professor Zoja. «La Danimarca, per esempio, è stato il primo Paese ad abolire la censura e legalizzare la pornografia nel 1967, ma questo non portò a un aumento del consumo di questi materiali. Anzi, avvenne il contrario». Perché il sesso è un istinto come il cibo, spiega lo piscoanalista. «Se hai una tavoletta di cioccolato in casa e proibisci ai tuoi bambini di mangiarla, loro la prendono di nascosto. Ma se si toglie il limite al cioccolato, più che fermarsi, i bambini arrivano al disgusto: cioè, anche qui, alla inversione della curva». Poi ci sono gli aspetti culturali. «La psicologia collettiva, in parte coincidente con ciò che chiamiamo cultura, “si stanca”» scrive Zoja. «La vitalità del suo insieme decresce. Come è avvenuto per l’Impero romano o più di recente per l’Impero sovietico». Perché non dovrebbe succedere anche con la sessualità?

Cosa succede nel resto del mondo

Oggi in tutto il mondo si assiste a questo fenomeno in maniera più o meno evidente. Il Giappone è stato forse il primo Paese in cui la rinuncia al sesso è stata evidente. Nel 2005 un terzo dei giapponesi single fra i 18 e i 35 anni era vergine. Nel 2015 la quota era salita al 45%, e il 47% delle coppie sposate dichiarava di non avere avuto rapporti nell’ultimo mese. In Inghilterra, tra i Paesi più tolleranti e liberi dal punto di vista sessuale, le cose non vanno meglio. Tra il secondo rapporto Natsal, National Survey of Sexual Attitudes and Lifestyles, l’inchiesta nazionale sui comportamenti e stili di vita sessuali, del 1999-2001 e il terzo del 2010-2012, il quarto è in esecuzione e si concluderà nel 2024, si nota un’importante differenza: 20 anni fa le coppie etero facevano sesso 4 volte in 4 settimane, 10 anni fa la frequenza era scesa a 3. Mentre negli Usa, secondo l’ultima General Social Survey, tra il 2002 e il 2018 l’assenza di attività sessuale nei giovani uomini tra i 18 e i 24 anni è passata dal 18, 9 al 30, 9 %. E negli uomini tra i 25 e i 34 è raddoppiata. In Italia, il Rapporto Censis 2019 dice che il 50, 4% dei 36-40enni vorrebbe fare più sesso, percentuale che scende al 43, 5% per i 18-25enni. Si fa meno sesso e si fa sempre più tardi. Ma «la diminuzione della attività sessuale fra gli adolescenti può essere vista da tante prospettive. Non è necessario essere moralisti reazionari per valutare che, in tutto l’Occidente, la libertà sessuale si è spinta troppo avanti» scrive Luigi Zoja.

Sesso e l’ansia da prestazione

«Prima la pornografia imitava l’attività sessuale. Dall’arrivo della Rete l’attività sessuale imita la pornografia» continua Zoja. Da 20 anni a questa parte stiamo assistendo al fenomeno della riduzione degli ostacoli di tipo punitivo: il divieto dei genitori di fare l’amore in casa col partner quando si è giovani, i limiti ispirati soprattutto in Italia dalla tradizione e dalla religione cattolica, che non vedono di buon occhio i rapporti sessuali prima o fuori dal matrimonio, hanno perso efficacia. Eppure a tutta questa libertà non equivale una sessualità più libera, soprattutto nei giovani. «L’eccesso di disponibilità crea un problema nuovo: uno stato d’ansia, specie nei maschi che sono “nativi” del porno». È la generazione YouPorn che ha conosciuto la sessualità attraverso il porno online piuttosto che attraverso la corporeità. «Quello che vedono su Internet è un’iperbole: il ragazzino che si avvicina alla prima esperienza sessuale, con una certa timidezza e un bagaglio di inibizioni, rimane scioccato da questo modello di “prestazione”». Il porno, mi spiega il professor Zoja, «è vergognosamente maschilista. Ha portato indietro un secolo di femminismo, cancellato dalla prevalenza stupida e commerciale di queste cose».

L’incertezza del futuro

Perché succede tutto questo? Il professor Zoja ribatte: «Perché nessun fenomeno umano cresce all’infinito. Con la rivoluzione sessuale negli anni ’60 e ’70 c’è stata la percezione di un oggettivo aumento della sessualità. Si faceva indubbiamente di più. Poi intorno al 2000 sono entrate in gioco tutte queste ansie nuove e la sessualità si è praticata sempre di meno». Il Covid è stato un ulteriore freno agli approcci per gli adolescenti: niente abbracci, niente baci. Difficile, se non impossibile, così fare esperienza con la propria sessualità e soddisfare il desiderio di scoprire altri corpi. «Quello che i ragazzi hanno vissuto durante la pandemia è stata solo l’accelerazione di un fenomeno che era già in corso. I dati infatti ci dicono che nel 1900 c’è un aumento della sessualità, con gli anni 2000 uno stallo e nella prima decade del 2000, molto prima del Covid, comincia già la discesa». La difficoltà di gestire la complessità del reale porta alla rinuncia. «I ragazzi di oggi, lo dicono tutti gli studi, sono molto confusi, insicuri. Soprattutto verso il lavoro e quello che sta accadendo nel mondo». Una buona sessualità si lega infatti anche al ruolo che un individuo ha nella società. «Anche il fatto che oggi a 30-35 anni si viva ancora con la mamma non aiuta» spiega ancora Luigi Zoja. C’è poi una sorpresa: «I dati, in primis quelli inglesi, dicono che c’è l’esigenza di fedeltà, soprattutto tra i più giovani e ancora di più tra gli adolescenti. Questo è interessante: significa che nella confusione e nell’incertezza di valori cercano dei punti fermi nella coppia. Magari non si sposano, ma vanno a convivere e celebrano addirittura il complemese». E i più anziani? «Ho dei pazienti di 70 e 80 anni che iniziano nuove relazioni che sono anche sessuali. Perché no? È normale, solo che una volta non si diceva. Era considerato un tabù».

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